Ci sono cento ed uno buoni motivi per rimanere costernati
davanti a quello che è accaduto a Roma, giovedì, in occasione del funerale del
noto boss malavitoso Vittorio Casamonica.
Una cerimonia funebre che il clan ha trasformata in uno
show per dimostrare quanto grande sia stato, sulla Capitale e non solo, il
potere di quello zingaro abruzzese, arrivato a Roma negli anni ’70, che la DIA accredita
oggi di un patrimonio personale di oltre un miliardo di euro, frutto di usura e
traffico di droga.
Carro funebre trainato da sei cavalli neri con pennacchi,
un elicottero che, sorvolando a bassa quota il corteo, ha lanciati petali di
rosa, una banda musicale che ha accompagnato il feretro eseguendo le musiche di
Nino Rota scritte per il film “Il Padrino”,
la facciata della Basilica di San Giovanni Bosco tappezzata con due maxi poster,
effigianti il boss vestito di bianco papale con il crocefisso al collo, sormontati
dalla scritta “Hai conquistato Roma, ora
conquista il Paradiso”.
Ometto di commentare il conformismo delle reazioni
politiche e delle polemiche scatenate nelle ore successive.
Da uomo della strada, però, non posso fare a meno di riflettere
sull’accaduto e pormi qualche domanda.
Innanzitutto trovo incredibile che sia stato possibile
organizzare uno spettacolo così imponente senza che Comune, vigilanza urbana, forze
dell’ordine ne siano stati informati o, perlomeno, ne siano venuti a
conoscenza.
È incredibile, in particolare, che all’oscuro di quanto
il clan stava organizzando fosse proprio la DIA (NdR: Direzione
Investigativa Antimafia) che
dovrebbe monitorare giorno e notte le attività non solo dei boss mafiosi ma
anche dei loro affiliati.
Ma, ad insinuare un ulteriore tarlo sui livelli di
sicurezza concorre anche ENAC, cioè l’ente preposto al controllo dell’aviazione
civile, che ha dichiarato: “non è stata
data alcuna autorizzazione al volo od al sorvolo della città di Roma” all’elicottero
privato che ha fatto piovere i petali di rose.
Di male in peggio, cioè senza autorizzazione un aereo od
un elicottero privato può sorvolare le nostre città ?
Vale a dire, se alla cloche di quell’elicottero, invece
del pilota napoletano (NdR: per il quale oggi ENAC ha disposta la
sospensione cautelativa della licenza), ci fosse stato un terrorista dell’Isis ed
invece di petali di rose avesse fatto piovere bombe sulla città, sarebbe stato
da considerare un accidente inevitabile ?
Ma non solo le Istituzioni, anche la Chiesa ha fatta la
sua bella figuraccia assecondando questo pomposo funerale, e non solo don
Giancarlo Manieri, parroco della Basilica di San Giovanni Bosco.
Don Manieri, dal canto suo, non può raccontare la fregnaccia
di non essersi accorto dei maxi post e manifesti che coprivano tutta la facciata
della Basilica, facciata sulla quale di solito è ostensa l’effigie di Don Bosco.
Eppure quei maxi poster erano lì da ore in bella mostra.
Il Vicario di Roma, invece, non può ignorare che la
Basilica di San Giovanni Bosco ebbe già l’onore delle cronache, nel 1990,
quando vi si celebrò il servizio funebre per Enrico De Pedis, spietato e
violento boss della famigerata banda della Magliana.
Quello stesso De Pedris le cui spoglie, inspiegabilmente,
furono tumulate poi in Sant’Apollinare, chiesa che da sempre accoglie solo le sepolture
di Papi e grandi benefattori.
Una vicenda, quella di oggi, a dir poco inquietante alla
luce di quanto già accadde nel 1990.
Non solo ma il Vicario di Roma giustifica la condotta di
don Manieri affermando che “il servizio
funebre non lo si può negare ad un cristiano”.
Eppure fu proprio il Vicariato di Roma che, nel 2006, nella
stessa Basilica di San Giovanni Bosco negò i funerali di Piergiorgio Welby solo
perché, malato terminale di Sla, aveva chiesto ai sanitari di staccare la
spina.
Ora
mi domando: anche Welby era un cristiano, però aveva la colpa di non
essere mafioso e questo per il Vicariato di Roma fu forse una macchia intollerabile
?
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