giovedì 15 gennaio 2015

Presidente della Repubblica “si … ma anche”

Alle ore 10:35 di mercoledì 14 gennaio 2015 Giorgio Napolitano, uomo di parola, ha rassegnate le dimissioni da Presidente della Repubblica.
Daniela Santanchè, con la consueta insipienza politica che la contraddistingue, si è detta soddisfatta delle dimissioni del Capo dello Stato, motivando la sua felicità con il fatto che Napolitano non solo non aveva difeso Berlusconi dalla Magistratura, ma una volta condannato non gli aveva neppure concessa la grazia.
Basterebbero già solo le parole della Santanchè perché gli italiani, senza se e senza ma, fossero grati a Giorgio Napolitano per non aver riabilitato sulla scena politica il pregiudicato Berlusconi.
Anche Beppe Grillo, guitto e ciarlatano, si è detto raggiante, ma con la logorroica insensatezza del suo blaterare non ha spiegate le ragioni di tanta contentezza.
Fatto sta che da oggi prenderà il via ufficialmente il gran prix del Colle.
Al momento ai nastri di partenza si va allineando un sempre più improbabile gruppo di ronzini, sponsorizzati in ordine sparso da questo o da quello.
Credo, però, che il nuovo Capo dello Stato non uscirà da questo irreale schieramento.
Scrutando, infatti, le tessere dell’ambiguo mosaico che va prendendo forma in questi giorni sembra sempre più evidente che il nome del futuro inquilino del Quirinale sia già scritto nei patti della “tresca del Nazareno”.
Un inciucio che, proprio per l’elezione del Capo dello Stato, si sarebbe rinnovato in un incontro segreto che Renzi avrebbe avuto con Berlusconi il 19 dicembre, pochi giorni prima di Natale.
D’altra parte da settimane l’inquilino di Palazzo Grazioli non perde occasione per ricordare che la scelta del Presidente della Repubblica rientra tra i patti della tresca.
Perciò non si può escludere che proprio nell’incontro prenatalizio i due maneggioni si siano accordati sul profilo del candidato e, forse, anche ne abbiano individuato il nome.   
Questo spiegherebbe, ad esempio, perché Matteo Renzi in questi giorni immagini il candidato alla Presidenza della Repubblica come “un grande arbitro che aiuterà il Paese a crescere, custode e garante dell’unità”.
Perché, però, non cita mai uno dei requisiti fondamentali che dovrebbe avere il Capo dello Stato, cioè quello di essere il garante della Costituzione ?
Forse perché lui ed il pregiudicato hanno deciso che il nuovo inquilino del Colle si dovrà girare dall’altra parte per lasciare che Renzi governi a suo piacimento senza rispettare la Costituzione.
D’altra parte è proprio quello che avrebbe voluto fare Berlusconi se sulla sua strada non avesse incontrati prima Scalfaro, poi Ciampi ed infine Napolitano.
Ma, se Renzi pensa ad un Presidente della Repubblica “arbitro”, sprovvisto di cartellini gialli e rossi, e “garante dell’unità”, Berlusconi prosegue affermando che dovrebbe essere anche “disposto ad ascoltare”.
“Disposto ad ascoltare”… cosa vorrà mai dire ?
Vuoi vedere che i due compagnoni pensano ad un Capo dello Stato che, sottoposto al supplizio delle trite e ritrite fandonie sulla “persecuzione giudiziaria” del pregiudicato di Arcore, si intenerisca e  congetturi un qualche atto di clemenza atipica per “ridargli agibilità politica” ?
E’ questo uno dei tanti patti segreti della “tresca del Nazareno” ?
Solo così si potrebbe spiegare perché Renzi e Berlusconi sponsorizzino la candidatura di Veltroni “l’africano” (NdR: detto “l’africano” perché promise di ritirarsi in Africa se fosse stato sconfitto alle elezioni del 2008. Ebbene, perse le elezioni ma … ).
Ma perché Veltroni ?
Perché Walter Veltroni per la sua congenita incertezza, potrebbe servirsi della leggendaria sua logica del “si … ma anche”.
Veltroni, cioè, potrebbe sostenere, ad esempio, che Berlusconi è il pregiudicato, condannato dalla Cassazione per frode allo Stato, ma è anche il padre padrone di un partito politico per cui … 

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