Non sono un
telespettatore assiduo e se mi pongo davanti alla TV è principalmente per ascoltare
notiziari e servizi di inchiesta.
Tuttavia, alcune
volte, facendo zapping mi sono imbattuto in telefilm, a stelle e strisce, nei
quali la polizia è sempre alle prese con bande di teppisti in lotta tra loro.
Mi è capitato, una volta, di assistere al ridicolo processo sommario al quale una banda stava
sottoponendo un suo componente che aveva sgarrato, trasgredendo alle regole, paradossali
e stolte, che la gang si era date.
Alla fine, il colpevole
veniva espulso dalla banda con ignominia.
Spegnendo il
televisore pensavo, tra me e me, che solo negli States potessero accadere farse
di quel genere, quando all’improvviso, come in un flashback, mi sono ricordato di
aver sentito parlare di buffonate del genere, anche nel nostro Paese.
Già, perché in
realtà anche in Italia esiste una combriccola che, essendosi date regole grottesche
e insensate, ne impone il rigoroso rispetto a tutti i suoi militanti, pena il
rischio di incorrere in processi sommari diffusi, a volte, anche in streaming.
Mi sono tornati in
mente, ad esempio, i ridicoli processi cui sono stati sottoposti i membri della
combriccola che non erano stati in grado di esibire gli scontrini fiscali a
giustificazione delle spese sostenute.
Perbacco, però, non custodire
sotto chiave lo scontrino di un caffè è davvero una negligenza imperdonabile
che merita senz'altro di finire sotto processo !
A destare, però,
maggiori perplessità sono quelle norme del codice di comportamento che vietano
agli affiliati di avere e di esprimere idee.
Agli affiliati, accuratamente
acefali, è consentito, cioè, solo di vomitare villanie e volgarità contro chiunque non
condivida il verbo delirante del loro invasato ed esagitato stregone, il guitto genovese Beppe Grillo.
Credo sia chiaro, a
questo punto, che ogni riferimento non è “puramente
casuale”, ma volutamente e consciamente è al M5S.
Un movimento
politico (?) così antidemocratico da prevedere un crimine previsto solo nei
regimi totalitari, quello di “lesa maestà”
per chiunque osi non solo criticare, ma perfino manifestare un pensiero che non
sia in sintonia con ciò che fa, dice o pensa lo stregone genovese.
Al presunto reo di “lesa maestà” tocca la gogna ed è
offerto, vittima sacrificale, agli affiliati che attraverso la pagliacciata di un
“pubblico” processo possono condannarlo, almeno fino ad oggi, all’espulsione dal M5S, in attesa che lo stregone Grillo, con un editto motu proprio, introduca la ghigliottina.
È di questi giorni
il processo per “lesa maestà” nei
confronti di quattro senatori del M5S, i quali si sono presa la libertà di
non condividere la buffonata messa in scena dallo stregone Grillo durante le
consultazioni per la formazione del governo Renzi.
Oddio ! Bisogna riconoscere
che i quattro “imputati” (Luis Alberto
Orellana, Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino, Lorenzo Battista) hanno data
prova di non essere proprio vispi e sagaci se, solo dopo mesi e mesi si sono
resi conto di seguire il verbo di uno stregone, volgare, privo di ideali ed incapace
di idee.
A questo punto la
sorte dei quattro malcapitati è stata affidata ad alcune migliaia di grillini
che, a mo’ di tribunale del popolo, via internet hanno ratificato il verdetto
di espulsione.
Essendo, però,
senatori della Repubblica Italiana, eletti dal popolo, in ogni caso potranno continuare
a sedere sugli scranni del Senato e riconquistare il loro diritto di pensare e
di parlare.
Una riconquista, quella del diritto di pensare e di
parlare, che invoglierà, facile previsione, altri parlamentari grillini ad
affrancarsi, prima o poi, dalla follia dello stregone, ma soprattutto dalla egemonia
di Gianroberto Casaleggio che, in nome e per conto terzi, è il vero despota del
M5S.