“Mater semper certa est, pater nunquam” sentenziò un anonimo pensatore latino a riprova, quindi,
che non è colpa della fecondazione eterologa se ancora oggi, in molti casi, si possono
nutrire dubbi sulla paternità certa di
un neonato.
Un qualche imbarazzo
lo possono creare, ad esempio, anche i dubbi sulla paternità di una legge, a
maggior ragione se si tratti di una legge di riforma costituzionale.
Nei minuti in cui
veniva approvata la riforma del Senato, in prima lettura, il forzista Paolo
Romani, invaso dalla eccitazione, ha dichiarato: “questa riforma porta due firme, quella di Renzi e quella di Berlusconi”.
Figuriamoci come
sarà stata felice, nell’ascoltare queste parole, colei che era stata indicata
all’opinione pubblica come la madre della riforma, il ministro Maria Elena
Boschi.
Oddio, al posto del ministro
Boschi sarei contento se qualcun altro si attribuisse la genitura di una legge
che può essere definita eufemisticamente una indegna porcata.
Una riforma
costituzionale deplorevole sia per i suoi contenuti, confusi e contraddittori, sia
per l’atteggiamento alla Don Abbondio, di manzoniana memoria, con cui il
Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha condotto il dibattito in aula.
Tornando, però, alla
paternità della legge, se dessimo ascolto alle parole di Paolo Romani non
potremmo non prendere atto che, dopo la “congiura
del Nazareno”, in questo Paese, che è sempre più una repubblica delle banane,
sia consentito ad un pregiudicato imporre la sua volontà nella formulazione delle leggi.
È lecito chiedersi,
infatti, se ed in quale misura Renzi ed i suoi ministri abbiano veramente contribuito
alla stesura di una legge costituzionale così indecente.
Se è vero, come di
fatto è avvenuto, che il Capo del Governo, e non un qualsiasi usciere di
Palazzo Chigi, abbia dovuto chiedere la autorizzazione a Berlusconi per ogni
modifica del testo, è plausibile ipotizzare che il vero autore del testo di
legge non fosse il Governo.
Perciò Paolo Romani sarebbe
stato fin troppo generoso nel citare, tra i padri della legge, anche Matteo
Renzi che tutt’al più potrebbe essere solo il padre putativo.
In modo ancora più lampante
ci sono molti dubbi sulla effettiva paternità della nuova legge elettorale, figlia
anch’essa della “congiura del Nazareno”.
D’altra parte se per
introdurre modifiche all’Italicum, il Capo del Governo è già costretto, oggi, a
chiedere di continuo il permesso a Berlusconi, sia che si tratti delle soglie
di sbarramento, della introduzione delle preferenze o del premio di maggioranza,
è lecito presumere che anche la legge elettorale non sia farina del sacco di
Renzi.
Purtroppo, però, a
seguire dovrebbe esserci la riforma della giustizia, e non è peregrino il sospetto
che anche quel testo possa essere scritto dal Pregiudicato e dal codazzo dei
suoi legali.
Sarebbe ancora più sciagurato
che affidare a Schettino la stesura del codice per la sicurezza in mare!
Non solo ma, secondo
quanto si vocifera, Renzi sarebbe intenzionato a richiedere l’aiuto di Berlusconi
per le riforme economiche e strutturali, sollecitate ancora una volta da Mario
Draghi nel suo intervento di ieri, mentre vorrebbe inciuciare con lui per la nomina
del futuro Capo dello Stato.
Insomma, pur restando
all’opposizione, con licenza di libera e feroce critica nei confronti del
governo, Forza Italia è ritornata protagonista, come gongola Berlusconi, fino a
fare prevalere la sua linea politica sulle scelte fondamentali.
Renzi, in pratica, purché
non gli tolgano la possibilità di trastullarsi con twitter, si accontenterebbe di
essere il capo insignificante di un governo a sovranità limitata.
Ma gli italiani di questo si rendono conto ?
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