Quando a gennaio 2016 Matteo Renzi definiva il referendum
costituzionale “la madre di tutte le battaglie” affermava anche “non sono un politico
vecchia maniera che resta attaccato alla poltrona” per aggiungere, poche settimane dopo, che
in caso di sconfitta “è
sacrosanto non solo che il governo vada a casa ma che io consideri terminata la
mia esperienza politica” e concludeva
“secondo voi posso
diventare un pollo da batteria che perde e fa finta di niente?”.
Ha voluto scommettere sul referendum convinto che gli
italiani gli avrebbero tributato un plebiscito, tale da cementarlo per anni al
governo del Paese.
Forte di questa sua certezza per mesi ha canzonati i
sostenitori del “NO” accusandoli di rappresentare la vecchia casta di politici ostinatamente
attaccati alle loro poltrone.
Purtroppo, per lui, domenica 4 dicembre il Popolo sovrano
non solo non gli ha tributato l’atteso plebiscito, ma lo ha sotterrato, sul
piano personale e politico, sotto una valanga di “NO”.
Era legittimo attendersi che allo tsunami referendario seguissero,
da parte di Renzi, scelte coerenti.
Ebbene, in linea con le categoriche dichiarazioni della
vigilia Renzi è salito al Colle ed ha rassegnate le dimissioni da presidente
del consiglio, nonostante gli sprovveduti portaborse
di cui si è circondato supplicassero di non farlo.
Se non altro il clamoroso successo dei “NO” ha
prodotta una pletora di ormai ex-ministri ed ex-sottosegretari.
Per contro, invece, presentatosi alla direzione del PD Renzi
non ha fatto alcun cenno alla intenzione di dimettersi anche da segretario del
partito, avvalorando così i dubbi che il perentorio impegno “è
sacrosanto che io consideri terminata la mia esperienza politica” fosse solo una delle tante bufale con cui
ha disseminati i mille giorni di governo.
Non solo, ma in queste prime ore di consultazioni al
Quirinale, sembra prendere sempre più corpo la voce secondo la quale Renzi
abbia data, al Capo dello Stato, nientemeno che la disponibilità a formare un
nuovo governo, a condizione che lo appoggino partiti e movimenti che sono usciti
vincitori dalle urne referendarie.
Una pretesa stravagante ed insensata che, però, ha una
sua chiave di lettura.
Infatti, nonostante la puerile enfatizzazione di stupefacenti
risultati che avrebbero ottenuti nei mille giorni a Palazzo Chigi, in realtà Renzi
ed il suo governo hanno fatto solo il minimo sindacale.
In realtà, colpevole
di aver gettati alle ortiche mesi e mesi di lavori per una legge elettorale, l’Italicum,
in predicato di incostituzionalità, per una riforma della PA bocciata dal
Consiglio di Stato, per una riforma costituzionale bocciata dagli elettori, il
governo nel frattempo ha nascosti sotto il tappeto nodi complicati che stanno venendo
al pettine.
Criticità del sistema bancario, situazione spinosa del
Monte dei Paschi, manovra correttiva plurimiliardaria richiesta dall’UE, sono
solo alcuni dei primi problemi che dovrà affrontare e risolvere subito il
prossimo governo.
Ora, la pretesa che le forze di opposizione gli tolgano
le castagne dal fuoco, manifestata da chi per mille giorni le ha mortificate
spudoratamente, è un affronto al buon senso.
Se
poi questa pretesa viene da colui che, per sua stessa voce, dovrebbe aver già conclusa
da giorni la sua esperienza politica … beh, allora siamo in presenza di una
bizzarria da camicia di forza.
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