È stato sufficiente
che Matteo Renzi affermasse che “… nella
Pubblica Amministrazione c’è grasso che cola” perché i sindacati, Camusso
in testa, si inalberassero senza neppure fare un minimo tentativo per capire cosa
mai avesse potuto suggerirgli quelle parole.
Escludo che Renzi abbia letto questo blog, però fatto sta che solo pochi giorni fa segnalavo il degrado
generale e la scarsa produttività che ho avuto modo di osservare in una struttura
della PA.
Dal momento, comunque,
che non sono un sindacalista ma un cittadino comune che cerca di mantenersi
informato, leggendo i giornali e seguendo radio e TV, ho ritenuto logico pormi una
semplice domanda: quali fatti e circostanze possono aver ispirata, al Capo del
Governo, una affermazione così cruda e pungente ?
Può darsi, ad
esempio, che nel tasso di assenteismo “per malattia”, nella PA molto più elevato
che nel settore privato, Renzi abbia individuati abusi da avversare con
fermezza per recuperare presenze sul posto di lavoro e, quindi, produttività.
Può anche darsi che a
Renzi non siano sfuggite le cronache che, frequentemente, riferiscono casi di
dipendenti di enti pubblici, nazionali e locali, che abbandonano il loro posto
di lavoro, senza permesso, per accompagnare i figli in piscina o per fare
shopping.
Naturalmente le
cronache riportano solo i casi documentati di coloro che, colti in fragrante,
sono denunziati e perseguiti.
Quanti saranno, perciò,
i dipendenti pubblici che, o per carenza di controlli, o per la noncuranza di
capi e colleghi, o perché in ufficio non hanno nulla da fare, si comportano
disonestamente scippando il loro stipendio allo Stato ?
Se i dipendenti
pubblici si assentano più del lecito o possono abbandonare il loro posto di
lavoro senza compromettere la funzionalità degli uffici, vuol dire che gli
organici degli enti pubblici sono traboccanti e, quindi … “c’è grasso che cola”.
Cosa fanno i
sindacati di fronte a situazioni di così evidente disonestà ?
Possibile che, nella
loro ottusità, i sindacalisti non riescano a comprendere che abusare delle assenze
per malattia così come abbandonare il posto di lavoro per fare i propri comodi,
provochino non solo disservizi ai cittadini ma anche un danno economico al
Paese che inevitabilmente ricade su tutti noi ?
Per carità, non
voglio sostenere che abusi, soprattutto di assenze per malattia il lunedì
mattina, causate dallo stress del week end, non si verifichino anche nel
comparto privato, però difficilmente i colpevoli la fanno franca.
Ricordo, ad esempio,
che avevo come colleghi, in una importante impresa privata di Torino, una
coppia, marito e moglie, che lavoravano nel mio stesso ufficio.
Poiché il
regolamento aziendale, un po’ bigotto, prescriveva alle donne l’uso del camice
aziendale, la signora doveva recarsi nello spogliatoio prima di accedere al
posto di lavoro.
Siccome tutti noi
eravamo soliti arrivare in ufficio trafelati ed all’ultimo momento, il mio collega, per evitare che fossero
rilevati eventuali ritardi alla moglie, provvedeva lui a strisciare entrambi i
badge nell’orologio posto nel corridoio del nostro piano.
Questo accorgimento continuava
oramai da mesi, apparentemente senza problemi.
Sennonché
il commesso del piano, addetto alla vigilanza, accortosi dell’espediente, lo segnalò alla direzione del
personale che provvide a licenziare la signora ed a disporre per il marito la sospensione
di un mese dal lavoro.
Evidentemente non era ancora in vigore lo Statuto dei Lavoratori, altrimenti
figuriamoci che polverone sarebbe venuto fuori !
Oggi, se ripenso a
quel episodio, alla luce di quanto le cronache ci riportano sui comportamenti
di molti dipendenti pubblici, mi viene da sorridere.
Mi incazzo, invece, se
penso che il cattivo esempio, ai dipendenti pubblici, viene dato proprio dai cosiddetti
“parlamentari pianisti” che, utilizzando il sistema elettronico, provvedono a
votare per conto dei colleghi assenti sia alla Camera che al Senato.
Insomma, come recita un vecchio detto è proprio vero
che il pesce puzza sempre dalla testa.
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