sabato 9 agosto 2014

Dubbio di paternità per la riforma del Senato

“Mater semper certa est, pater nunquam” sentenziò un anonimo pensatore latino a riprova, quindi, che non è colpa della fecondazione eterologa se ancora oggi, in molti casi, si possono  nutrire dubbi sulla paternità certa di un neonato.
Un qualche imbarazzo lo possono creare, ad esempio, anche i dubbi sulla paternità di una legge, a maggior ragione se si tratti di una legge di riforma costituzionale.
Nei minuti in cui veniva approvata la riforma del Senato, in prima lettura, il forzista Paolo Romani, invaso dalla eccitazione, ha dichiarato: “questa riforma porta due firme, quella di Renzi e quella di Berlusconi”.
Figuriamoci come sarà stata felice, nell’ascoltare queste parole, colei che era stata indicata all’opinione pubblica come la madre della riforma, il ministro Maria Elena Boschi.
Oddio, al posto del ministro Boschi sarei contento se qualcun altro si attribuisse la genitura di una legge che può essere definita eufemisticamente una indegna porcata.
Una riforma costituzionale deplorevole sia per i suoi contenuti, confusi e contraddittori, sia per l’atteggiamento alla Don Abbondio, di manzoniana memoria, con cui il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha condotto il dibattito in aula.
Tornando, però, alla paternità della legge, se dessimo ascolto alle parole di Paolo Romani non potremmo non prendere atto che, dopo la “congiura del Nazareno”, in questo Paese, che è sempre più una repubblica delle banane, sia consentito ad un pregiudicato imporre la sua volontà nella formulazione delle leggi.
È lecito chiedersi, infatti, se ed in quale misura Renzi ed i suoi ministri abbiano veramente contribuito alla stesura di una legge costituzionale così indecente.
Se è vero, come di fatto è avvenuto, che il Capo del Governo, e non un qualsiasi usciere di Palazzo Chigi, abbia dovuto chiedere la autorizzazione a Berlusconi per ogni modifica del testo, è plausibile ipotizzare che il vero autore del testo di legge non fosse il Governo.
Perciò Paolo Romani sarebbe stato fin troppo generoso nel citare, tra i padri della legge, anche Matteo Renzi che tutt’al più potrebbe essere solo il padre putativo.
In modo ancora più lampante ci sono molti dubbi sulla effettiva paternità della nuova legge elettorale, figlia anch’essa della “congiura del Nazareno”.
D’altra parte se per introdurre modifiche all’Italicum, il Capo del Governo è già costretto, oggi, a chiedere di continuo il permesso a Berlusconi, sia che si tratti delle soglie di sbarramento, della introduzione delle preferenze o del premio di maggioranza, è lecito presumere che anche la legge elettorale non sia farina del sacco di Renzi.
Purtroppo, però, a seguire dovrebbe esserci la riforma della giustizia, e non è peregrino il sospetto che anche quel testo possa essere scritto dal Pregiudicato e dal codazzo dei suoi legali.
Sarebbe ancora più sciagurato che affidare a Schettino la stesura del codice per la sicurezza in mare!
Non solo ma, secondo quanto si vocifera, Renzi sarebbe intenzionato a richiedere l’aiuto di Berlusconi per le riforme economiche e strutturali, sollecitate ancora una volta da Mario Draghi nel suo intervento di ieri, mentre vorrebbe inciuciare con lui per la nomina del futuro Capo dello Stato.
Insomma, pur restando all’opposizione, con licenza di libera e feroce critica nei confronti del governo, Forza Italia è ritornata protagonista, come gongola Berlusconi, fino a fare prevalere la sua linea politica sulle scelte fondamentali.
Renzi, in pratica, purché non gli tolgano la possibilità di trastullarsi con twitter, si accontenterebbe di essere il capo insignificante di un governo a sovranità limitata.
Ma gli italiani di questo si rendono conto ?

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