Dopo due giorni e mezzo si è conclusa al
Quirinale la lunga maratona che ha visto il Capo dello Stato impegnato ad incontrare
le delegazioni di tutte le forze politiche, per il rituale giro di
consultazioni propedeutiche alla nomina di un nuovo governo.
Al Colle sono saliti, infatti, i portavoce di
partiti, movimenti, gruppi e gruppuscoli, acronimi e consorterie, a testimoniare la risibile frammentazione del Parlamento italiano.
Personalmente trovo inaudito ed
inconcepibile che il protocollo abbia imposto a Sergio Mattarella di ascoltare,
uno dopo l’altro, i delegati di:
1. Gruppo Misto del Senato
2. Gruppo Misto della Camera
3. Südtiroler Volkspartei
4. Minoranza linguistica della Valle d’Aosta
5. Alternativa Libera Possibile
6. UDC – componente del Gruppo Misto della
Camera
7. Unione Sudamericana Emigrati Italiani
(USEI-IDEA) – componente del Gruppo Misto della Camera
8. FARE-PRI – componenti del Gruppo Misto
della Camera
9. Movimento Partito Pensiero e Azione – componente
del Gruppo Misto della Camera
10. Partito Socialista Italiano (PSI) e
Liberali per l’Italia (PLI) - componenti del Gruppo Misto della Camera
11. Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale
(FDI)
12. Democrazia Solidale – Centro Democratico
(DeS-CD)
13. Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud –
Popolari per L’Italia – Moderati – Idea – Alternativa per l’Italia – Euro-Exit –
Movimento Politico Libertas)
14. Civici e Innovatori (CI)
15. Per le Autonomie (SVP – UV – PATT – UPT) e PSI
– MAIE – componenti del Gruppo Misto del Senato
16. Conservatori e Riformisti (CR) – componenti dei Gruppi Misti di Camera e
Senato
17. Lega Nord e Autonomie (LNA)
18. Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia
Libertà (SI-SEL)
19. ALA – Scelta Civica per la Costituente
Liberale– MAIE – componenti dei Gruppi Misti Camera e Senato
20. Area Popolare – NCD – Centristi per l’Italia
21. Forza Italia – Popolo della Libertà
22. Movimento 5 Stelle
23. Partito Democratico
Una miriade di partiti, movimenti, sigle e
consorterie, spesso sparuti, che se fossero
etichette di prodotti commestibili, non troverebbero posto tutti insieme neppure
sulle capienti gondole di un supermarket.
Invece, non solo trovano posto nel
Parlamento italiano ma riescono perfino a dettare i tempi del programma di lavoro
al Capo dello Stato.
Siffatta frammentazione è conseguenza della
ignobile faciloneria con cui parlamentari, eletti nelle liste di un partito, trasmigrano
verso altri lidi per meschini tornaconti o per patologica smania di personalismo.
Un cancro politico che potrà essere
estirpato solo quando una legge imporrà ai potenziali randagi di lasciare la
poltrona parlamentare nel momento stesso in cui tradissero gli elettori
abbandonando il partito con cui sono stati eletti.
La politica italiana, però, è afflitta purtroppo
anche da altri mali incurabili.
Ad esempio, il vizio dei governanti di
ingannare spudoratamente i cittadini vendendo per vere promesse e fandonie che
poi sono sconfessate sia dai fatti che dai loro stessi comportamenti.
Ma è cronico anche il male di ignorare con tracotanza
la volontà espressa dagli elettori con il voto.
La combinazione perversa di queste due abiezioni
del fare politica sta mettendo in imbarazzo, in queste ore, lo stesso Capo
dello Stato.
Infatti, dopo aver sbandierato ai quattro
venti, per mesi, la promessa di lasciare la politica se sconfitto nelle urne referendarie,
Renzi non solo si è prontamente rimangiata la parola data, ma pretende ora di
imporre al Capo dello Stato la continuità di quella stessa compagine
governativa che è stata bocciata, sette giorni fa, da oltre 19 milioni di
elettori.
Insomma,
Renzi vorrebbe un nuovo governo che se non è zuppa è pan bagnato.
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