Senza neppure rendercene conto molti di noi
sono condizionati, nel loro quotidiano, dagli slogan della pubblicità.
A chi, per esempio, non è capitato di
acquistare il detersivo XY perché lo slogan assicurava che “lava più bianco”,
oppure il dopobarba ZV perché “è per uomini veri” ?
Da alcuni decenni, ormai, gli slogan imperversano
anche in politica favoleggiando illusioni inventate per abbindolare l’elettore.
Anni fa, ad esempio, furoreggiava lo slogan
“creeremo un milione di posti di lavoro” senza indicare come, dove e quando si potesse
concretare quella fungaia occupazionale.
Oggi i posti di lavoro che produrrà il
ponte sullo stretto sono solo centomila, ma l’intento di illudere resta lo
stesso.
Gli anni passano ma, purtroppo, è sempre
incinta la madre dei ciarlatani che con fantasiosi slogan gettano l’amo per far
abboccare la sovrabbondanza di gonzi.
Nella campagna referendaria che infuria da
settimane è impossibile non accorgersi, ad esempio, del proliferare di asserzioni
fasulle finalizzate esclusivamente a tirare per la giacca gli elettori.
Nella prima parte di appunti, postata due
giorni fa, ho espresse alcune riserve su due affermazioni che il presidente del
consiglio e la ministro Boschi continuano a ripetere come un mantra.
Oggi proseguirò nelle mie considerazioni analizzando
altre disquisizioni che, a me personalmente, appaiono come panzane finalizzate
a distogliere gli elettori da quelli che sono i veri obiettivi di questa
riforma costituzionale.
Riprenderò, perciò, da quella che considero
la Balla n°3
Il primo quesito della scheda referendaria,
che sarà consegnata agli elettori il 4 dicembre, richiede di approvare, o non, le
“disposizioni per il
superamento del bicameralismo paritario” che, a detta del presidente del consiglio, dovrebbe rendere
più agile e rapido il processo legislativo.
Ora, a prescindere dal fatto che, in questi
31 mesi di permanenza a Palazzo Chigi, l’Innominabile ha posto oltre 50 voti di
fiducia facendo scempio delle prerogative legislative di Camera e Senato, se si
ha la pazienza di leggere il testo della riforma si scopre che il presunto intento
di rendere più agile e rapido il processo legislativo è solo una balla che
nasconde ben altri propositi.
Perché ?
Ø
Perché
la riforma prevede solo la corsia preferenziale riservata alla decretazione d’urgenza
del governo che la Camera sarà vincolata ad approvare entro 70 giorni.
Ø
Perché
il Senato, al quale sarà cassato il potere di dare o togliere la fiducia al
governo, su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti potrà esprimere il suo parere e
proporre emendamenti, come semplici suggerimenti, alle leggi approvate dalla
Camera, purché lo faccia entro 30 giorni. Perciò il deprecato ping pong delle
leggi tra i due rami proseguirà.
Ø
Perché
la Camera deciderà, senza
motivare, se accogliere, o non, i suggerimenti del Senato.
Ø
Perché,
di conseguenza, la riforma riconosce alla Camera un potere legislativo assoluto
senza alcun controllo se non quello di costituzionalità da parte della Consulta.
Ø
Perché,
siccome per il combinato disposto della riforma e della legge elettorale, Italicum,
per il 55% la Camera sarà formata da deputati del partito al governo, in parte perfino
nominati dal “capo”, di fatto questa riforma attribuisce al potere esecutivo, il
governo, la supremazia incondizionata sul potere legislativo. Una situazione
che riecheggia, secondo me, quanto nel 1938 scriveva Carlo Alberto Biggini,
Ministro del governo fascista e membro del Gran Consiglio: “Il Parlamento è organo di integrazione
del Governo e non può essere organo che condiziona il Governo. Non si possono,
difatti, intendere i caratteri ed i limiti della funzione legislativa se non si
parte dal presupposto che l’indirizzo o la funzione di Governo sono superiori e
prima della funzione legislativa”.
Ø
Perché,
quindi, ho timore che il vero scopo inconfessato di questa riforma sia la
cancellazione della repubblica parlamentare voluta dai padri costituenti.
Qualcuno potrà obiettare, a questo punto,
che il presidente del consiglio, in questi ultimi giorni, si è detto
disponibile a mettere mano all’Italicum, ma solo dopo il 4 dicembre.
Credo si tratti di una disponibilità
tattica perché l’Innominabile per mesi ha magnificato l’Italicum,sul quale ha
posto anche il voto di fiducia, affermando che si tratta di una legge
elettorale perfetta, in grado di far conoscere con certezza, la sera delle elezioni,
chi avrebbe vinto e governato per i cinque anni successivi. Tra l’altro l’Innominabile
si era anche vantato di congratulazioni ricevute dai premier europei interessati
a copiare l’Italicum.
E passiamo a quella che considero la Balla n°4.
Il presidente del consiglio nel replicare
alle critiche sul nuovo Senato di nominati asserisce, a ragione, che la riforma
attribuisce al Senato poteri significativi come quelli in materia di politiche
comunitarie, e di controllo sulla Pubblica Amministrazione. Finge, però, di
ignorare che è la stessa riforma a pregiudicare, di fatto, la funzionalità del
Senato.
Perché ?
Ø
Perché
essendo quello di senatore part-time un secondo lavoro per consiglieri regionali
e sindaci è ragionevole attendersi, soprattutto dai sindaci, che diano priorità
ai loro impegni sul territorio ed ai loro doveri verso la comunità che li ha
eletti. Per questo conciliare le assemblee senatoriali con le agende di 95
amministratori potrebbe rendere del tutto episodici e discontinui il lavori del
Senato, a dispetto dei poteri attribuitigli.
Ø
Perché
la riforma nel riscrivere l’Art. 57 ha
disposto che “La durata
del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni
territoriali dai quali sono stati eletti”. Mi auguro che, nello scrivere l’Art. 57, la ministro
riformista Maria Elena Boschi fosse a conoscenza che le elezioni comunali e
regionali avvengono ogni 5 anni, ma che soprattutto sono indette con calendari non coincidenti. La conseguenza è che il Senato,
camperà come una porta girevole per il continuo via vai di senatori part-time deposti,
per scadenza del mandato, e nuovi senatori part-time in sostituzione. In
pratica, cioè, durante una legislatura in Senato si avvicenderanno non 95
senatori part-time ma molti di più, con pregiudizio ulteriore alla già problematica
efficacia e qualità dei lavori.
Per concludere, credo che non solo la
riforma costituzionale rappresenti una mina vagante per la democrazia del
nostro Paese, ma evidenzi quanto abborracciata ed approssimativa sia stata la
sua elaborazione.
Mancano 63 giorni al 4 dicembre e non
mancherà né il tempo né l’occasione per commentare
le balle 5, 6 … etc.