sabato 10 ottobre 2015

Largo agli imbonitori

La vera sventura che tormenta l’Italia non è soltanto il succedersi a Palazzo Chigi di imbonitori, quanto piuttosto i milioni di italiani che si bevono tutte le panzane che propina loro il ciarlatano di turno.
Ad esempio, nel 2001, cioè cinque giorni prima delle elezioni politiche, nel boudoir televisivo di Porta a Porta fu organizzata una sceneggiata, con la connivenza del maggiordomo Bruno Vespa, per far sì che l’imbonitore di Arcore mettesse la propria firma in calce ad un “contratto con gli italiani” con il quale assumeva alcuni impegni solenni.
Garantì, ad esempio, di portare ad un milione di lire le pensioni minime, di esentare dalle tasse i redditi fino a 22 milioni di lire, di creare almeno un milione e mezzo di posti di lavoro, di sparpagliare sul territorio i “poliziotti di quartiere”, etc., etc., etc.
A siffatte favolette abboccarono 18 milioni di elettori e Berlusconi vinse le elezioni.
Superfluo ricordarlo, ma tutti gli impegni presi da Berlusconi si rivelarono bufale colossali.
Evidentemente, però, gli italiani sono felici e godono ad essere presi per i fondelli così, nel 2008, ancora una volta i recidivi 18 milioni di elettori abboccarono alle nuove panzane dell’imbonitore di Arcore, e gli fecero rivincere le elezioni.
Questa volta al punto “2” del contratto, edizione 2008, Berlusconi si impegnava a: “Tenere i conti in ordine senza aumentare nessuna imposta e nessuna aliquota e garantire la pace sociale destinando agli ammortizzatori sociali almeno 30 miliardi di euro”.
Poiché, però, dopo tre anni i conti pubblici stavano andando a ramengo, nell’agosto 2011 la BCE intervenne e dettò al governo italiano la road map per evitare che a Roma si precipitasse la Troika.
A quel punto, resosi conto della sua incapacità a rispettare la road map, Berlusconi rassegnò le dimissioni da presidente del consiglio e sgattaiolò via lasciando che a Palazzo Chigi si avvicendassero due effimeri premier, Mario Monti prima ed Enrico Letta poi, ai quali gli italiani non hanno mai perdonato la colpa di non essere degli imbonitori.
Si è giunti così agli inizi del 2014 quando, con un colpo di mano che avrebbe fatti arrossire perfino i Borgia, sulla poltrona di Palazzo Chigi si è insediato l’attuale presidente del consiglio, Matteo Renzi.
Renzi, formatosi politicamente tra stage ad Arcore e “bignami berlusconiani”, con intima goduria ha ripristinata la tradizione dei premier imbonitori e ridanciani, sostituendo barzellette e gag, tanto care a Berlusconi, con valanghe di tweet, riferimenti ornitologici, slogan ad effetto, banali e assurdi.
Ovviamente, per non essere da meno del suo maestro, da allora occupa studi televisivi e pagine di quotidiani per diffondere le smargiassate che gli ispira di volta in volta il suo delirio di potere.
È riuscito, ad esempio, a far credere a stuoli di allocchi che la illiberale legge elettorale così come la ambigua quanto inefficace riforma del senato servirebbero per rilanciare la agonizzante economia italiana.
Mentre all’estero sghignazzano, in Italia troppi grulli gli credono.
E che dire della balla secondo la quale la “riforma delle province”, fumosa e lacunosa, stia producendo la riduzione dei costi dell’apparato amministrativo, favorendo anche la più efficace gestione dei problemi del territorio ?
Da settimane Renzi si va pavoneggiando nelle piazze mediatiche, turlupinando gli italiani con la fandonia che dal 2016 la cancellazione dell’IMU sulla prima casa favorirà l’aumento dei consumi.
Si tratta di una fandonia stratosferica perché già dal 2014 l’IMU sulla prima casa la pagano solo i proprietari di immobili classificati come A/1, A/8 e A/9, cioè i proprietari di castelli, di palazzi artistici e storici, di ville, di attici e superattici di lusso.
Solo i gonzi o le persone in malafede possono credere, perciò, che la cancellazione dell’IMU favorirà persone bisognose che così miglioreranno il loro tenore di vita e potranno soddisfare i loro bisogni primari.
Il fatto è che nelle fiere paesane nessun ciarlatano confesserà mai l’inutilità delle miracolose pozioni che lui propone ai villici.
Perché attendersi, dunque, che Renzi abbia l’onestà di dirci, ad esempio, che il can-can che sta inscenando sulla riduzione del canone RAI gli serve solo per fare ammuina, come si direbbe a Napoli ?
Infatti, il canone RAI oggi deruba gli italiani 113,50 euro che, secondo il bluff renziano, si ridurrebbero a 100 euro quando saranno inseriti nella bolletta elettrica.
Renzi non dice, però, che sulle bollette elettriche per uso privato grava l’IVA del 10% per cui, a meno che non intervenga una legge ad hoc, agli italiani il canone RAI costerà 110 euro.
Già lo vedo il poveraccio con una pensione minima fare salti di gioia perché con i 3,50 euro risparmiati potrà finalmente cambiare vita !

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