Anche questo mese ISTAT ci illumina con il suo rapporto
“Economia e Lavoro” dal quale
risulterebbe che il tasso di disoccupazione ad ottobre sia sceso al 11,5%, vale
a dire al valore minimo degli ultimi tre anni.
Nella struggente attesa di leggere il tweet con cui
Matteo Renzi, con toni raggianti, si pavoneggerà e si attribuirà il merito di
questo risultato, ripenso agli arguti versi con cui Trilussa rispondeva alla domanda:
“Sai ched’è la statistica ?”.
Imponendomi la massima concentrazione riesco perfino a
ricordare alcuni versi:
“Me spiego: da li conti
che se fanno
seconno le statistiche
d’adesso
risurta che te tocca un
pollo all’anno:
e, se nun entra nelle
spese tue,
t’entra ne la statistica
lo stesso
perch’è c’è un antro che
ne magna due”.
Come saggiamente evidenziava Trilussa un dato statistico
può distorcere la realtà.
Bisogna, perciò, accostarlo, quando possibile, ad altri
indicatori che ne possano addirittura influenzare il significato.
Ecco perché sono cauto nel prestare fede a quel 11,5% del
tasso di disoccupazione senza averlo dapprima comparato con altri indicatori contenuti nel rapporto ISTAT.
Infatti, ad esempio, rilevo che nello stesso mese di
ottobre il numero degli occupati, rispetto a settembre, si sia ridotto di 39.000
unità.
Perbacco! Com’è possibile che la disoccupazione sia
diminuita, se nello stesso periodo si è ridotto anche il numero di coloro che
lavorano ?
Secondo logica, infatti, al diminuire degli occupati si
dovrebbe rilevare un aumento della disoccupazione.
L’osservazione sembrerebbe ineccepibile!
Sennonché nelle statistiche ISTAT ogni mese intervengono
dinamiche che cambiano, di fatto, le basi di calcolo.
Così nel mese di ottobre, per esempio, ha inciso il fatto
che 32.000 soggetti disoccupati hanno rinunciato a cercare un posto di lavoro, perché
delusi e frustrati, diventando per ISTAT “inattivi”, cioè, ex-disoccupati e
quindi esclusi dalla base statistica (NdR: negli ultimi 12 mesi sono ben 196.000
i disoccupati che hanno desistito dal cercare un lavoro!).
Perciò in ottobre il tasso di disoccupazione è diminuito ma
non perché sia aumentato il numero di occupati (NdR: occupazione che,
anzi, come si è visto si è ridotto di 39.000 unità), bensì solo perché 32.000 disoccupati, per
lo più giovani, si sono rassegnati a non cercare più un lavoro.
Mi domando: qualche giornalista avrà il coraggio e gli
attributi per spiegarlo a Renzi quando gonfiandosi il petto si incenserà, davanti
ai microfoni, asserendo che grazie a lui la disoccupazione sta diminuendo?
A conferma ulteriore, però, che ogni dato statistico vada
preso con le molle interviene un altro indicatore riportato nel rapporto ISTAT.
Il PIL del terzo trimestre 2015 (NdR:
luglio-settembre) è aumentato dello 0,2% rispetto al secondo
trimestre.
Vero ! Solo che a determinare, in parte, questo risultato
hanno contribuito però le quattro giornate lavorative in più rispetto al
trimestre precedente, giornate il cui apporto è stato decisivo per conseguire quel
+0,2%.
Proprio le incertezze, che continuano a contrassegnare il
trend del PIL, hanno indotto ISTAT a rivedere nel rapporto di oggi la previsione a fine 2015, riducendo
ad un possibile stentato +0,8% l’indice che, fino allo scorso mese, era ancorato
ad un +0,9%.
Insomma, è la riprova di quanto sia imprudente abboccare
alle sparate con cui i nostri governanti, strumentalizzando i dati statistici, cerchino
di portare l’acqua al loro mulino, soprattutto all’avvicinarsi di tornate
elettorali.
È
provato, infatti, che ogni dato statistico per sua natura dica sempre e solo
una mezza verità ... quella che fa comodo.
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