Da poche ore anche Sky ha fatta pervenire a Mediobanca
fomale manifestazione di interesse per la acquisizione di LA7.
Al momento, quindi, a 5 giorni dal termine fissato,
sarebbero ben 15 i competitors che hanno manifestato il loro interesse.
Per contro, e per fortuna, sembrerebbe scongiurato il pericolo che tra i pretendenti ci sia anche Mediaset, alla quale né Mediobanca
nè Telecom avrebbero fatta pervenire la documentazione (con i dati sensibili)
necessaria per formulare la proposta.
C’è solo da augurarsi che il passaggio di mano avvenga
scegliendo qualcuno che oltre a sapere come si fa televisione non abbia legami
d’affari o intese sottobanco con Silvio Berlusconi.
E’ auspicabile, infatti, che dal passaggio di proprietà di
LA7 non ne escano pregiudicati, ancora di più, la libertà e l'equilibrio nell’informazione
della televisione generalista italiana.
Con le sue quattro reti TV e con l’occupazione
delle poltrone RAI da parte di suoi staffieri, già oggi Berlusconi influenza e
controlla larga parte della comunicazione televisiva.
Paradossale è che in questo status di assoluto privilegio
il signore di Arcore si trovi grazie ad un singolare regalo fattogli non da qualcuno del PdL, bensì proprio da uno dei maggiorenti del PD, Massimo
D’Alema (detto “baffino” o “baffo di
ferro”).
Occorre andare indietro di qualche anno per comprendere
come mai Berlusconi e Mediaset siano e saranno sempre riconoscenti a questo
notabile del PD.
Era il 1997, Massimo D’Alema era Presidente della
Commissione bicamerale per le riforme istituzionali.
Nel mese di giugno del ’97, a casa di Gianni Letta, D’Alema
si incontrò a cena con Berlusconi, Fini e Marini per cercare una intesa sulle
riforme costituzionali.
In quella occasione, fonti degni di fede, mai smentite,
sostengono che D’Alema si sia impegnato con Berlusconi a bloccare l’iter della
legge sulla regolamentazione delle frequenze televisive, una legge che avrebbe
imposto a Mediaset di vendere Rete 4, depauperandone così il valore proprio nelle
settimane in cui stava per quotarsi in borsa.
Sta di fatto che Claudio Petruccioli, fedelissimo di
D’Alema e presidente della commissione che aveva in agenda la legge n. 1138,
non ne calendarizzò mai i lavori aspettando la fine della legislatura.
Sarà stato solo un caso, oppure il cosiddetto “patto della crostata”(*) aveva prodotti
i suoi effetti ?
Ma la gratitudine di Silvio per Massimo va ben oltre il “patto della crostata”.
Infatti, negli stessi anni, 1996 – 2000, durante il
governo di centro-sinistra, D’Alema, dapprima come presidente della Commissione
bilaterale e poi come come Presidente del Consiglio, fece in modo che la tanto auspicata
legge sul “conflitto di interessi”
procedesse così a rilento da non essere approvata prima della fine della
legislatura.
Le elezioni successive le vinse il centro-destra e,
naturalmente, della legge sul “conflitto
di interessi” da quel momento non se ne parlò più.
(*) Cosiddetto perché ai
commensali, come dessert, dalla signora Letta fu offerta una crostata di frutta.
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