Poco più di un mese fa la Corte d’Appello di Roma ha rigettato,
con sentenza, il ricorso di Berlusconi contro il quotidiano La Repubblica per
le “10 domande 10” che il giornale formulò a proposito degli scandali a sfondo
sessuale che coinvolgevano il signore di Arcore.
È significativo che motivando il rigetto i giudici abbiano
affermato che “in presenza
dell’interesse pubblico alla conoscenza di determinati fatti è lecito, anzi
doveroso, che un giornalista rivolga domande e pubblichi notizie”.
Come rimpiango quei tempi in cui nel nostro Paese c’erano
ancora giornalisti liberi, non timorosi di rivolgere domande anche scomode
perfino ad un capo del governo !
Oggi invece, dopo poco più di 2700 giorni dalla
pubblicazione su La Repubblica di quelle 10 domande, avverto la amara
sensazione che i giornalisti, almeno gran parte di loro, si siano appisolati sui
cuscini del servilismo.
Mi sembra, cioè, che abbiano smarrita la facoltà “lecita, anzi doverosa” di porre domande al potente di turno, e preferiscano
pendere condiscendenti dalle sue labbra.
Sarà solo una mia impressione ma oggi, come non mai, al
presidente del consiglio ed ai suoi ministri mi sembra che sia concesso di dire
pubblicamente qualsiasi cosa, falsità e panzane comprese, senza che un
giornalista, almeno uno, si svegli dal torpore che spegne il suo cervello ed azzardi
almeno una domanda.
In questi giorni, ad esempio, mi piacerebbe essere
rassicurato da un vero giornalista che, senza vincoli di partito, dimostri di
essere così libero da porre in primis al presidente del consiglio, ed
eventualmente come riserva al ministro Boschi, alcune domande che crucciano me,
ma credo anche un certo numero di italiani chiamati ad esprimere un voto, il 4
dicembre, sulla riforma costituzionale.
Sono talmente ansioso di avere delle risposte che mi
permetto persino di suggerire una dozzina di domande.
1. Una riforma costituzionale approvata dal
Parlamento grazie solo al reiterato ricorso a voti di fiducia in
totale spregio delle opposizioni, non è di per sé già un atto antidemocratico
?
2. Premesso il primo punto mi piacerebbe comunque
sapere, ad esempio: se l’Art. 70 della riforma prescrive che “Ogni disegno di legge approvato dalla
Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato” che può “deliberare proposte di modificazione del testo” perché i referendari asseriscono che la riforma sopprimerebbe
la navetta delle leggi tra le due camere ?
3. Attribuire il potere assoluto ed esclusivo
di legiferare ad una sola Camera composta, grazie all’Italicum, dal 54% di
deputati, nominati e scelti dal capo del governo, non è la premessa per una
deriva autoritaria ?
4. Al di là del giudizio di costituzionalità
che compete alla Consulta, dopo aver abolito il Senato elettivo a chi compete
il compito di emendare eventuali errori, omissioni, lacune delle leggi
approvate dalla sola Camera dei deputati ?
5. È accettabile e democraticamente corretto
che il presunto “statuto delle opposizioni”, previsto dall’Art. 64, riscritto
dalla riforma, sia definito ed approvato dalla Camera dei deputati la cui
maggioranza del 54% è asservita al capo del governo ?
6. Perché la riformista Maria Elena Boschi si
ostina nell’asserire che la riforma produrrà 500 milioni di risparmi quando la
Ragioneria dello Stato ha quantificato in 8,7 milioni il risparmio per la
cancellazione del CNEL ed in 49 milioni quello relativo alla eliminazione dei
315 senatori eletti “a suffragio
universale e diretto dagli elettori”? Forse che il ministro riformista non sappia neppure
far di conto ?
7. Che senso ha la costituzione del tanto celebrato
Senato delle Autonomie se poi l’Art. 117 modificato dispone che il governo, a
suo insindacabile giudizio, avvalendosi della clausola di supremazia possa avocare
a sé e legiferare su materie di competenza delle autonomie locali ?
8. Se il nuovo Art. 57, comma 2, della riforma
dispone che i futuribili senatori
part-time siano eletti dai Consigli regionali e dai Consigli delle Province
autonome non è abusivo ed incostituzionale definirli parlamentari, dal momento
che gli Art. 56 e 58 della Costituzione, quella autentica ed in vigore, riconoscono
come parlamentare solo chi sia eletto “a suffragio universale e diretto dagli elettori” ?
9. Se i senatori part-time non sono
parlamentari perché concedere loro il beneficio della immunità parlamentare ?
10. La ingiustificata ed arbitraria immunità proteggerebbe
i senatori part-time, sindaci e consiglieri regionali, anche se fossero
indiziati, come amministratori locali, di corruzione, malaffare, abuso
d’ufficio, collusione con la criminalità, etc. ?
11. Quando l’Art. 71, modificato dalla riforma,
eleva da 50.000 a 150.000, cioè di tre volte, il quorum di firme necessarie per
la presentazione delle proposte di legge di iniziativa popolare, ha lo scopo di
frapporre ostacoli alla partecipazione dei cittadini alla determinazione delle
politiche pubbliche, tanto per non disturbare l’uomo solo al comando ?
12. Quando il nuovo Art. 75 della riforma
aumenta da 500.000 ad 800.000 il quorum di firme necessarie, per proporre
referendum popolari, l’obiettivo è ancora quello di rendere più difficoltosa la
partecipazione dei cittadini alla vita democratica ?
Per
concludere mi domando: senza plausibili e dettagliate risposte a queste, come
ad altre domande provocate dalle troppe perplessità che genera questa riforma,
come potrebbe un elettore, sano di mente e nel pieno possesso delle sue facoltà
mentali, recarsi alle urne il 4 dicembre e votare “SI” ?
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