mercoledì 14 marzo 2018

Tra Porcellum e Rosatellum ... che match

Sono trascorsi oramai dieci giorni dal election day del 4 marzo e l’incertezza regna sovrana sul come e quando il nostro Paese potrà avere un nuovo governo, qualunque esso sia.
Uno stato di incertezza facilmente prevedibile già il 3 novembre 2017 quando sulla Gazzetta Ufficiale fu pubblicato il disdicevole pastrocchio della legge n. 165, meglio nota come Rosatellum.
Qualsiasi persona di buon senso, in quei giorni, avrebbe dovuto porsi alcune domande di fondo.
1.     Il padre putativo del Rosatellum, vale a dire il capogruppo PD alla Camera Ettore Rosato, era nel pieno delle sue capacità di intendere quando elaborò quel testo ?
2.     E se lo era, a quali perversi diktat dovette ubbidire ?
3.     Come mai Paolo Gentiloni ed il suo governo non si resero conto degli obbrobri contenuti in quella legge ed imposero il voto di fiducia al Parlamento pur di farla approvare ?
4.     Ed infine, possibile che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non abbia intuita neppure lui la avventatezza del Rosatellum per rimandarlo alle Camere con le sue osservazioni, invece di promulgarlo sic et simpliciter ? Tra l’altro Sergio Mattarella, nel dicembre 2014 come giudice costituzionale aveva contribuito a dichiarare incostituzionale l’altro capolavoro di legge elettorale, il Porcellum.
Mentre alla quarta ed ultima domanda ritengo praticamente impossibile trovare una qualsiasi risposta convincente, mi sembra possibile invece  intravvedere un fil rouge non casuale tra le prime tre domande.
Un fil rouge che ha un nome e cognome, quello di Matteo Renzi, indiscusso referente di Rosato, fedelissimo renziano, e chiara mente ispiratrice di Gentiloni che ha sempre gestito il governo in nome e per conto di.
A questo punto è inevitabile domandarsi cosa abbia a che vedere Renzi con il Rosatellum.
Ebbene, dopo che la Consulta aveva dichiarati costituzionalmente illegittimi sia il Porcellum che l’Italicum, approssimandosi la fine della XVII Legislatura e la conseguente chiamata degli elettori alle urne, il governo non poteva esimersi dal dare prontamente al Paese una nuova legge elettorale.
Però, sulle scrivanie di Matteo Renzi, segretario PD, e di Silvio Berlusconi, presidente di FI anche se ineleggibile perché pregiudicato, continuavano ad accatastarsi sondaggi che mostravano il consolidamento e la crescita di due formazioni politiche, il M5S e la Lega, considerate troppo pericolose dai due capibastone per non arginarle in qualche modo.
Era necessario, cioè, predisporre una legge elettorale che da un lato impedisse a M5S e Lega di avvicinarsi troppo a Palazzo Chigi, e dall’altro assecondasse la possibile nascita di un “governo della nazione” tra PD e FI.
Poiché il M5S, per vocazione, rifiutava qualsiasi apparentamento pre-elettorale, e poiché la Lega raccoglieva voti soprattutto nelle regioni del Nord, la nuova legge elettorale avrebbe dovuto relegare queste due formazioni a ruoli politici marginali contrapponendo loro due cartelli elettorali di peso, quelli di CSX e CDX.
Inglobare la Lega nel cartello di CDX per Berlusconi sarebbe stato un gioco da ragazzi, mentre il M5S sarebbe rimasto solo ed emarginato.
Su questi diktat Ettore Rosato si mise al lavoro partorendo il Rosatellum che fu approvato a larga maggioranza, con voto di fiducia, da PD, FI e Lega.
Il 4 marzo, però, gli italiani con il loro voto hanno demolito il castello di sabbia del Rosatellum e hanno reso fin troppo chiaro che:
1.     vincitori inequivocabili sono risultati il M5S e la Lega;
2.     PD e FI sono usciti dalla competizione elettorale con la coda tra le gambe;
3.     la magnificata “coalizione di CDX” non era altro che un dozzinale cartello elettorale come dimostrano le incompatibilità politiche che continuano ad emergere ogni giorno tra FI, Lega e FdI.
Questa ingarbugliata situazione passa ora sul tavolo di Sergio Mattarella che, credo, avrà modo di  pentirsi per non aver stoppato il Rosatellum quando ne avrebbe avuto la possibilità e soprattutto il potere.

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