Da quando l’Innominabile si è impossessato
di Palazzo Chigi hanno nuovo vigore i venticelli che spirano dai quadranti
della insincerità, della sfrontatezza e della smemorataggine.
Quando, ad esempio, nel febbraio 2012 l’allora
premier Mario Monti espresse il no definitivo alla candidatura di Roma per le
Olimpiadi 2020, furono in molti a condividerne la decisione (NdR:
i più convinti a manifestare la loro soddisfazione furono la Lega ed il PD, si
proprio quel PD che oggi baccaglia contro il "no") e nessuno si strappò le vesti in nome di un supposto danno
all’immagine ed al prestigio italico.
“Pensiamo non sarebbe coerente impegnare
l’Italia in questa avventura che potrebbe mettere a rischio i denari dei
contribuenti” dichiarò il
presidente del consiglio riferendosi, per esperienze recenti e passate, alla
incertezza sui reali costi dei progetti di manifestazioni sportive.
Erano i mesi in cui, lo ricordiamo tutti, per
riportare la nave Italia in linea di galleggiamento Monti metteva in atto
manovre lacrime e sangue delle quali gli italiani continuano a pagare lo scotto
ancora oggi.
Sono trascorsi quattro anni ed a dire no
alle Olimpiadi 2024, questa volta è la neo sindaco di Roma, Virginia Raggi.
Da poche settimane in Campidoglio la neo
sindaco è preoccupata innanzitutto dal come far fronte alle disastrate
condizioni della città, lasciatele in eredità dalle rovinose amministrazioni
capitoline di centrodestra, Alemanno, e di centro sinistra, Marino.
Situazioni, quelle sì, che gravano
negativamente sull’immagine di Roma e sul prestigio dell’Italia a livello
internazionale.
Peraltro, anche se sono trascorsi quattro
anni dal 2012 la situazione economica del Belpaese non è migliorata di molto.
Un dato per tutti: il debito pubblico è
passato dai 1.936 miliardi del febbraio 2012 ai 2.252 miliardi del luglio 2016,
con una crescita di 316 miliardi, di cui 163 miliardi solo nei 28 mesi di
governo dell’Innominabile.
Siccome sostenendo la candidatura alle
Olimpiadi lo Stato dovrebbe sottoscrivere una clausola con l’impegno, nei
confronti del CIO, a garantire la copertura finanziaria in caso di deficit o di
aumento dei costi previsti dalla macchina organizzativa, sarebbe incosciente scaricare
su figli e nipoti i rischi derivanti dalla megalomania di qualcuno.
Anche per questo è stupefacente ed
inquietante che, in prima fila, alfieri e paladini ostinati delle Olimpiadi
2024 siano proprio due personaggi che hanno già data prova di incapacità nella
gestione organizzativa ed economica di eventi sportivi.
Mi riferisco a Giovanni Malagò ed a Luca
Cordero di Montezemolo.
Il primo, ad esempio, è stato presidente
del comitato organizzativo dei mondiali di nuoto svolti a Roma nel 2009.
La candidatura di Roma ai mondiali di nuoto
aveva come fiore all’occhiello la immaginata Città dello Sport di Tor Vergata, su
progetto di Santiago Calatrava, che avrebbe dovuto essere il palcoscenico dei
mondiali e diventare un polo polisportivo con campus in cui ospitare atleti e
studenti universitari.
L’opera, autorizzata nel 2005, prevedeva un
investimento di 60 milioni che divennero già 120 al momento della assegnazione lavori.
Resisi conto, però, che la Città dello
Sport non sarebbe stata ultimata in tempo utile per ospitare la competizione
mondiale, nonostante fossero già stati spesi 250 milioni, in mancanza di
ulteriori fondi fu deciso di abbandonare il progetto.
Il risultato è che, a tutt’oggi dopo 18 anni, lo scheletro incompiuto della “vela
di Calatrava”, in avanzato stato di degrado, si erge monumento allo spreco del
denaro pubblico.
Nel contempo, resosi conto di non poter
utilizzare gli inesistenti impianti della Città dello Sport, il comitato
organizzativo presieduto da Malagò pretese altri 45 milioni per ristrutturare il
Foro Italico dove, alla fine, furono ospitati i mondiali di nuoto.
Per recuperare gli scheletri e completare
la realizzazione della Città dello Sport oggi viene ipotizzata una ulteriore
spesa di 600/900 milioni.
Domanda: da dove tirare fuori questo denaro
se non dalle tasche dei cittadini favoleggiando dei benefici e del prestigio
che l’Italia otterrebbe con le Olimpiade 2024 ?
Anche l’altro paladino delle Olimpiadi,
Luca Cordero di Montezemolo, sicuramente non ha data prova di capacità e rigore
nella organizzazione e gestione di eventi sportivi.
Nel 1986 nominato presidente del comitato
organizzativo dei campionati mondiali di calcio “Italia ‘90”, ha lasciato
dietro di sé opere inutili e monumenti allo spreco del denaro pubblico.
Qualche perla del presidente Montezemolo nella
gestione di “Italia 90”:
Ø
la
spesa complessiva di “Italia ‘90” fu di
oltre 7.200 miliardi di lire (NdR: pari a circa 3,8 miliardi di euro) con uno sforamento del budget pari all’85%;
Ø
per
fare fronte agli investimenti di “Italia ‘90” lo Stato (cioè
tutti noi) si
indebitò accendendo mutui che dovrebbero essersi estinti con la rata di 61,2
milioni di euro pagata nel 2014 (NdR: 24 anni dopo l’evento);
Ø
il “Delle
Alpi” di Torino, stadio definito “avveniristico” nei proclami di Montezemolo, costato
226 miliardi di lire, è stato demolito nel 2009 perché gli spalti erano stati realizzati
così lontani dal campo da rendere non godibile lo spettacolo agli spettatori, oltre
che per i continui ed eccessivi costi di manutenzione;
Ø
il progettato
grandioso hotel in Milano, a Ponte Lambro, costato 10 miliardi di lire, non è
stato mai ultimato e venne demolito nel 2002;
Ø
con il
pretesto dei tempi stretti per realizzare le opere, i lavori furono assegnati
senza gare di appalto con conseguenti ed inevitabili speculazioni e
sovrapprezzi.
Per “Italia ‘90” si potrebbe proseguire
nella elencazione di “sprechi
e dissipazione del denaro dei contribuenti” come sostenne l’onorevole De Luca proponendo una
inchiesta parlamentare.
Ora, è a questi due personaggi, dai quali
molti di noi non acquisterebbero neppure un’auto usata, che il premier si è
affidato per portare avanti la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024.
Una scelta kafkiana ancora prima che scriteriata
!
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