domenica 29 novembre 2015

Poletti, meglio se parroco di campagna

Non so perché ma ogni volta che mi capita di vedere in TV Giuliano Poletti, non posso fare a meno di immaginarmelo con indosso un consunto abito talare, circondato da anziani parrocchiani in una sperduta chiesetta delle valli di Comacchio.
Invece, purtroppo per noi, lui è nientepopodimeno che il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali dell’attuale governo.
Nulla di scandaloso, sennonché negli ultimi tempi per non essere da meno del suo boss Renzi, l’indefesso battutista, anche Poletti ha deciso di cimentarsi nel fare battute su temi sociali e del lavoro, temi però che ignora o, quantomeno, conosce solo per sentito dire.
Basta scorrere il suo curriculum, infatti, per apprendere che una volta conseguito il diploma di perito agrario il suo percorso professionale si è concretizzato soltanto attraverso incarichi di amministratore comunale e provinciale, fino a presiedere, per evidenti meriti politici, la Legacoop di Emilia e Romagna.
Insomma non è fuori luogo affermare che la poltrona di Ministro del Lavoro sia occupata oggi da un signore che non ha lavorato neppure un’ora in una fabbrica o in un ufficio, e che non avendo mai vissuto lo status di dipendente di una impresa, manifatturiera o del terziario, ne ignora le problematiche.
Con queste premesse è facile comprendere come mai il Ministro Poletti inciampi troppo spesso in divagazioni senza senso ed inspiegabili.
Così nei giorni scorsi si è rivolto ai giovani, universitari di oggi e di domani, suggerendo: “Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21 anni. Così un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare”.
È chiaro, in primo luogo, che Poletti ignori che, oltre alle cosiddette lauree brevi, ci siano corsi di laurea di durata maggiore che prevedono anche anni di specializzazione per poter accedere alla professione.
Non solo, ma come non sorridere alle parole “dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare”.
Poletti sembra essere all’oscuro che, secondo ISTAT, il tasso di disoccupazione giovanile, riferito a giovani di età compresa tra i 15 ed i 24 anni, superi il 44%.
Cioè, proprio la fascia di età in cui rientrerebbero quei giovani che si sono laureati a 21 anni, con qualsiasi voto, per “arrivare”.
Ma arrivare dove ?
Possibile che al Ministro del Lavoro sfugga che i giovani ci sono e sono impazienti di lavorare ma è il lavoro che non c’è ?
Pur di sorprenderci con un’altra delle sue amenità il battutista Poletti, dopo aver spronati i giovani con le sue perle di saggezza, ha cambiato argomento ed ha affermato: “Dovremmo immaginare contratti che non abbiano come riferimento l’ora-lavoro”.
E qui la sua incompetenza, del mondo del lavoro e delle variegate esigenze che lo attraversano, viene a galla in modo macroscopico.
Probabilmente, ospite di qualche convegno, Poletti, tra una dormitina e l’altra, deve aver captato che i convenuti stavano parlando di una attività, a lui sconosciuta: il cosiddetto “telelavoro” che, in effetti, non può essere misurato con il parametro “ora-lavoro”.
Il pacioso parroco di campagna che intravedo in Poletti, prima di sparare cavolate si sarebbe umilmente informato su cosa sia il “telelavoro”.
Invece no, lui è il Ministro del Lavoro e perdindirindina perché non approfittarne per buttar lì un’altra corbelleria ?
Il guaio è che Poletti, così estraneo al mondo delle imprese e del lavoro, ignora, ad esempio, che la “ora-lavoro” è indispensabile, prima di tutto, per organizzare le attività di una fabbrica o di un supermarket.
Da ciò consegue (NdR: ma forse lui non lo sa) che i lavoratori occupati prestano la loro opera in funzione di una organizzazione che prevede turni di lavoro, orari di apertura dei punti vendita, durate di accesso ai servizi, etc..
Diverso sarebbe stato se Poletti avesse affermato che i contratti dovrebbero prevedere retribuzioni più articolate e premianti per “ora-lavoro” in funzione dei diversi comparti e delle loro tipicità.
Ma tant’è, sarebbe troppo pretendere questo da un Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del governo Renzi. 

Nessun commento: