giovedì 14 agosto 2014

Ah vabbè, ma allora la sfiga ci perseguita !

Quando si ordisce una congiura per eliminare un tiranno, un avversario politico, un capo troppo dispotico, un pericoloso concorrente, e via dicendo, i congiurati sono convinti che, in caso di successo, si possa ribaltare una situazione a loro sfavorevole, illudendosi però che, in caso di fallimento, nella migliore delle ipotesi non cambierebbe nulla.
La storia insegna, invece, che non sempre si è verificata la “migliore delle ipotesi”, per cui il fallimento di molte congiure ha provocato spesso la acutizzazione delle situazioni avversate e, quasi sempre, nefaste conseguenze per i congiurati.
Molto probabilmente anche Renzi e Berlusconi, quando si sono ritrovati al Nazareno, in quel sabato 18 gennaio 2014, per ordire la loro congiura, confidavano che in caso di fallimento per loro non sarebbe cambiato nulla, dal momento che con quel patto segreto si ripromettevano soprattutto la defenestrazione di Enrico Letta e del suo governo.
Infatti, se la cospirazione avesse avuto successo, Renzi avrebbe soddisfatta la sua irrefrenabile ambizione di conquistare Palazzo Chigi, mentre Berlusconi sarebbe risuscitato protagonista della scena politica, pur se pregiudicato e radiato dal Senato.
In caso di insuccesso, invece, Renzi avrebbe continuato a fare il sindaco di Firenze ed il segretario del PD, e Berlusconi avrebbe proseguito a fare gli affari suoi, con la condiscendenza del Tribunale di Sorveglianza.
Offuscati perciò dai loro dissennati propositi, quei congiurati hanno ignorato che stavano giocando una partita che metteva a rischio le sorti del Paese, da anni angustiato da una crisi che aveva messe in ginocchio milioni di famiglie italiane.
Detto fatto.
Nel giro di pochi giorni il Governo Letta fu liquidato, a Palazzo Chigi si arrampicò Matteo Renzi, il “patto del Nazareno” divenne, di fatto, l’agenda di governo, e da quel momento Berlusconi ha ripreso a pavoneggiarsi protagonista della politica italiana.
Nel frattempo l’Italia continuava a scivolare verso il baratro sotto i colpi di una crisi che sembra non aver fine.
Di fatto il Paese stava rinculando velocemente sulle posizioni critiche della estate 2011, quando i mercati internazionali guardavano con apprensione all’Italia, lo spread si impennava, i tassi di interesse sulle emissioni dei titoli di Stato crescevano, la BCE dettava al Governo Berlusconi l’agenda delle cose da fare.
Stavano svanendo, in pratica, gli sforzi che, nel biennio 2012-2013, erano stati fatti dai governi Monti, prima, e Letta, poi, per rimettere in ordine i conti pubblici e permettere al Paese di uscire dalla procedura di infrazione per debito eccessivo, avviata dall’UE.
Sforzi che sono costati amarissimi sacrifici agli italiani.
Sono bastati, però, questi primi sette mesi del 2014, a riportarci indietro di tre anni, con lo spread che ha ripreso a salire, il Presidente BCE, Mario Draghi, che ha richiamato il governo a fare le riforme economiche senza le quali non ci potrà essere ripresa, il PIL che ha confermato a fine giugno lo stato di recessione tecnica, l’agenzia di rating Moody’s che ha riviste in termini peggiorativi le previsioni per il nostro Paese.
Ai già inquietanti indicatori sul tasso di disoccupazione, sul PIL, sulla stagnazione dei consumi, sulle imprese che hanno cessata l’attività, sul rischio deflazione da Torino a Roma, da Firenze a Bari, da Verona a Livorno, Bankitalia oggi “ci mette il suo carico da 11” rendendo noto che a fine giugno il debito pubblico ha raggiunto il nuovo record di 2.168,4 miliardi con un incremento di 100 miliardi nei soli primi sei mesi di questo anno, mentre le entrate tributarie, nello stesso periodo, sono diminuite di circa 1,5 miliardi.
Un quotidiano nazionale riporta indiscrezioni secondo le quali Giulio Tremonti, ministro del tesoro del Governo Berlusconi nella drammatica estate 2011, sia così persuaso che il Paese si ritrovi nella stessa situazione di tre anni fa da aver immaginato che “la Troika è già a Vipiteno”.
Ebbene, in presenza di uno scenario così drammatico e delle prevedibili infauste conseguenze che potrebbero ricadere sull’Italia e sugli italiani che cosa emerge in queste ore ?
A candidarsi in soccorso del Governo Renzi, è nientepopodimeno che Silvio Berlusconi, il quale propone a Renzi di elaborare insieme le riforme economiche per fare uscire il Paese da questa situazione.
Ma Berlusconi chi ?
È forse lo stesso Berlusconi che era a capo del governo nell’estate 2011 ?
Lo stesso che non riuscì neppure ad avviare le riforme che BCE gli aveva intimate formalmente e con lettera “strettamente riservata” del 5 agosto 2011 ?
Lo stesso che, in quelle angosciose settimane, andava in giro raccontando che non c’era crisi perché i ristoranti erano pieni ?
Lo stesso che non aveva capito che da anni la crisi stava flagellando gli italiani ?
Lo stesso che resosi conto di non essere capace a raddrizzare quella situazione decise di fuggire nottetempo da Palazzo Chigi mollando la patata bollente nelle mani di Mario Monti ?
Ah vabbè, ma allora la sfiga ci perseguita !

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