domenica 9 marzo 2014

8 marzo … con le “mimose” di Renzi

Non so quanta voglia abbiano di celebrare la loro festa i milioni di donne che infoltiscono le file dei disoccupati, dei precari, dei cassintegrati, e perché no, degli indigenti, vittime della crisi, ma non solo.
Non so, neppure, come possano festeggiare le migliaia e migliaia di donne violate ed umiliate, ogni giorno, dalla brutalità degli uomini, dentro e fuori le mura domestiche.
Dal 1° gennaio ad oggi, 8 marzo, già 18 femminicidi !
Un vero dramma nazionale.
In questo Paese, ancora impregnato di un ottuso ed anacronistico maschilismo, sempre pronto alla discriminazione, se fossi una donna rifiuterei l’omaggio farisaico della mimosa.
È triste, ma non certo casuale, se il Parlamento italiano, proprio in questi giorni, dibatta perfino se riconoscere o no, alle donne, la cosiddetta “parità di genere”.    
C’è solo da sperare che alla fine prevalga il buon senso, anche se creano sconcerto le vergognose ed offensive parole pronunciate da Renato Brunetta.
Già, perché a detta di questo fallocrate da comica, con la “parità di genere” si premierebbero le donne “ubbidienti, o peggio”.
Ora, che proprio Renato Brunetta, servile fino al midollo, bolli come “ubbidienti” le donne, è una fregnaccia da premio oscar.
Ad assecondare, però, queste schermaglie senza senso sulla “parità di genere”, in realtà è una legge elettorale oscena, ed ambigue sono le modalità con cui essa è nata e viene gestita.
Scritta di suo pugno da Silvio Berlusconi, la legge elettorale è stata rifilata a Matteo Renzi, al Nazareno, perché la condividesse, senza però apportare nessuna variazione, e la imponesse alla direzione del PD.
Da diligente soldatino Matteo Renzi ha eseguiti gli ordini e così, dopo alcuni rinvii, la legge è arrivata alla Camera per una finta discussione, contingentata nei tempi e preclusa ad ogni modifica perché se no … “salta tutto”.
Tra le molte oscenità la legge ripropone, per la elezione dei parlamentari, le liste bloccate di candidati, nonostante la Consulta, nel bocciare il porcellum, abbia censurato il disconoscimento, agli elettori, del loro diritto di scegliere i propri rappresentanti.
In Italia, lo si sa, i capobastone vogliono essere liberi di scegliere servi e cortigiani di loro gradimento, lasciando ai cittadini solo l’onere di mantenere un Parlamento di nominati.
Siccome, però, nelle liste bloccate il posizionamento dei candidati ne determina la probabilità di essere eletti, più che a ragione da parte delle parlamentari, viene sollevato il problema della “parità di genere”.
La richiesta, legittima, è di alternare, nelle liste, i candidati dei due sessi, così da offrire sia ai candidati uomini che alle candidate donne le stesse opportunità.
In Parlamento, ad opporsi alla “parità di genere” sono ottusi maschilisti che, di fatto, vorrebbero negare il principio giuridico delle pari opportunità.
Probabilmente molti di loro, per bieco tornaconto politico, oggi però sono nelle piazze ad offrire mimose alle donne.
Comunque la domanda è: si disincaglierà questo impasse lunedì, quando il Parlamento tornerà a riunirsi ?
La risposta a questa domanda, in tutto il Paese la possiede una sola persona che con il suo pollice, verso od all’insù, deciderà il destino della “parità di genere”.
Napolitano ? Grasso ? Boldrini ? Renzi ? …. ?
Ma nemmeno per sogno !
In grado di sbloccare la situazione è solo lui, un individuo che, pur non ricoprendo alcun ruolo istituzionale, pur essendo un pregiudicato in attesa degli arresti domiciliari, è il solo che ancora può condizionare i lavori parlamentari.
È sconcertante, ma il Parlamento italiano pende dalle labbra di Silvio Berlusconi per sapere se approvare, o meno, la “parità di genere”.
Una situazione paradossale, una umiliazione per la democrazia parlamentare !
Purtroppo, non era difficile prevedere che, alla fine, il lavorio compiuto da Matteo Renzi per la riesumazione di Berlusconi, si rivelasse un vergognoso capolavoro di ambiguità, menzogne, ipocrisie, ciarlatanerie.
Il guaio vero, però, è che siamo solo agli inizi !!!

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