giovedì 30 agosto 2012

Guerra all'evasione o solo schermaglie ?


Non passa giorno in cui Monti ed i suoi Ministri non ribadiscano il loro fermo intendimento di dare la caccia agli evasori.
E' un proposito che, di certo, sarebbe apprezzabile da tutti coloro che le tasse le pagano fino all'ultimo euro, se non fosse che dalle loro parole trapelasse anche una minaccia neppure troppo velata: se la caccia non dovesse dare i frutti attesi, nel 2013 il Governo sarebbe costretto a mettere mano ad un aumento delle aliquote IVA.
Ora, poiché da decenni sento sproloquiare di caccia all'evasione, mentre gli evasori aumentano arricchendosi allegramente alla faccia di lavoratori dipendenti e pensionati, contribuenti fedeli controvoglia perché impossibilitati ad evadere, nutro anche oggi qualche dubbio sulla effettiva volontà di perseguire con efficacia i "reati fiscali".
Già, perché proprio di reati si tratta !
Quindi, gli innumerevoli "condoni", concessi negli anni, non sono stati altro che "amnistie" generalizzate, con le quali lo Stato ha adottati veri e propri provvedimenti di clemenza nei confronti di soggetti rei di aver commessi reati.
Se, in America, nonostante la sua sanguinaria attività criminale, Al Capone fu arrestato e condannato per "evasione fiscale con 23 capi di accusa", allora significa che in altre parti del mondo i reati fiscali sono considerati gravi per i guasti che arrecano alla società civile.
Per questo mi domando come mai, invece di perdersi dietro a ridicoli balzelli su aranciate e chinotti, pur di tirare su qualche decina di migliaia di euro, Monti non abbia ancora pensato a fronteggiare gli evasori con leggi serie.
Ad esempio mi chiedo: perché lo Stato non concede, agli evasori, un periodo tassativo di 6 mesi, tanto per dire, entro il quale regolarizzare le loro posizioni fiscali, prevedendo severe pene detentive non solo per coloro che, scaduto il termine, fossero scoperti ancora in fallo, ma anche per i loro consulenti fiscali ?
Una normativa del genere permetterebbe di prendere i classici due piccioni con una fava.
Da un lato lo Stato otterrebbe un immediato e cospicuo gettito fiscale da parte di coloro che decidessero di legalizzare le loro posizioni, e dall'altro il solo rischio di finire in galera farebbe riflettere sia i potenziali evasori che i loro commercialisti.
Credo che sarebbe sicuramente più efficace che sprecare tempo e denaro pubblico per mandare in giro, in modo del tutto occasionale, schiere di finanzieri a caccia degli scontrini fiscali.
Certo, ottenere il voto di approvazione ad una normativa del genere da un Palamento disseminato di affaristi, corrotti e corruttori, non sarebbe facile, ma sicuramente il tentativo non nuocerebbe all'immagine di un Governo che, a parole, continua a proporsi come nemico dell'evasione.
Se, poi, il progetto legislativo andasse in porto, ai contribuenti fedeli potrebbero essere risparmiati i balzelli sulle bibite gasate, l'aumento dell'IVA, qualche accise sui carburanti e, magari, potrebbe essere accordata anche una riduzione delle tasse. 

mercoledì 29 agosto 2012

Monti appare (s)finito … in debito di ossigeno


Le file dei detrattori, di Monti e del suo Governo, si ingrossano sempre più, giorno dopo giorno, e, se fossi nei panni del professore, incomincerei a preoccuparmi seriamente.
L’impressione è che a mantenere ancora Monti a Palazzo Chigi sia solo l’interesse di Berlusconi che, da un lato ha bisogno di tempo per preparare la sua ennesima scesa in campo e  per promuovere il nuovo partito, e dall’altro attende che una nuova legge elettorale gli “consenta” di fare le opportune epurazioni tra i parlamentari del PdL.
D’altra parte, se Berlusconi non avesse avuto interesse a mantenere in vita ancora questo Governo, Monti quasi certamente avrebbe fatte le valige prima delle ferie.
In questi ultimi mesi il professore mi ha ricordato un po’ quegli ottocentometristi che alla pistola dello start scattano come lepri ma, dopo quattro o cinquecento metri, si afflosciano sulla pista stremati, in debito di ossigeno.
In effetti, partito a novembre con slancio e determinazione come se volesse riformare l’Italia e gli italiani, settimana dopo settimana Monti ha esaurita a poco a poco la sua carica fino ad afflosciarsi.
Contraddicendo, così, quanto aveva dichiarato con molto vigore a marzo, in occasione del suo viaggio in Asia, ora sta vivacchiando … sembrerebbe preoccupato solo di tirare a campare fino alla primavera 2013.
Penso che questo sia il risultato di un errore fondamentale commesso da Monti fin dai primi giorni del suo insediamento a Palazzo Chigi: ha concesso tempo e spazio ai partiti perché ritrovassero la loro arrogante strafottenza per le difficoltà del Paese, e ritornassero ad occuparsi solo dei loro meschini interessi di bottega.
Il risultato è che gli impegni, presi davanti a tutti ed in più occasioni dall’assurdo trio Alfano, Bersani, Casini, dopo 10 mesi sono ancora ben lontani dall’avere qualche consistenza: dalla legge anticorruzione alla riduzione del numero di parlamentari, dalla nuova legge elettorale alla riforma del bicameralismo, e via dicendo.
Dal canto suo, però, Monti si è impoltrito sul controllo del debito pubblico ribaltando sugli italiani il conto da pagare e sottovalutando gli effetti drammatici che le sue scelte avrebbero prodotto sul tessuto economico e sociale del Paese.
Da incorreggibile professore ha ritenuto di mettere in atto le teorie economiche e finanziarie, raccontate nei libri della sua biblioteca, senza sforzarsi di operare con un minimo di capacità creativa che avrebbe permesso di conciliare teorie e realtà.
Il risultato rovinoso, dunque, è che il Governo Monti non ha fatto nulla per invertire il trend congiunturale, la disoccupazione soprattutto giovanile ha raggiunti livelli intollerabili, le liberalizzazioni si sono dimostrate un flop, al sistema bancario è stato concesso di chiudersi a riccio e svenare così imprese e privati, il costo della vita è cresciuto fuori controllo, la spesa pubblica non è stata tagliata, i costi della politica e dei privilegi sono rimasti indenni da sforbiciate, e così via.
Certamente su molti di questi insuccessi sono risultati determinanti i bastoni messi nelle ruote della macchina governativa dai partiti politici e dalle lobbies che li condizionano.
È tutto vero … però !
Però, la missione tassativa, conferita al Governo Monti, era quella di tirar fuori, ad ogni costo, il Paese dalle sabbie mobili che lo stavano soffocando.
Per questo mi sarei aspettato che il Presidente del Consiglio, forte del mandato ricevuto, dimostrasse di avere  idonei attributi e, con fermezza, sfidasse la classe politica, ad esempio, con un risolutivo “aut aut” : “o vi allineate al mio processo di risanamento del Paese oppure vi assumete la responsabilità di governare”.
Con la strizza che avevano provata di fronte al rischio di default del Paese, itrovatisi nudi con le loro inettitudini e diatribe, i partiti sarebbero scesi verosimilmente a più miti consigli e, forse, moltissimi italiani si ritroverebbero oggi, dopo dieci mesi, meno sventurati e meno incazzati.

martedì 28 agosto 2012

Ma quale accordo ! La legge elettorale è in alto mare


Con il passare dei giorni appare sempre più chiaro che, nonostante le dichiarazioni di facciata, non esista nessun accordo del trio ABC.
La possibile intesa è lontana, sia perché i tre capobastone perseguono obiettivi diversi, sia perché non possono ignorare le inquietudini dei loro rispettivi greggi.
L’unica ipotesi che sembrerebbe quasi definita (in ogni caso il condizionale resta d’obbligo) sarebbe la scelta del sistema proporzionale con soglia di sbarramento del 5%.
Ripeto “sembrerebbe” perché, secondo i ben informati, ci sarebbero difformità anche sul come calcolare la soglia di sbarramento.
Per Bersani e Casini il 5% dovrebbe essere misurato su scala nazionale, mentre per Alfano, che vuole comunque assicurare alla Lega una presenza in Parlamento, sarebbe sufficiente che il 5% fosse conseguito anche solo in tre Regioni.
L’opzione di Alfano sarebbe gradita anche a Di Pietro e Vendola che, sempre più indeboliti dalla presenza di Grillo e dal M5S, rischierebbero di non raggiungere il 5% a livello nazionale.
Ma vero pomo della discordia continuano ad essere le modalità di elezione dei parlamentari.
Qui il gioco si è fatto veramente duro perché tra gli intendimenti (segreti e non confessabili) di Alfano e Bersani, esiste inconciliabilità.
Ricordando che la critica al “porcellum” ha riguardato più che altro lo “scippo del voto di preferenza”, è chiaro che ogni soluzione che non ripristinasse tale diritto andrebbe contro le attese del “popolo sovrano” e potrebbe influire anche sull’astensionismo.
Ebbene, ubbidendo a Berlusconi, il suo segretario, Angelino Alfano, vorrebbe reintrodurre nella legge elettorale il “voto di preferenza” per poter preordinare liste elettorali che penalizzino i candidati invisi ad Arcore e favoriscano l’ascesa in Parlamento di candidati graditi a Berlusconi e sottomessi ai suoi voleri.
Alfano, però, deve anche fare i conti con i vecchi marpioni del PdL che, percependo puzza di bruciato, mostrano segni di insofferenza.
Ad esempio, non credo abbiano bisogno di commento le parole di Fabrizio Cicchitto, capogruppo PdL alla Camera e parlamentare da (soli !!!) 36 anni, che ha gettata la maschera dichiarando : “un terzo dei parlamentari va scelto dai partiti con i listini bloccati … senza i quali una serie di parlamentari di alto livello non entrerebbero più in Parlamento”.
Non so quali siano i “parlamentari di alto livello” ai quali si riferisca, certo è che dimostra una bella faccia tosta, dopo 36 anni, ad elemosinare ancora una candidatura.
Per Bersani, invece, la scelta dei candidati ha una valenza opposta a quella di Alfano.
Le molte contraddizioni presenti nel PD, fin dalla sua nascita, e la crescente insofferenza nei confronti della segreteria, costringono Bersani a cercare un sistema che gli assicuri di eleggere candidati fidati, disciplinati ed ubbidienti alle sue volontà.
Chiaramente il pericolo maggiore, per Bersani, è rappresentato dai “rottamatori” e da Matteo Renzi che, proprio ieri, ha ufficializzata la sua candidatura alle primarie, rivelando anche che dal prossimo 13 settembre percorrerà l’Italia con un camper, in lungo ed in largo, per far conoscere agli elettori la sua proposta politica.
Per difendersi da Renzi, e non solo da lui, Bersani vorrebbe che il 50% dei parlamentari fosse eletto con i “listini bloccati” e l’altro 50% con collegi uninominali, in modo da poter candidare nei collegi “sicuri” i suoi fedelissimi.
Naturalmente questa idea è supportata dai parlamentari di più antica militanza, D’Alema, Bindi, Turco, Finocchiaro, etc. che così si vedrebbero riconfermato lo scranno per altri 4 anni.
Già, ma così il voto di preferenza agli elettori finirebbe ancora una volta a puttane !
Chi se ne frega, se ne riparlerà per le elezioni del 2017, sembrerebbe essere la risposta !
Risulterebbe, però, che non ci sia accordo neppure sul premio di maggioranza.
10 %, come vorrebbe il PdL, o 15%, come invece chiede il PD ?
Non solo ma il premio andrebbe riconosciuto al partito che risulterà vincitore, come chiede il PdL, od alla coalizione, come insiste il PD ?
Il PdL, che ha persa ogni speranza di stringere accordi con Lega o con UdC, non ha alcun interesse ad un premio alla coalizione.
Il PD, invece, di giorno in giorno sempre meno sicuro di poter uscire dalle urne vittorioso come partito, punterebbe al premio di coalizione, avendo ormai scelto di apparentarsi con SEL, come ha espressamente confermato Bersani.
Morale della favola : nonostante i reiterati solleciti del Capo dello Stato e le assicurazioni ai quattro venti, di cui il trio ABC si è fatto garante, la legge elettorale veleggia ancora in un mare tempestoso !

lunedì 27 agosto 2012

OPEL un esempio : come scongiurare la disoccupazione

 
La OPEL ha annunciato che, per fronteggiare il drastico calo delle vendite in Europa e la inevitabile conseguente riduzione dei programmi di produzione, dal prossimo mese di settembre presso la sede di Ruesselsheim e lo stabilimento di Kaiserslautem, verrà adottata la “settimana lavorativa corta”, vale a dire di 4 giorni lavorativi.
Il provvedimento, che interesserà 9.300 dipendenti tra impiegati ed operai, comporterà una riduzione del 6% dei salario netto, concordata con il forte e duro sindacato metalmeccanico Ig-Metall.
Mi sembra che management e sindacato della OPEL abbiano dimostrata molta saggezza adottando una soluzione assennata ed equa per evitare la prospettiva del licenziamento di circa 2.000 dipendenti.
Lampante dimostrazione che con un po’ di intelligenza, buon senso, e disponibilità al confronto si possano affrontare anche congiunture difficili che rischierebbero di creare casi umani dolorosi ed avvilenti.
Un essere umano, disoccupato o confinato in “cassa integrazione a zero ore”, infatti, deve fare i conti oltre che con difficoltà economiche, anche, ma soprattutto con la perdita di dignità e non solo.
Per questo ho sempre pensato che, di fronte alla attuale crisi la troika del sindacato italiano, Angeletti, Bonanni e Camusso, si sia dimostrata incapace, miope ed inconcludente.
Eppure, fin dal 1984 (legge 863/84) sono stati introdotti in Italia i “contratti di solidarietà”, proprio per affrontare le situazioni di crisi operando sulla riduzione degli orari di lavoro pur di evitare licenziamenti e “cassa integrazione a zero ore”.
La legge 863/84, tra l’altro, prevede “contratti di solidarietà difensivi” (per mantenere l’occupazione), e “contratti di solidarietà espansivi” (per creare nuovi posti di lavoro).
Sarebbe stato sufficiente, ad esempio, per contenere la disoccupazione e la cassa integrazione e, perfino, per creare nuove opportunità di lavoro, che la troika sindacale incalzasse il Ministro Fornero perché intervenisse per rendere comune e più facile l’applicazione dei “contratti di solidarietà” in tutte le situazioni di crisi.
Naturalmente, però, la troika sindacale, come ha fatto in Germania la Ig-Metall, avrebbe dovuto essere disposta a negoziare, fuori dalle ammuffite posizioni ideologiche, accordi su contenuti e modalità per eventuali e possibili misure di sostegno del reddito, imboccando perciò percorsi nuovi e diversi che, purtroppo, non sono nelle corde dei nostri sindacati.
Esemplificando il ragionamento che cosa si sarebbe potuto fare ?
Ipotizziamo che un’azienda con 100 dipendenti, a causa della crisi, si trovi ad avere un esubero del 10% del suo organico e, quindi, valuti o il licenziamento di 10 collaboratori o la loro collocazione in “cassa integrazione a zero ore”.
In concreto, l’azienda avrebbe necessità di ridurre il lavoro settimanale da 4.000/ore (= 100 x 40h) a 3.600/ore (= 90 x 40h).
Avvalendosi del “contratto di solidarietà difensivo” potrebbe decidere di adottare, per tutti i 100 dipendenti, l’orario settimanale di 36 ore (= 100 x 36).
Già, ma che vantaggio ne trarrebbe l’azienda se non riducesse comunque del 10% il costo del lavoro ?
Per contro, quale sacrificio sarebbe richiesto ai lavoratori in termini di salario ?
Se io fossi l’imprenditore e volessi fare sfoggio di sadismo, convocherei l’assemblea dei lavoratori alla quale mi presenterei con un’urna contenente i 100 bigliettini con i loro nomi.
A quel punto porrei all’assemblea una semplice domanda: volete che estragga i nomi di 10 di voi da licenziare oppure accettate di ridurvi lo stipendio del 10% ?
Quanti dei 100 lavoratori presenti correrebbero il rischio di vedere estratto il loro nome ?
Scherzi a parte, la soluzione praticabile non sarebbe solo la riduzione negoziabile dei salari, ma potrebbe essere anche quella di ricorrere alla cassa integrazione per 4 ore settimanali per tutti i 100 dipendenti, con la certezza, però, di aver salvati e mantenuti 10 posti di lavoro rispettando la dignità di tutti.
Naturalmente, in altre situazioni avvalendosi invece del “contratto di solidarietà espansivo” si potrebbero creare 10 nuovi posti di lavoro, da destinare magari a giovani precari.
Per onestà intellettuale, però, devo riconoscere che le difficoltà per l’applicazione dei “contratti di solidarietà” non le creano solo i sindacati ma anche molti imprenditori … come “eventus docet” !

domenica 26 agosto 2012

Quando polemizzare è una filosofia di vita


E’ diventata ormai routine imbattersi nelle polemiche, spesso noiose, fomentate da due nostri contemporanei che hanno scelta la provocazione come filosofia di vita.
Il loro sollazzo preferito è quello di manifestare animosità verso questo o quel soggetto prescelto come vittima del giorno.
Alludo a Marco Travaglio, personaggio versatile e vivace sia nelle sue attività che nella scelta delle “vittime”, ed a Zdenĕk Zeman, invece desolatamente monotono sia nella sua attività che nella scelta di una “vittima” unica.
Da quando lasciò Il Giornale per seguire Indro Montanelli a La Voce, era il 1994, Travaglio non ha più persa occasione per mettere la prua addosso a Berlusconi ed al suo entourage di lacchè, manutengoli, corruttori, azzeccagarbugli, escort e via dicendo.
Ho quasi sempre condiviso, in questi anni, sia le analisi da lui fatte che le valutazioni critiche.
Tra l’altro, a seguito di una quantità industriale di querele la Magistratura è stata chiamata più volte a giudicare della fondatezza delle “travagliate” (!!!) e l’autore ne è uscito ogni volta senza macchia.
Quello che, invece, da qualche tempo non condivido e non apprezzo più sono i modi ed i toni dai quali mi sembra trasudi un eccesso di livore e di acidità che, spesso, rende perfino sgradevole l’ascolto o la lettura.
Quell’accanimento e quella stessa acidità che oggi, mandato in soffitta Berlusconi (e mi auguro a tempo indeterminato!), Travaglio ha dirottato verso il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
Mi sto convincendo sempre più che tra i sogni di Travaglio bambino ci fosse, quasi certamente, quello di diventare un Masaniello capace di istigare alla rivolta le genti e marciare alla loro testa contro il potere, brandendo una penna a sfera o meglio la tastiera di un notebook.
Per questo, non trovo strano che Travaglio abbia dichiarato di aver dato il suo voto ad un agitatore mestierante come Antonio Di Pietro, e che oggi ostenti la sua infatuazione per un arruffapopolo come Beppe Grillo.
Peraltro, soffermandomi su quello che dice e scrive, mi sembra palese che Travaglio sia portatore di una cultura assolutamente di destra, quasi neo-fascista, nonostante abbia collaborato per anni anche con L’Unità.
A differenza di Travaglio, che ha la capacità di variare il bersaglio delle sue filippiche, Zdenĕk Zeman continua da decenni, invece, a rovesciare il suo rancore sempre su un solo obiettivo.
Zeman è nipote di un ex giocatore che fu, negli anni ’70, anche allenatore della Juventus, Čestmir Vycpálek.
Fu proprio lo zio ad indurre Zeman ad intraprendere la carriera di allenatore, prendendolo per mano ed aiutandolo nei suoi esordi.
La ultratrentennale carriera di Zdenĕk Zeman, però, non è stata certo lastricata di successi se, a fronte del rilevante numero esoneri (Parma, Lazio, Napoli, Salernitana, Stella Rossa, etc.), il palmarès può annoverare solo due promozioni dalla serie B alla serie A (Foggia e Pescara) ed un passaggio da C2 a C1 (Licata).
Ora, la bizzarria è che, pur non avendo avuto mai alcun rapporto con la Juventus, neppure negli anni in cui suo zio Vycpálek ne era l’allenatore (1970-1974), Zeman da anni continua a dar prova di avere il dente avvelenato con il club bianconero.
Non ha mai persa occasione, infatti, per metter becco in quello che avveniva in casa Juventus, facendolo sempre con tanta malevolenza da dare l’impressione di covare un antico rancore per qualche torto subito.
Il fatto è che le ragioni che inducono Zeman a combattere questa sua guerra personale sono oscure ed incomprensibili.
Naturalmente i cronisti sportivi, che conoscono bene questo suo livore, si divertono a sfruculiarlo sicuri di scatenare reazioni e commenti costantemente fuori dalle righe.
Travaglio e Zeman : la polemica come filosofia di vita comune ma con diverse capacità intellettive nell’estrinsecarla.

sabato 25 agosto 2012

Nuova legge elettorale … dove sta l’imbroglio ?


Può darsi che si … o può darsi che no … o chissà !
Ad oggi sul progetto della nuova legge elettorale, che dovrebbe mandare al macero il “porcellum”, solo indiscrezioni, dichiarazioni confuse, “stop and go”, discrepanze!
Comunque, dopo ben nove inviti pressanti da parte del Presidente Napolitano, pare che i partiti si siano finalmente dati una mossa.
Da quello che si riesce ad intuire al momento, i tre partorienti, cioè il solito trio ABC, starebbero per dare alla luce una legge che non sarebbe né maggioritaria pura all’inglese, né proporzionale pura alla tedesca.
Se ho ben capito, quindi, starebbero per propinarci una legge meticcio, partorita con il forcipe delle solite furbizie all’italiana che ritoccando il maquillage lasciano immutate le cose.
Se qualcuno dovesse mai leggere questo post, arrivato a questo punto potrebbe pensare : “ma che disfattista !”.
Non so se il mio sia disfattismo o meno, certo è però che, negli anni, ho imparato a fidarmi sempre meno di questa classe politica, ingegnosa nel ricorrere ad ogni forma di catenaccio pur di proteggere se stessa.
Ecco perché, nelle indiscrezioni fin qui trapelate, mi sembra di scorgere già alcune furberie mirate a turlupinare l’elettore.
Tra le maggiori critiche mosse al “porcellum” c’era quella di aver derubato l’elettore, con l’introduzione delle “liste bloccate”, del sacrosanto diritto di scegliere il suo rappresentante parlamentare.
Orbene, che cosa contemplerebbe il progetto della nuova legge elettorale ?
I parlamentari verrebbero eletti per il 50% ancora in base a “liste bloccate”, e per il restante 50% con il sistema dei “collegi uninominali”.
Già, ma siccome ad indicare il candidato per il “collegio uninominale” sarà ancora e sempre il partito, all’elettore verrebbe un'altra volta sottratto il diritto di scegliere il proprio rappresentante.
Il tutto anche alla faccia dell’auspicato rinnovamento della classe politica !
Infatti i partiti farebbero in modo di piazzare ai primi posti delle “liste bloccate” i soliti noti, e candiderebbero nei “collegi uninominali”, ritenuti sicuri, sempre i soliti noti.
Il risultato è che avrebbero la certezza di occupare ancora uno scranno in Parlamento i matusalemme della politica italiana, da D’Alema a Cicchitto, da Rosy Bindi a La Russa, da Pisanu a Finocchiaro, da Gasparri a Casini, da Fini a Veltroni, da Bersani a Berlusconi, da Livia Turco a La Malfa, da Bonino a Franco Marini, etc. etc. etc.
Difatti, a quanto è dato di sapere la nuova legge non prevedrebbe né un tetto al numero dei mandati parlamentari, né tantomeno l'attesa riduzione del numero dei parlamentari.
Altra indiscrezione che mi lascia perplesso è quella relativa alla “soglia di sbarramento del 5%”.
Il meritevole intendimento sarebbe stato quello di ridurre l’attuale assurda presenza frammentata in Parlamento di partiti e partitini, se non che, per salvare capra e cavoli, ecco che il trio ABC sembrerebbe intenzionato a ricorrere ad un’altra furberia.
Sarebbe sufficiente, cioè, per un partito superare la soglia del 5% in sole 3 regioni per accedere in Parlamento, anche se i voti raccolti pesassero, a livello nazionale, solo per un 1 o 2% !
Ora, basterebbe dare un’occhiata agli ultimi sondaggi per rendersi conto che, con questo trucco il trio ABC si propone di assicurare una ciambella di salvataggio ad una pletora di movimenti e partitini, da SEL a FLI, da MPA a IdV, da Lega a FdS, etc.
Come se ciò non bastasse, lo stesso ricorso ai “collegi uninominali” consentirebbe comunque l’occupazione di uno scranno, alla Camera o al Senato, da parte di un movimento che abbia ottenuta la vittoria in un solo collegio, con un peso a livello nazionale dello 0,0001% !
Ancora una volta sembra imporsi il principio gattopardiano del “cambiare per non cambiare nulla” !

venerdì 24 agosto 2012

Giustizia sportiva … una sceneggiata pallonara


Già solo usare la parola “giustizia”, per indicare quel ridicolo spettacolo in scena a Roma, in queste settimane di agosto, all’ex Ostello della Gioventù mi sembra fuori luogo e sicuramente offensivo per tutti coloro che amministrano la giustizia, quella vera, nelle aule dei tribunali.
Sarebbe più appropriato parlare di “sceneggiata pallonara”, o di “festa della banalità calcistica”, o di “gossip intorno ad un pallone”, o dei mille altri modi che la fantasia dei tifosi di calcio potrebbe suggerire.
Mi sembra che l’avvocato Giulia Bongiorno, abituata a frequentare ben altre aule processuali, abbia saputo sintetizzare la situazione con poche parole: la bilancia della giustizia prevede due piatti in equilibrio tra loro, accusa e difesa, a Roma invece nell’ex Ostello della Gioventù, la bilancia aveva solo un piatto, quello dell’accusa.
Alla difesa, infatti, non solo non è stato concesso di controinterrogare testimoni e pentiti dell’accusa, ma non ha potuto neppure avvalersi di testimoni a difesa. È questo è solo uno dei fondati motivi per cui è inopportuno usare la parola “giustizia”.
Ancora una volta, assoluto protagonista della sceneggiata nei due tempi è stato il procuratore federale Stefano Palazzi che si è sbizzarrito in teorie accusatorie a volte strampalate ed a volte ridicole.
L’intera sua strategia di accusa faceva assegnamento, più che altro, sulle dichiarazioni di due galantuomini di comprovata onestà e moralità.
Uno è Andrea Masiello, reo confesso di aver realizzata una autorete su commissione, che dal Procuratore della Repubblica di Cremona, Roberto Di Martino, è accusato di “associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva” per i legami provati con la “banda degli zingari”.
Arrestato nello scorso mese di aprile gli avvocati di Masiello hanno chiesto di patteggiare 1 anno e 10 mesi di reclusione ottenendo il netto rifiuto da parte del GIP di Cremona.
Il procuratore federale Palazzi, invece, dando credito ciecamente alle parole di Masiello, cosa fa ? Imbastisce ipotesi accusatorie nei confronti di Leonardo Bonucci e Simone Pepe, ai quali in prima battuta propone il solito ricatto, patteggiamento o condanna pesante.
Bonucci e Pepe, sicuri della loro innocenza, rifiutano il patteggiamento e, solo a questo punto, imbufalito dal rifiuto, Palazzi mette in atto la sua ritorsione e formula richieste di 3 anni e mezzo di squalifica per Bonucci, e di 1 anno per Pepe.
Ma le vaghe e contraddittorie dichiarazioni di Masiello non convincono né la Commissione Disciplinare, prima, né la Corte di Giustizia Federale, poi, che prosciolgono sia Bonucci che Pepe.
Palazzi che si era incaponito contro Bonucci e Pepe, anche ricorrendo contro il proscioglimento deciso dalla Commissione Disciplinare, ne esce con le pive nel sacco !
Altra colonna dei teoremi accusatori di Palazzi è Filippo Carobbio, all’onore delle cronache nel maggio scorso perché arrestato, su ordine della Procura di Cremona, con l’accusa di aver taroccate partite di calcio in combutta con l’organizzazione criminale identificata come “cellula ungherese”.
Rinchiuso nel carcere di Cremona ed interrogato dai Magistrati ha coinvolti altri calciatori senza mai immischiare, però, Antonio Conte.
Un giorno improvvisamente, parlando con Palazzi, dai meandri della sua memoria ecco saltar fuori il nome di Conte.
Forse qualcuno glielo avrà suggerito ? Boh … non lo si saprà mai !
Di sicuro alle parole di Carobbio, che è ritenuto non affidabile dalla Magistratura di Cremona, viene dato invece il massimo credito dalla Commissione Disciplinare e dalla Corte di Giustizia Federale.
Ed ecco, infine, la ciliegina sulla torta di questa buffonata !
La Corte di Giustizia Federale, motivando la squalifica di Antonio Conte, afferma che la sua responsabilità avrebbe potuto configurare “una fattispecie diversa e più grave di incolpazione” rispetto all’omessa denuncia.
Ora, signori della Corte, esisteva o no la possibilità di configurare una “fattispecie diversa e più grave” ?
Se questa possibilità c’era perché non avete condannato Conte per l'illecito più grave ?
Se, invece, questa possibilità non c’era perché cavolo la citate nelle motivazioni del dispositivo ?
È, forse, solo un avvertimento di stile mafioso affidato anche alle dichiarazioni rilasciate dal giudice della Corte, Piero Sandulli ?
Di fronte alle critiche che inevitabilmente solleva questo ridicolo, ma preoccupante modo di gestire la disciplina nello sport, il Presidente del CONI, Gianni Petrucci, perde le staffe ed urla ai quattro venti “basta con attacchi ai giudici ed alla giustizia sportiva”, ed ancora “giù le mani dalla giustizia sportiva !”.
Così facendo il Presidente del Coni dimostra, innanzitutto, di non essere lucido ed obiettivo nel valutare gli errori clamorosi commessi negli anni da quella che lui si ostina a chiamare “giustizia sportiva”, manifestando così anche la volontà, o forse l’incapacità, di intervenire per correggere le deformazioni di un sistema disciplinare lacunoso, inadeguato ed obsoleto.

giovedì 23 agosto 2012

Professor Monti… ora è troppo ! 3.950 vecchie lire per un litro di benzina!

 
Egregio Professor Mario Monti,
sarà, forse, perché non ho mai smesso di pensare che, al momento di passare dalla lira all’euro (era il 1° gennaio 2002 ed a Palazzo Chigi c’era Berlusconi !), il Governo di allora ne abbia sottovalutate le conseguenze e non abbia adottati i più elementari accorgimenti per assicurare una traslazione “morbida ed indolore”.
Sappiamo tutti cosa si sarebbe dovuto fare ed invece non si è fatto.
Anche per questo sono convinto che non aver adottate neppure le più normali cautele non sia stata una semplice negligenza bensì una chiara scelta, presa con l’intento di truffare gli italiani e consentire gli indebiti arricchimenti di alcuni.
Fatto sta che, oggi, con la benzina che ha sfondato il tetto dei 2 euro (alla pompa sotto casa un litro di verde costa € 2,04 !) io non possa fare a meno di pensare che, in realtà, per un litro di benzina mi viene chiesto di sborsare 3.950 lire del vecchio conio !!!
Ora, ai più giovani 3.950 lire non vorranno dire nulla, a Lei ed a me, invece, ricordano l’equivalente, fino al 31 dicembre 2001, ad esempio di 3 caffè e 3 croissant !
Oggi, con € 2,04 va ancora bene se in un bar di periferia ci servono un caffè con brioche.
Ma torniamo all’insostenibile prezzo della benzina, sul quale grava ancora perfino la prima accise introdotta nel 1935 da Mussolini per la guerra in Abissinia.
A questo momento, dunque, (sperando sempre che domani Lei non decida di introdurre una nuova accise) su un litro di benzina gravano accise per € 0,728.
Siccome, però, l’Italia è il paese dei paradossi, sulle accise, che sono già delle tasse, grava anche l’IVA, per cui, di fatto, il peso effettivo su ogni litro di benzina è di € 0,88 !
Naturalmente, dal canto loro i petrolieri, servendosi delle accise come pretesto, continuano imperterriti con le loro indecenti speculazioni esibendo, di volta in volta, il costo del barile, o il cambio dollaro/euro, o i costi di raffinazione, etc.
Di fronte a questa situazione, molto gravosa per gli italiani, ho l’impressione che Lei, Professor Monti, ed i suoi ministri stiate alla finestra senza aver fatto fino ad oggi nulla di concreto e di risolutivo.
Avete perso il treno delle liberalizzazioni per mettere ordine e riorganizzare il comparto della distribuzione dei prodotti petroliferi.
Non avete esteso a centri commerciali e grande distribuzione l’opzione di dotarsi di stazioni di servizio.
Non avete agevolata l’apertura di stazioni di servizio “low cost”.
Non siete riusciti nemmeno ad ottenere dai petrolieri un allineamento dei prezzi dei carburanti al reale valore delle scorte, evitando cioè che siano gli utenti a finanziare le scorte future.
Beh … non saprei proprio come definire questo se non un fallimento totale dell’azione del suo Governo in questo campo.
Mi permetta un impertinente suggerimento.
Perché, professor Monti, non prova a telefonare al suo collega François Hollande per farsi dire cosa sta facendo lui per ridurre le accise e mettere a punto il sistema di regolazione dei prezzi petroliferi, in Francia ?
Potrebbe essere una telefonata che la maggioranza degli italiani certamente apprezzerebbe molto.
Cordialmente ! 

mercoledì 22 agosto 2012

Caso ILVA : assenteismo dei sindacati


Angeletti, Bonanni e Camusso, la troika ABC del sindacalismo nazionale, non perdono occasione per stigmatizzare i provvedimenti del Governo, disapprovando Monti ed i suoi ministri con una solfa che ripetono ad ogni piè sospinto: “tecnici troppo distanti dalla realtà di un Paese che non conoscono”.
Ora, proprio prendendo spunto da questa critica che la troika sindacale rivolge al Governo Monti, mi piacerebbe poter rivolgere qualche domanda, a proposito del caso ILVA, ad Angeletti, Bonanni e Camusso.
“Quanto distanti eravate, voi ed i vostri delegati, dalla realtà ILVA negli anni in cui l’aria di Taranto veniva avvelenata provocando danni irreparabili alla salute di molti tarentini ?”
Ed ancora : “come mai non avete mai pensato di indire scioperi od organizzare manifestazioni popolari per insorgere contro il devastante inquinamento prodotto dagli impianti ILVA di Taranto ?”.
Eppure, le motivazioni depositate dal Tribunale del Riesame a conferma del sequestro degli impianti, sono eloquenti.
Il Tribunale scrive di “disastro determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante” tale da provocare un “effettivo pericolo per l’incolumità fisica di un numero indeterminato di persone”.
Ora, Angeletti, Bonanni e Camusso dove eravate in tutti questi anni ?
I vostri delegati ILVA erano forse distratti dalla pesca del tonno ? (*)
So molto bene che le responsabilità dirette, per aver perpetrato negli anni “azioni ed omissioni aventi una elevata potenzialità distruttiva dell’ambiente”, non siano dei sindacati ma siano riconducibili solo alla proprietà ed al management.
Esistono, però, secondo me, responsabilità sociali e morali non meno imperdonabili, ascrivibili a tutti coloro che, pur coscienti della gravità della situazione ILVA e degli effetti che la stessa avrebbe prodotto sulla popolazione tarentina hanno ignobilmente taciuto.
Per questo mi domando, ad esempio, come mai i sindacati non abbiano sentito il dovere, civile e morale, di inoltrare alla Magistratura di Taranto un esposto su quanto stava accadendo all’ILVA, mentre di solito sono così solerti e risoluti nel rivolgersi alla Magistratura quando si tratti di impugnare un licenziamento, un provvedimento disciplinare o di ricorrere contro i criteri con cui una impresa selezioni i lavoratori da assumere.
Eppure era in gioco la salute dei lavoratori e delle loro famiglie.
Riconosco anche, però, che il mutismo della troika sindacale sull’affare ILVA non dovrebbe sorprendere.
Troppe volte, infatti, i sindacati hanno scelta la condotta ideologica del “non vedo, non sento, non parlo”.
Come quando, ad esempio, fingono di non vedere l’immorale tasso di assenteismo di cui sono affetti gli enti pubblici, oppure difendono i comportamenti illegittimi di quei lavoratori che abbandonano indebitamente il posto di lavoro, o, sempre ideologicamente, ritengono che la produttività sia una variabile indipendente dalla prestazione del lavoratore e dal costo del salario.

(*) Francesco Maresca, oggi in pensione, ha lavorato per 31 anni alla ILVA di Taranto. Nel corso di una intervista rilasciata a Lorenzo Lamperti per “affaritaliani.it” a proposito dei sindacati ha detto: “...nel periodo della gestione pubblica la loro presenza era forte. Quando c’erano problemi per la sicurezza non si andava a lavorare. Con i Riva invece è stato lasciato tutto in mano all’azienda e nessuno ha avuto più il coraggio di dire niente” !!!

lunedì 20 agosto 2012

Incredibile: la “villa zoo” di Calderoli è senza scorta !


Egregio Ministro Annamaria Cancellieri,
da quando il sedicente giornalista Maurizio Belpietro, evidentemente su commissione, ha scatenata dalle colonne di Libero una nuova offensiva contro il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, Lei si è ritrovata in bella evidenza sulla sua scrivania la “grana delle scorte”.
È un problema annoso che, di tanto in tanto, viene portato all’attenzione dell’opinione pubblica ma che, purtroppo, fino ad oggi non ha registrati interventi adeguati, anzi da comune cittadino ho l’impressione che l’uso smodato delle scorte non solo sia continuato, ma si sia addirittura dilatato.
Per questo potrà comprendere con quale compiacimento io abbia appresa la notizia della sua intenzione di porre mano seriamente a questa rogna.
“Fusse che fusse la vorta bbona” mi ripeto da qualche giorno !
Ed ecco che questa mattina sulle pagine del Corsera leggo una prima incoraggiante novità.
È stata abolita la scorta di vigilanza alla “villa zoo” di Roberto Calderoli sulle colline di Mozzo nel bergamasco.
A parte la scarsa efficacia di una vigilanza, giorno e notte, al solo cancello di accesso, dal momento che per l’estensione stessa della villa qualsiasi malintenzionato avrebbe potuto accedervi da altre parti senza alcuna difficoltà, reputo scandaloso aver impegnati giornalmente 8 poliziotti, carabinieri o finanzieri con uno spreco di denaro pubblico quantificabile in almeno 250.000 euro l’anno.
Anche perché, non solo Calderoli non è solito vivere nella “villa zoo”, ma lo stesso Calderoli gode già di una scorta personale formata da altri 8 uomini (4 a Roma e 4 a Bergamo), il che comporta un ulteriore sperpero di denaro pubblico.
Comunque, nella fiduciosa attesa che al ridimensionamento delle scorte di Calderoli ne seguano altri, vorrei affrontare, per attinenza, un altro tema.
Mi sembra ragionevole che coloro che siano impegnati nei servizi di scorta, di vigilanza dei cosiddetti “obiettivi sensibili”, o di protezione al trasferimento valori, abbiano turni di lavoro di 6 ore non potendo godere, per ovvi motivi, né di intervalli né di pause.
Lo stesso dicasi, naturalmente, per poliziotti e carabinieri impegnati nel pattugliamento per il controllo del territorio, così come per gli addetti della Polstrada che vigilano su strade ed autostrade.
Ma mi e Le domando: perché anche coloro che operano negli uffici devono godere di turni giornalieri di solo 6 ore con riconoscimento delle eventuali ore di straordinario ?
Forse che l’attività di ufficio, questa si inframmezzata da pause per caffè, panini ed aperitivi, sia da ritenersi altrettanto stressante del presidio sul territorio ?
Non le sembra che anche questo sia configurabile come un cattivo uso del denaro pubblico ?
Cordialmente !


domenica 19 agosto 2012

Che ci fa Mario Monti al meeting CL ?


Egregio Professor Mario Monti,
che Lei fosse un tipo tutto lavoro, casa e chiesa lo si era capito fin dai primi giorni del suo incarico a Palazzo Chigi, da quando reporter di mezzo mondo la seguivano passo passo.
Che Lei avesse già partecipato al meeting di Comunione e Liberazione, se ben ricordo nel 2004, sicuramente non è frutto di una rivelazione divina.
Che Lei, però, abbia deciso, come Presidente del Consiglio, di accettare l’ospitata che Comunione e Liberazione Le ha offerta per la giornata inaugurale del meeting 2012, mi lascia alquanto perplesso.
A parte il fatto che, inevitabilmente, al meeting Lei avrà modo di incrociare, tra gli altri, anche Roberto Formigoni che in CL, nella sua qualità di “Memores Domini” (*), non solo è di casa (anche in senso stretto visto che a Milano abita con il suo convivente, Alberto Perego, nella comune ciellina di via Villani), ma ratificare, con il lustro della sua presenza attiva, un consesso clerical-affaristico frequentato anche da individui che stinchi di santo non sono, beh… mi sembra sia stata una scelta alquanto inopportuna.
Mi auguro, infatti, che prima di accettare l’invito qualche suo assistente abbia avuto modo di informare Lei, assorto dai molti impegni di governo ed internazionali, che nelle patrie galere sono trattenuti due ciellini di primo rango, Pierangelo Daccò ed Antonio Simone, implicati a diverso titolo nello scandalo sanità della Regione Lombardia.
Così come mi auguro che non abbiano trascurato di metterla al corrente che anche il “Memores Domini”, Roberto Formigoni, sia destinatario di una “informazione di garanzia” inviatagli dalla Magistratura meneghina.
Per questo mi ha lasciato perplesso la sua scelta di partecipare al meeting CL, sapendola così attento a selezionare con cura i contesti e le persone con cui interagire (ricordo, ad esempio, le dimissioni richieste al sottosegretario Malinconico reo di aver accettati in dono alcuni soggiorni di vacanza !).
Ora, egregio Presidente del Consiglio, dopo aver sparato a zero su Berlusconi per le frequentazioni di corrotti, mafiosi, camorristi, escort e minorenni, non me la sento proprio di non biasimare Lei per questo scivolone di discrezione e di sobrietà.
E la circostanza che anche Giorgio Napolitano abbia condiviso con Lei questo imperdonabile scivolone non può essere una attenuante.
Cordialmente !
       
(*) “Memores Domini” è il gradino più alto della scala spirituale ciellina, riconosciuto ai membri di una associazione laicale, accreditata dal Vaticano nel 1981, che segue la “vocazione di dedizione totale a Dio”. No comment !

sabato 18 agosto 2012

Sbadataggini di Maurizio Belpietro sulle scorte


Egregio Maurizio Belpietro,
incurante della calura estiva, Lei si è dato un sacco da fare perché il giornale da Lei diretto (“Libero”… mai un nome fu così inappropriato !) scatenasse una nuova campagna denigratoria nei confronti del Presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Ancora incazzato, forse, per non essere riuscito, nel 2010, a potersi pavoneggiare come autore dello scoop sulla casa di Montecarlo, dalla sua geniale mente, a forza di rimuginare, è stata partorita l’idea di ricorrere al mortaio sparafango per mettere in difficoltà Fini.
Come ? Stigmatizzando il Presidente della Camera per i costi della scorta che lo segue anche quando va in vacanza.
Per carità, è vero che l’assegnazione ed il livello delle scorte siano un pasticcio del quale si dibatte da anni ma che resta irrisolto, nonostante comporti uno spreco spropositato di denaro pubblico
Però, tra le molte scorte inutili, me lo conceda, ci sarebbe anche quella assegnata a Lei, Maurizio Belpietro, che, pur non ricoprendo alcuna carica istituzionale, gode di questo “status symbol” il cui costo grava anche su me in quanto contribuente, e questo mi fa incazzare.
Ma, quello che trovo più sorprendente, è che Lei ed il suo giornalucolo scopriate solo oggi la grana delle scorte e lo scandaloso sperpero di denaro pubblico che la loro gestione comporta.
Ribadisco sorprendente, perché, non mi risulta che Lei abbia mai scritta neppure una parola di indignazione quando Berlusconi usava il personale della scorta, pagato sempre con denaro pubblico, per far scorrazzare qua e là le escort che allietavano le serate ed i “bunga bunga” ad Arcore od a Palazzo Grazioli.
Sicuramente Lei, in quegli anni, doveva essere molto distratto perché non mi risulta, neppure, che si sia mai sdegnato ed incazzato quando, con  voli di Stato, pagati ahimè anch’essi con denaro pubblico, Berlusconi faceva trasportare in Sardegna nugoli di compiacenti fanciulle che allietavano i soggiorni a Villa Certosa.
Ora, mi perdoni l’impertinenza, ma non è che, come un provetto maggiordomo, Lei debba far finta di non vedere e non sentire quello che fa il suo padrone ?
E mi perdoni ancora, ma è sempre tra i compiti del provetto maggiordomo anche quello di aggredire con veemenza Gianfranco Fini da quando si è macchiato di alto tradimento piantando in asso il suo padrone ?
Sono certo che questi interrogativi rimarranno senza risposta, però non sopportavo più la sciocca ipocrisia che furoreggia nel giornalucolo da Lei diretto, anche se so benissimo che di quello che penso io a Lei nun gliene po’ fregà de meno !
Cordialmente !