Un gregge di pecore e caproni, stanziale tra Montecitorio
e Palazzo Madama, con non uno ma ben tre voti di fiducia il 6 maggio 2015 ha
approvata quella che, secondo le esaltazioni del suo capo branco, sarebbe stata la
più efficace e pregevole legge elettorale del pianeta, invidiata all’Italia da capi
di stato e di governo di mezzo mondo smaniosi perfino di copiarla.
Mi riferisco, chiaramente, all’Italicum, la legge
elettorale in odore di incostituzionalità, che per mesi ha sequestrato il
Parlamento distogliendolo dai veri problemi urgenti del Paese.
Una legge elettorale, tra l’altro, “dettata” al gregge
dal rignanese, così sicuro di stravincere il referendum costituzionale da non
avere neppure presa in considerazione nell’Italicum la elezione del Senato.
A rompere le uova nel paniere, però, sono arrivate da un
lato la poderosa sconfitta nelle urne della riforma costituzionale e, dall’altro la perfidia con cui i sondaggisti hanno dimostrato che quella pregevole legge
elettorale sarebbe stata un boomerang letale per le mire dispotiche del ducetto
rignanese.
Cosa rimaneva da fare, allora ?
Dapprima una fulminea piroetta per riconoscere, di punto
in bianco, che l’Italicum tutto sommato non fosse così ben fatto ma
perfettibile e modificabile.
Poi, un colpo di scena davanti alla assemblea generale del PD con
riesumazione della legge elettorale cosiddetta “mattarellum” che il gregge, belando, ha osannato anche questa volta.
Oltretutto con malizia, poiché il “mattarellum” ricorda
il Capo dello Stato e quindi non dovrebbe dispiacere al Colle.
Tutto ciò però ancora non bastava perché il rignanese,
che ha perse molte delle sue certezze di assoluto dominatore del Paese, paventa
che il risultato del referendum costituzionale spinga alle urne il Popolo
Sovrano.
Cosicché ha architettato di chiamare in soccorso un suo
antico sodale, Berlusconi, il quale, in brodo di giuggiole all’idea di ritornare
star della scena politica, sebbene a capo di una ormai sgangherata Forza
Italia, ha gonfiato il petto propagando ai quattro venti l’intenzione di essere
protagonista della nuova legge elettorale.
Entrambi, però, Berlusconi ed il rignanese, hanno bisogno
di mesi per riassettare le loro incerte e sbrindellate schiere e, perciò, per perdere
tempo hanno deciso di riprendere il confronto sulla legge elettorale solo dopo
che la Consulta si sarà espressa sull’Italicum.
Così trascorreranno inutilmente molte altre settimane
prima che venga dato inizio al prevedibile lungo iter di trattative, scaramucce,
inciuci, retromarce e pseudo intese, mentre il Paese, impaziente di andare alle
urne, sarà tenuto in ibernazione.
Agli
italiani, perciò, non resta che assistere impotenti alle traversie del governo,
il Renzi bis, ed ancora dei soliti ministri Boschi, Poletti, Alfano, Madia, Lotti,
Pinotti, Padoan, Delrio, Calenda, Martina, Franceschini, Lorenzin, Orlando … senza
dimenticare la new entry Fedeli.
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