Nel corso della trasmissione televisiva “8 e mezzo”, condotta
su LA7 da Lilli Gruber, commentando la lettera, sibillina e dai toni
ricattatori, che Valter Lavitola avrebbe scritto a Berlusconi (senza spedirla?), Gianfranco Fini, in modo lapidario, ha affermato : “Berlusconi è un corruttore”.
Una reazione per lo meno sconcertante e tardiva, anche se giustificabile
sul piano umano.
La lettera, infatti, confermerebbe la falsità dei
documenti, relativi alla discussa casa di Montecarlo, utilizzati dal quotidiano,
di proprietà della famiglia Berlusconi, per coprire di fango Fini.
Ma l’affermazione risulta sconcertante e tardiva perché,
per oltre 15 anni e fino al 22 aprile 2010, prima con AN e poi con la
confluenza di AN nel PdL, Fini ha sostenuti i governi Berlusconi dei quali è
stato anche ministro.
Fini ha votate tutte le “leggi ad personam”, permettendo così a Berlusconi di sottrarsi ai
processi che lo vedevano imputato, ha assistito, senza fiatare, al mercimonio
di senatori per far cadere il governo Prodi nel 2008, ha concesso che, con il
voto suo e dei suoi camerati, nel 2004 fosse approvata la scandalosa legge
Gasparri, a beneficio di Mediaset, e via dicendo.
Ora, non è credibile che un politico avveduto e di lunga
militanza, come Gianfranco Fini, non fosse al corrente e non avesse valutato il
curriculum etico del signor Berlusconi, prima di creare il sodalizio con lui.
Eppure non era un mistero per nessuno che Berlusconi fosse
stato iscritto dal 1978 alla P2 con la tessera n. 1816, che per il tramite di
Previti avesse corrotto, nel 1985, i giudici romani per ottenere la proprietà
della Mondadori, che della villa di Arcore fosse ospite, dal 1973, un certo Vittorio
Mangano, pluriomicida legato a Cosa Nostra, solo per citare alcune delle molte nefandezze.
Possibile che Gianfranco Fini ignorasse tutto ciò, oppure
è lecito supporre che abbia finto di non vedere e non sentire pur di procurare, per
sé e per i suoi camerati, ruoli di prestigio nei governi Berlusconi ?
Ma tornando alle 20 pagine della enigmatica lettera di
Lavitola, datata “Rio de Janeiro, 13
dicembre 2011”, scritta a Berlusconi ma che, di fatto, sarebbe sempre
rimasta nel computer di Carmelo Pintabona (in
manette dal 2 agosto 2012) ritengo possibile formulare qualche ipotesi.
La prima ipotesi è che la lettera, in bozza, sarebbe stata
bloccata proprio da Pintabona che, conoscendo bene Berlusconi, temeva che i contenuti
ne potessero provocare una reazione violenta ed imprevedibile.
La seconda ipotesi è che Lavitola, invece, abbia voluto stendere
un dettagliato promemoria di tutte le malefatte compiute per conto di
Berlusconi, prima di porre fine alla latitanza e costituirsi alla Magistratura
italiana.
Lavitola, affidando il promemoria nelle mani dell’amico e connivente
Pintabona, sperava di metterlo al sicuro, per ogni evenienza, e di sottrarlo
alla Magistratura.
È incomprensibile, difatti, perché Lavitola avrebbe avuto
bisogno di ricordare a Berlusconi l’elenco così dettagliato dei favori che gli
aveva fatti, dal mercimonio del senatore De Gregorio, ai documenti trafugati dalla
Procura di Santa Maria Capua Vetere per consegnarli a Mastella, dalla dissuasione del
senatore Dini, alla falsificazione dei documenti sulla casa di Montecarlo, etc.
A questo punto tocca solo alla Magistratura cercare i riscontri di tutti i
misfatti indicati nella lettera.
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