Che paese strano l’Italia !
Sui media hanno fatto più rumore le parole, innegabilmente
sferzanti, con le quali Diego Della Valle ha criticato Sergio Marchionne e John
Elkann, che non le dichiarazioni, di sicuro più gravi e minacciose, della
Direzione FIAT sul “non futuro di
Fabbrica Italia”.
Eppure, a pensarci bene, da una parte ci sono solo
espressioni di critica, mentre dall’altra si mette a repentaglio il futuro
occupazionale di decine di migliaia di lavoratori.
Probabilmente Diego Della Valle, prontamente bacchettato
da Luca di Montezemolo, voleva togliersi qualche sassolino dalle scarpe (ovviamente Tod’s !)
ma, a pensarci bene, non ha poi dette cose
insensate.
Ora c’è da aspettarsi che Luca di Montezemolo tiri le
orecchie anche a Cesare Romiti che i problemi del Lingotto li conosce bene,
molto bene, e che con Marchionne non è stato più benevolo di Della Valle.
D’altra parte, solo individui distratti e sprovveduti non
si sarebbero resi conto della inesperienza di Sergio Marchionne nel gestire le non
semplici problematiche di una composita realtà industriale, come hanno rimarcato
sia lo “sfogo” di Della Valle che il
commento di Romiti.
Sarebbe bastato, infatti, dare un'occhiata al curriculum del
manager italo-canadese per comprendere che si tratta sicuramente di un raffinato
specialista in strategie finanziarie, però inesperto di gestioni industriali.
Infatti, è esclusivamente alla gestione in chiave finanziaria
del Gruppo Fiat che Marchionne si è dedicato, con abilità e competenza, fin dai
primi giorni del suo insediamento.
Lo stesso matrimonio FIAT – Chrysler è stato il frutto di
una intelligente strategia finanziaria ma chiaramente priva di requisiti per lo
sviluppo industriale della FIAT.
Non c’è da sorprendersi, quindi, se in una prospettiva
unicamente finanziaria, il cordone ombelicale che collega gli impianti ai
territori ha finito per perdere ogni rilevanza, sacrificando professionalità ed
indotto.
Una curiosità: l’acquisizione del primo 20% di azioni
Chrysler è stato possibile solo concedendo in cambio know how e tecnologie
FIAT, che facevano gola ai vertici americani.
E’ ragionevole ipotizzare, perciò, che qualora al posto di
Marchionne ci fosse stato un “manager con
background industriale”, proprio facendo tesoro di così apprezzati know how
e tecnologie, sarebbe stato possibile rilanciare l’azienda su scala
internazionale, senza sacrificare impianti e posti di lavoro.
Questa opportunità Marchionne non l’ha mai presa in
considerazione impegnato, com’era, sulla realizzazione della sua strategia
finanziaria.
Dal 2004 (anno della
sua nomina ad Amministratore Delegato del Gruppo Fiat)
ad oggi, salvo il restyling di alcune vetture,
l’unica vera novità partorita dai progettisti FIAT è stata la “Nuova 500” prodotta, peraltro, non in
Italia ma nello stabilimento serbo di Kragujevac ed in Messico, grazie ad
ingenti investimenti.
Negli stessi 8 anni, invece, le industrie europee,
concorrenti di Fiat, hanno sfornate decine di nuove vetture erodendo
progressivamente quote di mercato ai marchi FIAT che solo negli ultimi 12 mesi
sono scesi, in Europa, dal 7,5% al 6,4% !
Ed oggi, dopo un lungo tergiversare di piani industriali
annunciati ma mai presentati, fulmine a ciel sereno arriva l’anticipazione che
il progetto tanto decantato di “Fabbrica Italia” non
sia più attuale.
Non so se l’avvocato Gianni Agnelli si stia rivoltando nella tomba, però
è certo che questo preannunziato tradimento della FIAT, che negli anni ha
ottenuto dallo Stato italiano tutto ciò che ha voluto, costituisce un duro cazzotto in
faccia a tutti gli italiani e non soltanto a Diego Della Valle e Cesare Romiti.
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