Alle
ore 10:35 di mercoledì 14 gennaio 2015 Giorgio Napolitano, uomo di parola, ha
rassegnate le dimissioni da Presidente della Repubblica.
Daniela
Santanchè, con la consueta insipienza politica che la contraddistingue, si è
detta soddisfatta delle dimissioni del Capo dello Stato, motivando la sua felicità
con il fatto che Napolitano non solo non aveva difeso Berlusconi dalla
Magistratura, ma una volta condannato non gli aveva neppure concessa la grazia.
Basterebbero
già solo le parole della Santanchè perché gli italiani, senza se e senza ma,
fossero grati a Giorgio Napolitano per non aver riabilitato sulla scena
politica il pregiudicato Berlusconi.
Anche Beppe
Grillo, guitto e ciarlatano, si è detto raggiante, ma con la logorroica insensatezza
del suo blaterare non ha spiegate le ragioni di tanta contentezza.
Fatto
sta che da oggi prenderà il via ufficialmente il gran prix del Colle.
Al momento
ai nastri di partenza si va allineando un sempre più improbabile gruppo di
ronzini, sponsorizzati in ordine sparso da questo o da quello.
Credo,
però, che il nuovo Capo dello Stato non uscirà da questo irreale schieramento.
Scrutando,
infatti, le tessere dell’ambiguo mosaico che va prendendo forma in questi
giorni sembra sempre più evidente che il nome del futuro inquilino del
Quirinale sia già scritto nei patti della “tresca
del Nazareno”.
Un
inciucio che, proprio per l’elezione del Capo dello Stato, si sarebbe rinnovato
in un incontro segreto che Renzi avrebbe avuto con Berlusconi il 19 dicembre,
pochi giorni prima di Natale.
D’altra
parte da settimane l’inquilino di Palazzo Grazioli non perde occasione per
ricordare che la scelta del Presidente della Repubblica rientra tra i patti della
tresca.
Perciò
non si può escludere che proprio nell’incontro prenatalizio i due maneggioni si
siano accordati sul profilo del candidato e, forse, anche ne abbiano individuato
il nome.
Questo
spiegherebbe, ad esempio, perché Matteo Renzi in questi giorni immagini il
candidato alla Presidenza della Repubblica come “un grande arbitro che aiuterà il Paese a crescere, custode e garante
dell’unità”.
Perché,
però, non cita mai uno dei requisiti fondamentali che dovrebbe avere il Capo
dello Stato, cioè quello di essere il garante della Costituzione ?
Forse
perché lui ed il pregiudicato hanno deciso che il nuovo inquilino del Colle si dovrà
girare dall’altra parte per lasciare che Renzi governi a suo piacimento senza
rispettare la Costituzione.
D’altra
parte è proprio quello che avrebbe voluto fare Berlusconi se sulla sua strada non
avesse incontrati prima Scalfaro, poi Ciampi ed infine Napolitano.
Ma, se
Renzi pensa ad un Presidente della Repubblica “arbitro”, sprovvisto di cartellini gialli e rossi, e “garante dell’unità”, Berlusconi prosegue
affermando che dovrebbe essere anche “disposto
ad ascoltare”.
“Disposto ad ascoltare”… cosa vorrà mai dire ?
Vuoi
vedere che i due compagnoni pensano ad un Capo dello Stato che, sottoposto al
supplizio delle trite e ritrite fandonie sulla “persecuzione giudiziaria” del pregiudicato di Arcore, si intenerisca
e congetturi un qualche atto di clemenza
atipica per “ridargli agibilità politica”
?
E’
questo uno dei tanti patti segreti della “tresca
del Nazareno” ?
Solo
così si potrebbe spiegare perché Renzi e Berlusconi sponsorizzino la
candidatura di Veltroni “l’africano” (NdR: detto “l’africano”
perché promise di ritirarsi in Africa se fosse stato sconfitto alle elezioni
del 2008. Ebbene, perse le elezioni ma … ).
Ma perché
Veltroni ?
Perché
Walter Veltroni per la sua congenita incertezza, potrebbe servirsi della leggendaria
sua logica del “si … ma anche”.
Veltroni,
cioè, potrebbe sostenere, ad esempio, che Berlusconi è sì il pregiudicato, condannato
dalla Cassazione per frode allo Stato, ma
è anche il padre padrone di un partito politico per cui …
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