Sono convinto che non
sia lontano il momento in cui gli italiani rimpiangeranno la cosiddetta prima
Repubblica, spazzata via in modo drammatico dalla stagione di “mani pulite”.
Una Repubblica che pure ha avuta per protagonista una classe politica, di certo non scevra di errori, colpe
e gravi responsabilità.
Una classe politica,
però, che ha saputo ridare dignità al nostro Paese, ridotto in macerie da una
guerra rovinosa, umiliato dal ventennio fascista, lacerato dai postumi della
lotta partigiana.
Una classe politica
che, ripristinata la democrazia parlamentare e redatta una Carta Costituzionale,
apprezzata da tutto il mondo, si è impegnata per la rinascita del Paese e per
il suo sviluppo economico ed industriale.
Sotto la guida di
quella classe politica, da paese ad economia prevalentemente agricola l’Italia si
è trasformata, per capacità tecnologiche e produttive, in una delle nazioni più industrializzate
al mondo, con tassi di incremento del PIL così sbalorditivi da meritare il
plauso perfino del Presidente USA, John F. Kennedy.
Gli italiani, almeno
quelli meno giovani, ricorderanno di certo i decenni del “miracolo economico italiano” che diffusero benessere e serenità
soprattutto presso le classi sociali meno abbienti.
Ma quella classe
politica si trovò ad affrontare anche periodi congiunturali non favorevoli, e
lo fece sempre con l’impegno a minimizzarne le conseguenze sui cittadini.
Quando agli inizi
degli anni ’90 il pool di magistrati milanesi diede il via alla stagione di “mani pulite” non fece altro che sollevare
il coperchio di un malaffare, il finanziamento illecito ai partiti, così
diffuso da essere di pubblico dominio.
Quel proposito moralizzatore,
che molti italiani intravidero nell’intervento di “mani pulite”, di fatto servì solo a rimuovere una classe politica
ed a far scrivere, ai cronisti dell’epoca, che la prima Repubblica era andata
in soffitta.
Da lì in poi, però,
le cronache hanno continuato a raccontare del succedersi incessante di nuove vicende
disoneste delle quali, però, non sono più i partiti ad essere beneficiari,
bensì i singoli politici per il loro tornaconto personale.
A parte, però,
questo spregevole elemento di continuità, tra la prima e la cosiddetta seconda
Repubblica, il cui anno di nascita dovrebbe collocarsi nel 1994, esiste un tale
gap qualitativo da far rimpiangere la prima Repubblica, pur con tutti i suoi errori
e le sue magagne.
Dal 1994 in poi, ad
esempio, il meschino interesse personale del singolo ha prevalso e continua a
prevalere sull’interesse generale, al punto di asservire le stesse
istituzioni alla propria convenienza.
Il livello morale ed
intellettuale dell’attuale classe politica si è mediamente impoverito dando luogo
a prove, spesso incivili, di intolleranza e sopraffazione.
Al “popolo sovrano”, tanto celebrato solo a
parole, è stata sottratta, via via, la possibilità di far sentire la propria
voce, fino al punto di negargli perfino il diritto di scegliere i propri
rappresentanti.
I parlamentari nominati così dai capibastone, e non eletti dal “popolo
sovrano”, si riducono a dire e fare quello che viene loro ordinato, salve rare
eccezioni.
Una classe politica
che mortificando il confronto delle idee sta minando alle radici la democrazia, rifiutando perfino di riconoscere la funzione insostituibile che la Costituzione conferisce
alle minoranze ed alle opposizioni.
L’esempio più
lampante lo offre ciò che sta accadendo, in questi giorni, nell’aula del Senato, chiamato ad esaminare non una leggina sulle importazioni di mele tarocche, bensì una legge di riforma della Carta Costituzionale.
Ebbene, dopo tre convulse
giornate, ricche di baruffe ed attriti, ieri ai partiti di opposizione è stato notificato
che il tempo residuo a loro disposizione per partecipare al dibattito sarebbe:
- per M5S, 20 minuti e 10 secondi;
- per GAL, 4 minuti e 24 secondi;
- per Fratelli d’Italia, soli 14 secondi;
- per i dissenzienti del PD, 4 minuti e 25 secondi;
- per i dissenzienti di FI, soli 15 secondi;
- per i dissenzienti di NcD, 2 minuti e 46 secondi;
- infine, a SEL che avrebbe già esaurito il tempo a disposizione non sarebbe più concesso di prendere la parola.
In pratica alle
opposizioni ed ai dissenzienti viene tappata la bocca per il prosieguo del
dibattito sulla riforma costituzionale che si prolungherà ancora per giorni e
giorni.
Mentre al Senato
della Repubblica va in scena questa ridicola sceneggiata del confronto
democratico immagino che i Padri Costituenti si rivoltino nelle loro tombe.
Tutto ciò nel tempo
in cui il Paese continua a leccarsi le ferite di una crisi economica che sta dilaniando
milioni e milioni di italiani.
C’era una volta la democrazia … nel nostro Paese !
Nessun commento:
Posta un commento