Inesperienza, di certo. Dilettantismo, evidente. Sventatezza,
innegabile. Autolesionismo, velato.
Osservando in questi mesi le attività del sindaco romano,
Virginia Raggi, mi sembra impossibile non ascriverne comportamenti, scelte e modi
di fare ad un cocktail delle pecche prima citate.
Si ha quasi l’impressione che ci sia un preciso impegno
del sindaco nel voler dimostrare ai cittadini, non solo romani, la incapacità
del M5S a gestire la cosa pubblica.
Di sicuro una ferita letale al sogno utopico di Gianroberto
Casaleggio e Beppe Grillo di proporre una alternativa ad una politica che da
anni infetta il nostro Belpaese, una politica autoreferenziale, arrogante,
corrotta, clientelare, che non disdegna la collusione con mafia, camorra e
ndrangheta.
Una politica che mette alla pari senza distinzioni tutti
i partiti traghettatisi con tracotanza dalla prima alla seconda repubblica.
Per questo all’apparire del M5S milioni di italiani hanno
creduto alla possibilità di un cambiamento, a tal punto da far sì che il M5S, alle
elezioni politiche 2013, risultasse il primo partito alla Camera con 8.689.168
voti.
Un successo impensabile che oggi sembrerebbe confermato
ancora dai risultati del referendum costituzionale.
Per questo sorprende la noncuranza con cui Beppe Grillo assista
da mesi al devastante cocktail con cui il sindaco Raggi sta fracassando la
credibilità del M5S, e non solo.
Di fronte a tanta incuria il primo sospetto interpretativo
è che Grillo sia del tutto incapace di prevenire e gestire gli ostacoli che fatalmente
si frappongono alla affermazione di un movimento sfuggitogli di mano proprio
per la ampiezza del successo già ottenuto.
Una incapacità resa ancora più pregiudizievole dalla mancanza
di una visione strategica e dalla ottusità con cui Grillo sembra non
comprendere che quello che poteva essere, all’inizio, un trastullo per poche
decine di internauti, in rete con il mantra “uno vale uno”, sia diventato oggi
il punto di riferimento per milioni di cittadini.
Credere, ad esempio, che poche decine di contatti in rete
siano rappresentative di milioni di elettori non è solo da sciocchi, ma conferma
la faciloneria con cui il M5S affronti non solo scelte e decisioni al suo
interno, ma ancor più grave le difficoltà del Paese.
Ho, però, un altro sospetto interpretativo ancora più sgradevole.
Il sospetto, cioè, che a Beppe Grillo del M5S ormai nun glie ne pò fregà de meno dal momento che il suo vero obiettivo, fin
dall’inizio, fosse non solo quello di scrollarsi di dosso un po’ della polvere
di oblio che appannava la sua immagine di comico, ma quello di dar vita ad una
lucrosa nuova attività fatta di introiti pubblicitari, vendita di libri,
rilancio della sua immagine e tour teatrali.
Pur non avendo mai votato per i cinque stelle, seguo da
anni con curiosità ed interesse le loro attività che a volte trovo perfino intriganti
e spassose.
Forse per questo non ho remore a criticare con serenità
quella che considero la strada dell’autolesionismo imboccata dal M5S da qualche
tempo a questa parte, non so se per scelta cosciente di Grillo, ma di certo nella
sua indifferenza.
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