venerdì 6 settembre 2013

Quando il “rispetto” diventa mafioso

On. Renato Schifani, buongiorno!
So, per certo, che lei non è e non sarà mai un lettore di questo blog, per cui il suo sguardo non si soffermerà, in nessun caso, su queste righe.  
Ciò nonostante, dopo aver letta la sua dichiarazione di questa mattina, non sono riuscito a frenare la bizzarra smania di mettermi al PC e scrivere alcune cose che le avrei detto se fossi stato tra quei cronisti che, in modo passivo, si sono limitati ad appuntare le sue parole.
È logico che lei si domandi come mai proprio oggi le scrivo, dal momento che non passa giorno senza che lei rilasci almeno una dichiarazione.
Ebbene, le dirò con franchezza che, tra le parole da lei pronunciate, una in particolare mi ha insospettito, alludo alla parola “rispetto”.
Per il resto mi sembra che l’ovvietà delle cose da lei dette sia stata superata solo dalla frase che, sempre ieri, ha pronunciato il suo datore di lavoro, Berlusconi: “Non si può stare a letto con il nemico”.
Che curioso!
Milioni di noi, a botta calda, avrebbero espresso lo stesso concetto citando una delle cento situazioni in cui sia inopportuno familiarizzare con il nemico, ma Berlusconi, istintivamente, ha pensato subito e solo al letto.
Deve avere proprio un chiodo fisso, lui!
Ritorniamo, però, alla sua dichiarazione.
Nel criticare le posizioni assunte dal PD lei ha detto: “Quando si convive in un’alleanza devono vigere le regole del reciproco rispetto”.
Ecco, On. Schifani, come non concordare con lei che il “rispetto” sia un valore straordinario e profondo che dovrebbe contrassegnare sempre e comunque qualsiasi rapporto.
Ad esempio, a me hanno insegnato a rispettare le donne ed i bambini, gli amici ed i nemici, i deboli e gli emarginati, il lavoro, le opinioni ed i diritti degli altri, la natura e gli animali, e potrei continuare.
Ma vede, On. Schifani, soprattutto, mi hanno educato a rispettare le leggi.
Mi hanno insegnato, ad esempio, che trasgredire le leggi, anche se per proteggere o favorire un congiunto od un amico, non solo sia sbagliato e riprovevole ma si configuri perfino come un comportamento mafioso.
Per questo considero aberrante la giustificazione che i politici, poiché sono eletti dai cittadini, potrebbero infrangere le leggi impunemente.
Ora, forse ho capito male, ma mi sembra che il rispetto, cui lei fa riferimento, consisterebbe nel trasgredire una legge dello Stato, cioè la Legge Severino.
In pratica, cioè, lei starebbe invitando, i suoi partner di governo, ad adottare un comportamento mafioso per salvare il suo datore di lavoro dalla decadenza da senatore.
Per questo, lo confesso, le sue parole mi hanno disorientato.
Non avrei mai creduto che una persona rispettabile come lei potesse arrivare al punto di chiedere ai senatori del PD di venir meno al rispetto di se stessi adottando, anche loro, comportamenti mafiosi.
Se è questo che lei, On. Schifani, vorrebbe ottenere dai suoi alleati, allora il mio sospetto era fondato e non posso che dissentire sull’uso che lei fa della parola “rispetto”.
Forse, potrebbe definirlo inciucio, o intrigo, od anche maneggio, ma alla base ci sarebbe sempre la violazione di una legge che, in uno stato di diritto, costituisce sicuramente una nefandezza.
Per questo, mi permetta un’impertinenza, ma, nella sua dichiarazione, lei non ravviserebbe gli estremi del reato d’istigazione a delinquere?
Cordialmente!

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