sabato 8 marzo 2014

Matteo Renzi nel rancidume politico

All’inizio si era presentato sul palcoscenico atteggiandosi a rottamatore per cambiare il vecchiume della politica.
Dopo decenni di indignazione per le nefandezze di ogni genere, commesse nei palazzi del potere, molti italiani avevano sperato che Matteo Renzi fosse davvero il messia del rinnovamento, cioè colui in grado di fare dell’Italia un paese normale.
È stato sufficiente, però, che alle narici di Renzi salissero i primi effluvi del potere perché, inebriato, riponesse i propositi di cambiamento nelle cantine del palazzo.
Così, da un giorno all’altro per Renzi l’inciucio è diventato prassi politica, il confronto democratico un orpello di cui fare a meno, l’etica è ridotta a slogan da usare solo alla Leopolda, il Manuale Cencelli è la norma perfetta per dispensare poltrone, e via dicendo.
Percezione esagerata e troppo severa ?
Forse che non puzzi di inciucio, la nuova legge elettorale concertata nel chiuso di una stanza tra Renzi e Berlusconi ?
E non è, forse, negazione del confronto democratico la decisione di blindare la legge elettorale, imponendo al Parlamento di votarla così com’è … altrimenti “salta tutto” ?
E nella formazione della compagine di governo non è evidente, a tutti, che i ministri siano stati scelti non in base alle loro capacità e competenze, ma piuttosto con la formula algebrico-deterministica del “Manuale Cencelli” ?
Sciaguratamente, anche le ingenue speranze di rinnovamento morale della classe politica sono state frustrate due settimane dopo la fiducia accordata, al governo, dal Parlamento.
Eppure, Renzi sembrava attento allo sconforto disperato degli italiani che, ogni giorno, vengono a sapere, dalla Magistratura, dell’uso illecito del denaro pubblico che fanno i politici nelle amministrazioni locali.
Dopo che a gennaio c’era stato il rinvio a giudizio per peculato del presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, e di 39 consiglieri, è di queste ore la notizia che la Procura di Milano si appresti a chiudere l’indagine su “accattopoli” ed a chiedere il rinvio a giudizio di 64 consiglieri ed ex consiglieri della Regione Lombardia.
Sono solo gli ultimi casi della sequela di politici che, pur beneficiando di stipendi mensili di 10.000 euro a carico della collettività, sono stati pizzicati a far man bassa di soldi pubblici per spese a dir poco atipiche: dal gratta e vinci alle mutande verdi, dal cappuccino e brioche ai fuochi d’artificio, dalle cartucce da caccia a salumi e formaggi, dai cioccolatini ai conti del gommista, dalla nutella alle libagioni nei pub, dai fasulli diplomi di laurea ai gioielli, e così via.
Per questo gli italiani si sarebbero attesi, da Matteo Renzi, che le sue scelte fossero caratterizzate da segnali di risanamento dei costumi almeno nel suo governo, ad esempio attorniandosi di individui al di sopra di ogni sospetto.
Invece, anche nella scelta dei sottosegretari sembra che Renzi abbia volutamente ignorato l’impegno moralizzatore assunto nella campagna per le primarie PD.
Così, anche il rinnovamento etico è finito affossato dal rancidume politico al quale Renzi si è prontamente conformato.
Ora, anche se è verosimile che sia difficile individuare politici “puliti” nella folta schiera di pregiudicati, condannati, rinviati a giudizio, indagati, tuttavia era ragionevole attendersi maggiore oculatezza da Matteo Renzi.
Invece, a sottosegretari del Governo Renzi, sono stati nominati quattro personaggi che, alla luce dei fatti, di certo non possono essere al di sopra di ogni sospetto.
È il caso dell’eurodeputata Francesca Barracciu che è stata nominata sottosegretaria al Ministero dei beni culturali, nonostante, in Sardegna, sia indagata come consigliera regionale per aver utilizzati ad uso personale i fondi pubblici del suo gruppo.
Così come il senatore Filippo Bubbico, confermato vice ministro degli interni, anche se sulla sua testa penda il rinvio a giudizio per abuso di ufficio.
Sottosegretario al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, invece, è stato nominato il deputato Umberto Del Basso De Caro, indagato in Campania per peculato ed uso privatistico dei fondi per il funzionamento dei gruppi regionali
Infine, a sottosegretario del Ministero della salute è assurto Vito De Filippo, già agli arresti domiciliari come presidente della Regione Basilicata, perché indagato per peculato nell’utilizzo dei rimorsi ai gruppi regionali.
A lasciare perplessi non è tanto lo spiccato attaccamento alle poltrone di questi quattro soggetti che, ovviamente, si rifiutano di rassegnare le dimissioni, ma piuttosto l’atteggiamento del Presidente del Consiglio, Renzi, il quale non solo non rimuove dal loro incarico questi sottosegretari, ma anzi li protegge, facendosi beffe del proclamato rinnovamento etico della politica.

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