giovedì 12 settembre 2013

C’è poco da star allegri



Tra l’incapacità del Governo Letta di affrontare i veri problemi del Paese e lo stato confusionale di Berlusconi, testimoniato da Vittorio Feltri, c’è poco da star allegri.
Anche il Presidente della Repubblica, nel disperato tentativo di mantenere in vita quell’aborto di governo che lui si è inventato, ci mette del suo per alimentare l’insopportabile clima d’incertezza con il quale conviviamo da mesi.
Eppure, il giorno in cui Napolitano ha partorita la brillante idea di mettere insieme PD e PdL, non ignorava che da lì a pochi mesi la Cassazione avrebbe potuto condannare con sentenza  definitiva Berlusconi.
Ha preferito non tenerne conto pur conscio della cagnara che il PdL avrebbe scatenata a difesa del suo padre padrone.
Oddio, anche il PD era perfettamente informato di quello che sarebbe successo ma, spinto dalla fregola di occupare qualche poltrona ministeriale, ha accettato senza riserve un pastrocchio dal quale non avrebbe potuto uscirne che con le ossa rotte.
In realtà, però, a me, come penso a milioni di italiani, non ce ne po’ frega’ de meno se il PdL sia angosciato per la sorte del suo leader pregiudicato, o se il PD abbia persa definitivamente la faccia di fronte ai suoi elettori.
Agli italiani preoccupa, invece, che dopo i sacrifici, imposti dal governo Monti, per ridare credibilità al nostro Paese, sui mercati finanziari, l’Italia stia tornando ad essere meno affidabile perfino della Spagna, e che le aste per finanziare il debito pubblico ricomincino a registrare aumento dei tassi.
Perché è inesorabile che, prima o poi, toccherà ai cittadini sobbarcarsi l’onere dei maggiori interessi sul debito pubblico.
Non so se e quando il pasticciaccio della decadenza di Berlusconi potrà avere termine, è lecito immaginare, però, che se dovesse andare avanti ancora per qualche mese il Paese si ritroverà nuovamente sull’orlo del precipizio.
Sull’orlo del precipizio Berlusconi aveva già trascinato l'Italia nell’autunno 2011 e non è detto che a distanza di due anni non ci riesca nuovamente.
Sconcerta, però, che, nonostante i molti segnali inquietanti, Enrico Letta ostenti così tanta sicurezza, fingendo di non rendersi conto di essere seduto su una bomba che potrebbe saltare in aria da un momento all’altro.
Possibile che non capisca che mentre lui si pavoneggia in giro per il mondo, in Italia per le classi più deboli ed indifese le condizioni di vita peggiorino giorno dopo giorno?
Ha fatto in fretta il nostro Presidente del Consiglio a dimenticare gli impegni che aveva assunti come sue priorità, davanti alle Camere ed a tutti gli italiani lo scorso 29 aprile, con il discorso programmatico di insediamento.
Che fine hanno fatto priorità come la lotta alla disoccupazione, la riduzione del cuneo fiscale, il rilancio dei consumi, il freno dell’IVA?
La riduzione del carico fiscale sul lavoro aiuterebbe, oltre che a favorire la ripresa ai consumi, anche a sostenere la creazione di nuovi posti di lavoro.
Con il non aumento dell’IVA verrebbero scongiurati sia una ulteriore contrazione dei consumi, sia un aumento dei prezzi che colpirebbe soprattutto i cittadini già gravemente provati dalla crisi.
Secondo Confindustria, per ridurre il carico fiscale sul lavoro, servirebbero dai tre a quattro miliardi.
Mentre, secondo il Ministero del Tesoro, per evitare l’aumento di un punto dell’IVA, occorrerebbe un miliardo.
Quindi, con un investimento tra i quattro ed i cinque miliardi Enrico Letta potrebbe mantenere fede alle priorità che costituivano i primi impegni da lui presi con gli italiani il 29 aprile.
Già, ma quei soldi sono serviti a Letta per pagare la cambiale sottoscritta a Berlusconi pur di sedere a Palazzo Chigi.
Così, facendo omaggio a Berlusconi ed al PdL della cancellazione dell’IMU, Enrico Letta si è giocati oltre 4 miliardi che avrebbero potuto essere utili per dare un po’ di fiato al sistema Italia.
Ed ora Letta cosa prospetta ai disoccupati, ai cassa integrati, ai precari, agli esodati, ai cinque milioni di cittadini in condizione di povertà assoluta?
Parole … parole … parole …

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