Devo confessare che, almeno durante il suo primo
settennato, mi era sembrato che Giorgio Napolitano avesse adempiuto al suo
mandato di Capo dello Stato con equilibrio, guadagnandosi popolarità ed una apprezzabile
fiducia da parte degli italiani.
Anche se, tuttavia, alcuni suoi modi di agire, troppo
invasivi e non del tutto lineari, avevano caratterizzato il biennio 2011/2012.
Quando, però, nel 2013 Giorgio Napolitano ha deciso di
accettare il secondo mandato ho pensato che con quella scelta stava rischiando
di gettare alle ortiche la immagine tutto sommato positiva che si era costruita
nei primi sette anni.
Da quel momento, perciò, da comune cittadino ho seguito
l’operato di Giorgio Napolitano con minore condiscendenza e con maggiore spirito
critico.
Forse per questo l’idea che fino ad allora mi ero fatta
di quel Presidente della Repubblica si è sbiadita a poco a poco ed ha assunte venature
sempre più grigie sulla misura e sull’equilibrio di alcune sue scelte e modi di
fare.
Ad esempio, non ho compreso perché di fronte alle dimissioni
di Enrico Letta da Palazzo Chigi, dimissioni chiaramente provocate da una infame
macchinazione, il Capo dello Stato non
abbia ritenuto suo dovere indire nuove elezioni politiche ma, per la seconda
volta nel giro di due anni, abbia deciso di affidare il governo del Paese di
nuovo ad un soggetto non eletto dal Popolo sovrano.
Dopo due anni, comunque, Napolitano ha deciso di porre
fine al secondo mandato per rientrare come senatore a vita a Palazzo Madama.
In questi giorni, però, Napolitano è tornato a far
parlare di sè pronunciando parole inopportune, ancor più perché uscite dalla
bocca di un Presidente emerito della Repubblica.
Infatti, a proposito del referendum sulle trivelle, che
si svolgerà tra poche ore, Napolitano si è spinto ad affermare: “Non andare a
votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”.
Ora, a parte il fatto che definire “inconsistente” il
referendum mi sembra superficiale ed irrispettoso nei confronti della Corte
Costituzionale, che lo ha dichiarato ammissibile, mi domando anche da che
pulpito venga oggi l’invito all’astensionismo.
Ricordo perfettamente, e farebbe meglio a ricordarselo
anche il Presidente emerito, che quando lui era inquilino del Quirinale aveva
stigmatizzato in più occasioni l’astensionismo degli elettori affermando,
credevo lo dicesse con convinzione, che l’esercizio del voto è un dovere civico al quale
ogni cittadino non può e non dovrebbe sottrarsi.
L’allora Capo dello Stato, d'altra parte, non faceva altro che
richiamarsi all’Art. 48 della Carta Costituzionale alla quale aveva solennemente giurato fedeltà e leale
osservanza.
Per questo mi domando: ma è mai possibile che oggi, solo
allo scopo di tenere bordone a Matteo Renzi, Napolitano propagandi e
giustifichi l’astensionismo senza provare vergogna ?
Vorrei sperare che si sia trattato solo di uno sconsiderato
scivolone nel quale è incorso colui che noi italiani dovremmo rispettare e
ricordare come un Presidente emerito della Repubblica fedele e
leale difensore della Costituzione Italiana.
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