martedì 17 settembre 2013

Barbarie e morte nelle arene

È innegabile che, di fronte all’uso di armi chimiche contro la popolazione inerme, la mattanza dei tori in arene spagnole, portoghesi, messicane, ecuadoregne, per il sollazzo di aficionados e turisti, possa apparire solo una manifestazione del tutto trascurabile di malvagità e di barbarie.
Negli anni in cui ho vissuto in Spagna, mi è bastato assistere ad una sola corrida, nell’arena di Barcelona, per rendermi conto che si trattasse di una farsa, pur se spietata e raccapricciante, dalla quale emerge non il coraggio del torero ma la brutalità umana per debilitare la forza e l’irruenza del toro, in modo da renderlo inoffensivo.
Confesso di aver fatto un tifo sfegatato per i tori, con la palese disapprovazione degli amici spagnoli.
Per alcune ore ho sperato che almeno un toro incornasse il suo torero … ma sono rimasto deluso.
Credo di poter affermare che le nuove generazioni spagnole si mostrino meno attirate dalle corride e dai loro rituali, a differenza dei loro genitori e nonni che vivono la tauromachia come il mantenimento di una tradizione secolare che affonda le radici, delle lotte con i tori, nelle antiche usanze greche, etrusche e romane.
Appunto, è la voglia di far rivivere le tradizioni che induce, ancora oggi negli anni duemila, molti esseri umani ad agire con crudeltà verso gli esseri animali.
È lo stesso avvilente richiamo alla tradizione che ho ritrovato nelle parole del sindaco di Asti, Fabrizio Brignolo: “Il Palio di Asti si corre dal 1200 e si correrà anche in futuro. Non abbiamo mai pensato di annullarlo.”
Eppure, domenica, sotto gli occhi di migliaia di adulti e bambini, che assistevano al Palio di Asti, un cavallo di cinque anni è stramazzato al suolo dopo essersi rotto l’osso del collo.
Il suo fantino, maldestro, lo ha spronato contro il canapo, ancora teso, facendolo cappottare rovinosamente.
Una scena impressionante!
Lo shock per gli astanti è stato così forte che gli organizzatori si sono visti costretti a sospendere la manifestazione.
Né al sindaco né al comitato organizzatore è passato per la mente, però, di cancellare il Palio definitivamente e per sempre, come sarebbe stato auspicabile.
Infatti, sindaco ed organizzatori si sono limitati a rinviare il tutto di sole ventiquattro ore.
Eppure, anni fa, era il 1997, sempre ad Asti gli spettatori del Palio avevano visto morire un cavallo, tragicamente trafitto da una delle staccionate di legno che delimitavano la pista.
In Italia esistono altri spettacoli le cui origini si rifanno alla tradizione storica.
Ad esempio il Palio di Siena che, dal 1970 al 2007, ha provocata la morte di 48 cavalli, tra morti sulla pista ed abbattuti dopo, in seguito alle ferite riportate.
Ma il palio come la corrida continua a sopravvivere anche e soprattutto perché rappresenta un vero e proprio business.
Attraggono turisti, affollano alberghi e ristoranti, promuovono il mercato di gadget e souvenir.
E se il business prospera sul sacrificio di animali, vittime della insensibilità e del disinteresse generale, non sembra scuotere la coscienza di molti.
Eppure, nel nostro Paese si svolgono moltissimi eventi che riescono a far rivivere le tradizioni senza il bisogno di vittime sacrificali.
La giostra del saracino di Arezzo, il calcio storico di Firenze, la regata storica di Amalfi, la battaglia di Marengo ad Alessandria, la partita a scacchi di Marostica, solo per citare alcuni esempi.
Manifestazioni che rinnovano le tradizioni, attirano il turismo, costituiscono opportunità di business per il territorio.         
È possibile sperare che in questo terzo millennio oltre a bandire ogni forma di guerra, oltre a sconfiggere la fame nel mondo, oltre a cassare la vivisezione, la specie umana impari il rispetto per ogni specie animale?


1 commento:

Anonimo ha detto...

... comunque noi con i nostri vari Palio non siamo così lontani dalla mattanza delle corride spagnole ... mi auguro che quanto prima si smetta di lucrare sulla morte degli animali !!! ho visto anch'io la scena tremenda di Asti e mi ha impressionato non poco nutrendo una "rabbia" nei confronti del fantino inesperto: