Le
file dei detrattori, di Monti e del suo Governo, si ingrossano sempre più,
giorno dopo giorno, e, se fossi nei panni del professore, incomincerei a
preoccuparmi seriamente.
L’impressione
è che a mantenere ancora Monti a Palazzo Chigi sia solo l’interesse
di Berlusconi che, da un lato ha bisogno di tempo per preparare la sua ennesima
scesa in campo e per promuovere il nuovo
partito, e dall’altro attende che una nuova legge elettorale gli “consenta” di fare le opportune epurazioni
tra i parlamentari del PdL.
D’altra
parte, se Berlusconi non avesse avuto interesse a mantenere in vita ancora questo
Governo, Monti quasi certamente avrebbe fatte le valige prima delle ferie.
In
questi ultimi mesi il professore mi ha ricordato un po’ quegli ottocentometristi che alla pistola dello
start scattano come lepri ma, dopo quattro o cinquecento metri, si afflosciano
sulla pista stremati, in debito di ossigeno.
In
effetti, partito a novembre con slancio e determinazione come se volesse riformare
l’Italia e gli italiani, settimana dopo settimana Monti ha esaurita a poco a
poco la sua carica fino ad afflosciarsi.
Contraddicendo,
così, quanto aveva dichiarato con molto vigore a marzo, in occasione del suo
viaggio in Asia, ora sta vivacchiando … sembrerebbe preoccupato solo di
tirare a campare fino alla primavera 2013.
Penso
che questo sia il risultato di un errore fondamentale commesso da Monti fin dai primi giorni del suo insediamento a Palazzo Chigi: ha concesso
tempo e spazio ai partiti perché ritrovassero la loro arrogante strafottenza per le difficoltà del Paese, e ritornassero ad occuparsi
solo dei loro meschini interessi di bottega.
Il risultato è che gli impegni, presi davanti a tutti ed in più occasioni dall’assurdo
trio Alfano, Bersani, Casini, dopo 10 mesi sono ancora ben lontani dall’avere qualche
consistenza: dalla legge anticorruzione alla riduzione del numero di
parlamentari, dalla nuova legge elettorale alla riforma del bicameralismo, e
via dicendo.
Dal
canto suo, però, Monti si è impoltrito sul controllo del debito pubblico ribaltando
sugli italiani il conto da pagare e sottovalutando gli effetti drammatici che
le sue scelte avrebbero prodotto sul tessuto economico e sociale del Paese.
Da
incorreggibile professore ha ritenuto di mettere in atto le teorie economiche e
finanziarie, raccontate nei libri della sua biblioteca, senza sforzarsi
di operare con un minimo di capacità creativa che avrebbe permesso di
conciliare teorie e realtà.
Il
risultato rovinoso, dunque, è che il Governo Monti non ha fatto nulla per
invertire il trend congiunturale, la disoccupazione soprattutto giovanile ha
raggiunti livelli intollerabili, le liberalizzazioni si sono dimostrate un
flop, al sistema bancario è stato concesso di chiudersi a riccio e svenare così
imprese e privati, il costo della vita è cresciuto fuori controllo, la spesa
pubblica non è stata tagliata, i costi della politica e dei privilegi sono
rimasti indenni da sforbiciate, e così via.
Certamente
su molti di questi insuccessi sono risultati determinanti i bastoni messi nelle
ruote della macchina governativa dai partiti politici e dalle lobbies che li
condizionano.
È
tutto vero … però !
Però, la
missione tassativa, conferita al Governo Monti, era quella di tirar fuori, ad
ogni costo, il Paese dalle sabbie mobili che lo stavano soffocando.
Per
questo mi sarei aspettato che il Presidente del Consiglio, forte del mandato
ricevuto, dimostrasse di avere idonei attributi e, con fermezza, sfidasse la
classe politica, ad esempio, con un risolutivo “aut aut” : “o vi allineate
al mio processo di risanamento del Paese oppure vi assumete la responsabilità
di governare”.
Con la
strizza che avevano provata di fronte al rischio di default del Paese, itrovatisi
nudi con le loro inettitudini e diatribe, i partiti sarebbero scesi verosimilmente
a più miti consigli e, forse, moltissimi italiani si ritroverebbero oggi, dopo
dieci mesi, meno sventurati e meno incazzati.
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