Oggi
è ferragosto e nel rispetto della tradizione, nonostante i morsi spietati della crisi,
molti italiani hanno abbassate la saracinesche e sono corsi ad imbottigliarsi in
autostrada per godere qualche giorno di vacanza.
È
il più strano e malinconico ferragosto degli ultimi decenni.
Tra
disoccupazione senza freni, precariato come sola opportunità a
tempo indeterminato, marea di poveri in costante crescita, non c’è veramente
di che stare allegri.
A
completare questo scenario, già per sé sconfortante, negli aeroporti bivaccano da giorni migliaia
di viaggiatori, abbandonati a terra dalla compagnia aerea “Wind Jet” il cui proprietario, Antonino Pulvirenti, è anche patron
del “Calcio Catania”.
Come
se tutto ciò non bastasse, a Taranto è in atto un braccio di ferro tra la
Magistratura e l’acciaieria ILVA.
La
posta in gioco è drammatica, da qualsiasi lato la si voglia guardare: diritto
al lavoro o diritto alla salute !
Due
vicende, in questa afosa giornata, che suggeriscono qualche riflessione.
Da
mesi, politici, tecnici, economisti, opinionisti della carta stampata e della
TV, con voci non sempre concordanti, si affannano nel raccontarci che stiamo lottando con
una crisi di portata internazionale, attribuendone le colpe ora alla
speculazione finanziaria, ora al nostro debito pubblico, ora al sistema
bancario, ora all’egoismo della Germania, ora alle inadeguatezze dell’unione
europea, e così via.
Sarà
pure tutto vero, però più ci penso e più mi persuado che le vicende di “Wind Jet” ed “ILVA” siano emblematiche e poco o nulla abbiano a che vedere con la
nefasta crisi internazionale.
Nel
caso “Wind Jet” emergono con troppa
evidenza le responsabilità dell’imprenditore catanese che, mentre decide di far
fallire la compagnia aerea, truffando centinaia di migliaia di passeggeri,
investe milioni di euro in una squadra di calcio per acquistare giocatori e pagare
loro generosi ingaggi.
Nel
caso “ILVA”, invece, appare palese la
negligenza con cui proprietà, management e sindacati, per anni si siano
disinteressati a ridurre l’inquinamento, dimostrando un vergognoso menefreghismo
per i drammatici effetti che l’avvelenamento continuava a produrre sulla salute
dei tarentini.
In
entrambe le vicende le colpe imprenditoriali, manageriali e sindacali mi
sembrano così inequivocabili da legittimare il sospetto che, anche in molte altre vicende,
cassa integrazione, licenziamenti e chiusure aziendali siano stati, e purtroppo
possano ancora essere, conseguenza di responsabilità analoghe.
Mi
domando perciò: è possibile che una parte dell’imprenditoria italiana abbia
contribuito ad amplificare gli effetti della crisi con le proprie inadeguatezze
e negligenze ?
E
se la risposta fosse affermativa, perché se ne parla solo quando emergono casi eclatanti
come quelli di “Wind Jet” ed “ILVA” ?
Puntare
il dito contro i disastri provocati da imprenditori, manager e sindacalisti è considerato peccato mortale
?
1 commento:
mi mancavano i tuoi blog,,,,,,li ho trovati con google.....sono bloccata in messenger.....tutti mi trovano daccordo con te....ciaoo barbara
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