sabato 16 aprile 2016

Parole avventate di un Presidente emerito

Devo confessare che, almeno durante il suo primo settennato, mi era sembrato che Giorgio Napolitano avesse adempiuto al suo mandato di Capo dello Stato con equilibrio, guadagnandosi popolarità ed una apprezzabile fiducia da parte degli italiani.
Anche se, tuttavia, alcuni suoi modi di agire, troppo invasivi e non del tutto lineari, avevano caratterizzato il biennio 2011/2012.
Quando, però, nel 2013 Giorgio Napolitano ha deciso di accettare il secondo mandato ho pensato che con quella scelta stava rischiando di gettare alle ortiche la immagine tutto sommato positiva che si era costruita nei primi sette anni.
Da quel momento, perciò, da comune cittadino ho seguito l’operato di Giorgio Napolitano con minore condiscendenza e con maggiore spirito critico.
Forse per questo l’idea che fino ad allora mi ero fatta di quel Presidente della Repubblica si è sbiadita a poco a poco ed ha assunte venature sempre più grigie sulla misura e sull’equilibrio di alcune sue scelte e modi di fare.
Ad esempio, non ho compreso perché di fronte alle dimissioni di Enrico Letta da Palazzo Chigi, dimissioni chiaramente provocate da una infame macchinazione, il Capo dello Stato non abbia ritenuto suo dovere indire nuove elezioni politiche ma, per la seconda volta nel giro di due anni, abbia deciso di affidare il governo del Paese di nuovo ad un soggetto non eletto dal Popolo sovrano.
Dopo due anni, comunque, Napolitano ha deciso di porre fine al secondo mandato per rientrare come senatore a vita a Palazzo Madama.
In questi giorni, però, Napolitano è tornato a far parlare di sè pronunciando parole inopportune, ancor più perché uscite dalla bocca di un Presidente emerito della Repubblica.
Infatti, a proposito del referendum sulle trivelle, che si svolgerà tra poche ore, Napolitano si è spinto ad affermare: “Non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”.
Ora, a parte il fatto che definire “inconsistente” il referendum mi sembra superficiale ed irrispettoso nei confronti della Corte Costituzionale, che lo ha dichiarato ammissibile, mi domando anche da che pulpito venga oggi l’invito all’astensionismo.
Ricordo perfettamente, e farebbe meglio a ricordarselo anche il Presidente emerito, che quando lui era inquilino del Quirinale aveva stigmatizzato in più occasioni l’astensionismo degli elettori affermando, credevo lo dicesse con convinzione, che l’esercizio del voto è un dovere civico al quale ogni cittadino non può e non dovrebbe sottrarsi.
L’allora Capo dello Stato, d'altra parte, non faceva altro che richiamarsi all’Art. 48 della Carta Costituzionale alla quale aveva solennemente giurato fedeltà e leale osservanza.
Per questo mi domando: ma è mai possibile che oggi, solo allo scopo di tenere bordone a Matteo Renzi, Napolitano propagandi e giustifichi l’astensionismo senza provare vergogna ?
Vorrei sperare che si sia trattato solo di uno sconsiderato scivolone nel quale è incorso colui che noi italiani dovremmo rispettare e ricordare come un Presidente emerito della Repubblica fedele e leale difensore della Costituzione Italiana.  

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