Dato che da molte ore, a commento della decisione di Berlusconi di fare un passo
indietro, i rappresentanti del PdL usano con insistenza la
parola “generosità”, mi è venuto il
dubbio di non conoscere più la lingua italiana.
Con questo timore mi sono affrettato a consultare il
dizionario “Le Monnier” dove, a pag.
841, ho trovata questa definizione:
“Generosità s.f. - 1. Nobiltà d’animo che comporta il
sacrificio dell’interesse o della soddisfazione personale di fronte al bene
altrui – 2. Larghezza nel ricompensare, o nel donare”.
Rassicurato sulla mia conoscenza della lingua italiana, non ho potuto fare a
meno di sorridere.
Infatti, se riferita al "Berlusconi Papi” (come si faceva chiamare nell’intimità),
mi sembra che sia del tutto azzeccata la parola “generosità” se in bocca a Noemi, a Ruby, a Nicole Minetti ed alle innumerevoli “olgettine”, che hanno goduto, loro si,
di munifiche ricompense e donazioni.
Se, invece, la parola “generosità” la si usa con riferimento al “Berlusconi
politico”, beh... mi sembra che sia pronunciata davvero fuori posto.
Non nego che, nel 1994, Berlusconi sia sceso in campo “per amore”, solo dopo, però, che il suo padrino politico, Bettino Craxi, era stato messo fuori gioco da "mani pulite".
Per questo è forte il dubbio che a spronarlo non sia stato l’amore per l’Italia,
come lui ci propina da anni, bensì l’amore per le sue aziende e, soprattutto,
per se stesso.
Alla prova dei fatti l’ha dimostrato, non solo con le
numerose “leggi ad personam” e “ad usum Mediaset”, ma anche servendosi dell’immunità
parlamentare tutte le volte che, dai suoi armadi, saltava fuori qualche
scheletro.
Peraltro, neppure oggi Berlusconi intende rinunziare all’immunità, pur
facendo il proclamato passo indietro.
Ed allora, perché ha atteso così tanto tempo prima di scrivere
(o far scrivere da altri) la lettera
testamento con la quale rinuncia a candidarsi ancora una volta come premier ?
Sono convinto che la chiave di lettura vada ricercata
proprio in questi interminabili mesi di suspense, durante i quali ha tenuto con
il fiato in sospeso Alfano e tutti i maggiorenti del PdL.
Il fatto è che Berlusconi, ha dovuto assistere impotente al
tracollo del PdL, al susseguirsi di vergognosi scandali commessi dai pidiellini,
al collasso delle regioni Lazio e Lombardia, al declino della sua personale popolarità.
Ha anche assistito a come il suo fedele alleato e
compagno di merende, Umberto Bossi, sia stato sfrattato, in malo modo, dalla
scena politica.
Da vero combattente, prima di dare forfait, Berlusconi
si è preso un po’ di tempo per cercare il modo di risorgere.
In un primo momento, ha ipotizzato di sostituire il PdL
con una federazione di liste civiche, poi ha immaginato di riesumare “Forza
Italia” per buttare fuori gli ex AN, infine ha valutata l’ipotesi di una “lista di imprenditori”, che però i
sondaggisti gli avrebbero accreditato solo del 5/6%.
Nel prendere atto, quindi, che tutte le ipotesi sul tappeto sarebbero state inutili per ottenere il successo, Berlusconi si è reso conto che, con la candidatura a premier, avrebbe
corso il serio rischio di giocarsi la faccia con una clamorosa debacle
elettorale, e questo, per lui, era inaccettabile; uscire
sconfitto dalle urne avrebbe significato azzerare la sua patina di “uomo di successo”.
Ed allora che ti fa Berlusconi, con maliziosa furberia ?
Mette mano alla lettera testamento e, tra le righe, ci infila
il tacito invito ad Angelino Alfano di prendere in mano il PdL; un invito che, sotto sotto, assomiglia molto
al titolo di un vecchio film di Giorgio Capitani: “vai avanti tu che a me vien da ridere” !
Per prima cosa è lecito domandarsi: dove
sta la “generosità” se la scelta è stata quella di
mollare, nelle mani di Alfano, la patata bollente di una disfatta preannunciata
?
E poi, non sarà che Berlusconi sia certo, in cuor suo, di poter continuare, comunque, a fare il burattinaio per manovrare, a suo piacimento, le marionette del PdL,
senza correre alcun rischio ?