Sarà forse perché mancano ancora cinque mesi al
referendum day.
Sarà forse perché la insistente minaccia di dimissioni,
da parte di Renzi e Boschi in caso di successo dei “no” al referendum, mi ricorda
il “chi non beve con me peste lo colga” di Amedeo Nazzari nella Cena delle
Beffe.
Sarà forse perché puzza di feticismo l’accanimento con
cui Matteo Renzi e Maria Elena Boschi si incaponiscono nel decantare i pregi di
una riforma costituzionale farlocca.
Sarà forse perché nei confronti di chi non condivide la
riforma i renziani usano solo un becero battutismo condito con insulti.
Sarà forse perché, almeno fino ad oggi, assisto alla
colonizzazione della TV pubblica da parte degli ultras della riforma, senza che
sia dato spazio ad un civile confronto sui suoi contenuti.
Fatto sta che a me, comune cittadino, da un lato incominciano
a girare vorticosamente gli zebedei e
dall’altro appare sempre più angosciante la prospettiva che nei prossimi cinque
mesi passino in secondo ordine i veri ed indifferibili problemi del Paese, dalla
disoccupazione alla propagazione della povertà , dalla insaziabilità del fisco
alle pensioni da fame, dalla corruzione imperversante ai disastri naturali e
non.
Ritengo irresponsabile immolare i bisogni reali
dell’Italia sull’altare di un feticcio, la riforma del Senato, per puntellarlo
con menzogne e malafede.
Già, perché c’è molta ipocrisia nel magnificare una
riforma costituzionale che nasconde fini inconfessati perché dispotici.
Ad esempio è falso che la riforma cancelli il
bicameralismo, perché comunque il Senato continuerà ad esistere, anche se svuotato
del potere legislativo, indegnamente affollato da senatori che non saranno più
eletti dal Popolo sovrano.
Perciò, poiché Palazzo Madama non chiuderà i battenti, è
una menzogna continuare ad affermare che la riforma taglierà i costi del Senato.
Infatti, dato e non concesso che i futuri senatori non
percepiranno né indennità, né diaria, né spese per lo svolgimento del loro mandato,
nella migliore delle ipotesi il risparmio si concretizzerebbe in 79 milioni e
401 mila euro, cioè l’ammontare che il bilancio di previsione 2016 ha inserito
per il mantenimento dei senatori.
Continueranno, invece, a gravare sulle casse dello Stato:
121 milioni e 280 mila euro per il personale di ruolo e non, in forza al Senato,
235 milioni e 795 mila euro per vitalizi, pensioni dirette e di reversibilità,
oltre a circa 100 milioni per spese di cerimoniale, comunicazione
istituzionale, servizi di ristorazione, manutenzioni, cancelleria, servizi
informatici, ed ammennicoli vari.
A questo punto anche la casalinga di Voghera, fatti due
conti, concluderebbe che, anche dopo la riforma, il Senato costerà almeno 457
milioni di euro.
Domanda: ma la sacerdotessa del feticcio riforma, Maria
Elena Boschi, sa far di conto ?
Quindi, è credibile che si stia sollevando un tale polverone
solo per risparmiare 79 milioni e 401 mila euro, cioè il costo dei senatori
eletti dal Popolo ?
Evidentemente no, il disegno inconfessato deve essere ben
altro !
Ad esempio, con il combinato disposto della riforma del
Senato e della nuova legge elettorale, l’Italicum, Renzi vuole dare un calcio
alla democrazia partecipativa negando al Popolo Sovrano il diritto di eleggere i
propri rappresentanti sia alla Camera che al Senato.
Infatti, con una Camera costituita da deputati scelti e
nominati dai capibastone dei partiti, ed un Senato trasformato in vacanze
romane per amministratori locali, scelti e nominati anch’essi dai capibastone,
sarà vita facile per il despota di turno disporre del potere a suo piacimento,
senza contrappesi e senza che
l’opposizione abbia più voce in capitolo.
La pletora di voti di fiducia ai quali è ricorso Renzi in
questi due anni di premierato rappresentano l’avvisaglia del come il ducetto di
Rignano intenda governare.
Domani, con parlamentari scelti e nominati da lui tutto
sarà più semplice.
Stiamo per vivere, sotto i nostri occhi, lo stupro della
democrazia immaginata e voluta dai Padri costituenti.
E concludo scompisciandomi per le risa nel ripensare a
queste parole che Matteo Renzi ha avuta la faccia tosta di pronunciare, a
Bergamo,nel dare il via alla campagna per il si al referendum costituzionale:
“Se non passa (NdR: il
referendum) il Paese va
all’ingovernabilità. Accadrà il paradiso terrestre degli inciuci”.
Una
affermazione kafkiana, paradossale ed allucinante, pronunciata proprio da
colui, Matteo Renzi, che è noto per essere il padre del più infame ed ignobile inciucio della storia repubblicana, il “Patto
del Nazareno”, con l’avallo di un Capo dello Stato sul viale del tramonto non
solo anagrafico.
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