Intervistato
oggi da Massimo Giannini, su Radio Capital, il capogruppo uscente di Forza
Italia, Renato Brunetta, si è richiamato al “partito della nazione”,
fantasticato dal forse ex-segretario del PD, per manifestare il suo
compiacimento qualora in un “centrodestra allargato” si formasse l’accoppiata
Berlusconi – Renzi.
Le parole di Brunetta mi hanno richiamato alla memoria il post che pubblicai su questo blog il 7 novembre 2015: “Un machiavellico da Rignano sull’Arno”.
Le parole di Brunetta mi hanno richiamato alla memoria il post che pubblicai su questo blog il 7 novembre 2015: “Un machiavellico da Rignano sull’Arno”.
Rileggendolo
non ho potuto fare a meno di sorridere perché già oltre due anni fa sembrava chiaro
che tra gli inconfessabili accordi del Nazareno (18 gennaio 2014) ci fosse
soprattutto il diabolico disegno di demolire a poco a poco il Partito
Democratico fino alla sua estinzione.
Anzi,
butterei là che questo perfido piano possa essere stato concepito fin dal 6
dicembre 2010 quando, a sorpresa, il sindaco di Firenze Matteo Renzi si recò ad
Arcore, sede non istituzionale, per una visita informale a colui che era il padre-padrone di Forza Italia e Presidente del Consiglio in
carica.
Fatto sta
che, mentre in queste ore, dopo la disfatta elettorale, al Nazareno va in scena
la resa dei conti tra i vertici DEM … con
Renzi convitato di pietra, mi sembra simpatico rileggere quel post.
Solo agli sprovveduti elettori del PD, ed ai loro intorpiditi
rappresentanti in Parlamento, è sfuggito che il loro partito sia stato spinto
sul viale del tramonto fin dal 18 gennaio 2014.
Quando, in quel freddo sabato di gennaio, Matteo Renzi ha invitato al
Nazareno, per l’ora del tè, il già pregiudicato signore di Arcore, all’ordine
del giorno più che il patto per le riforme, da dare in pasto a media creduloni
e di regime, c’era la road map per
demolire a poco a poco il partito democratico fino alla sua definitiva
putrefazione.
La messinscena del patto del Nazareno serviva solo ad evitare che a
qualcuno potessero nascere dubbi sui veri intenti di quel insolito tête-à-tête,
dubbi che avrebbero messi a rischio non solo modalità e tempi della road
map, ma la sua stessa praticabilità.
Innanzitutto, se fosse trapelato che i due machiavellici si erano
accordati per azzerare l’attuale PD e traghettare i soli renziani fedelissimi,
cioè quelli della “Leopolda”, in una nuova formazione politica (NdR:
“partito della Nazione”?), la sollevazione, anche
della base, sarebbe stata tale da ipotizzare perfino l’impeachment del
neo-segretario Renzi.
Non solo, ma neppure il Capo dello Stato Napolitano, per quanto
imprevedibile ed ambiguo, si sarebbe prestato ad essere loro complice ed il
responsabile del siluramento di Enrico Letta e della successiva ascesa di Renzi
a Palazzo Chigi.
Ecco perché, da quel giorno in poi, abbiamo assistito ad atti e modi di
agire, in apparenza incomprensibili, mirati da un lato a creare squarci tra gli
organi direttivi del PD e, dall’altro, ad assecondare scelte politiche che non
alienassero le simpatie del popolo di destra.
La frottola della rottura del “patto del Nazareno”, le astiose ripetute
stroncature di Brunetta, i voti forzisti in soccorso nei più difficili passaggi
parlamentari, la protesi creata da Verdini e dai suoi seguaci, il
riavvicinamento di Berlusconi a Salvini, e così via, non sono altro che cortine
fumogene create dalla regia per dar modo alla road map di
completare in sordina il suo percorso.
Probabilmente, Renzi e Berlusconi, entrambi sostenitori del bipolarismo,
avevano immaginato di scoprire le carte solo quando, dissolto il PD, fosse nata
una alternativa a sinistra alla quale contrapporsi nelle urne e sconfiggerla.
A rompere le uova nel paniere, però, sono intervenute le indicazioni di
tutti i sondaggisti che, una volta tanto non in disaccordo tra loro, da
settimane evidenziano che, ormai, il M5S accresce con continuità i suoi
consensi anche a spese del PD.
A mettere una grande strizza al machiavellico di Rignano sull’Arno ed al
suo sodale di Arcore è stata, però, la presa d’atto che il M5S, in caso di
ballottaggio, nella prossima primavera vincerebbe le elezioni comunali a Roma.
La vittoria del M5S, infatti, butterebbe all'aria il progetto di
bipolarismo che i due avevano immaginato quel giorno al Nazareno.
Come fare per impedire che ciò accada ?
Semplicemente accelerando i tempi della road map, come
sembrano rivelare, con simulata ingenuità, le parole di un ministro del governo
Renzi, Beatrice Lorenzin ospite del Corsera, che ha dichiarato: “PD,
NCD e Forza Italia potrebbero appoggiare Alfio Marchini (NdR:
che intende presentarsi con una propria lista).
Sennò vincerebbe il M5S !”.
Cioè, se ho ben capito, l’obiettivo politico di PD, NCD e Forza Italia
non sarebbe quello di risollevare la Capitale da anni di malgoverno, mafia e
malaffare, ma semplicemente quello di sconfiggere il M5S ?
Allora voilà !
Signore e signori il piatto è servito, ecco a voi le miserie del
programma politico del nuovo “Partito della Nazione” !
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