Se è vero, e non ho motivi per dubitarne, che al centro
degli incontri che Paolo Gentiloni sta avendo in questi giorni a Bruxelles, c’è
la pressante richiesta dei vertici europei, di rimuovere con impegno e rigore
la “polvere lasciata sotto
il tappeto” dal governo Renzi, immagino che al neo
premier tremino i polsi e non sappia a che santo votarsi.
Nonostante gli apprezzamenti di rito espressi a Gentiloni,
nelle stanze dei bottoni della Commissione Europea serpeggia il timore,
infatti, che a causa della sordina bruxelliana sulle criticità italiane, messa
in atto per non interferire con il referendum costituzionale, i governanti del nostro Belpaese si siano distratti e ne abbiano approfittato per trascurare le cose da fare.
A Bruxelles sarebbero preoccupati, in particolare, per le
difficoltà in cui versa il nostro sistema bancario, per l’incerto futuro del
Monte dei Paschi, per le sofferenze dei risparmiatori-clienti delle quattro banche
salvate da Renzi, ma tecnicamente collassate, per la crescita del debito
pubblico, per la manovra finanziaria che, priva delle coperture per diversi miliardi,
richiederà una manovra integrativa già nei primi mesi del 2017.
Ora, l’invito rivolto dall’UE a Gentiloni perché non
indugi a rimuovere la “polvere
lasciata sotto il tappeto”, suscita
in me, uomo della strada, perplessità sul modo in cui il Capo dello Stato abbia gestita la crisi e mi propone
alcuni punti interrogativi.
Ad esempio:
1. se persino l’UE si era accorta della “polvere sotto il tappeto”, possibile che Sergio Mattarella ne fosse
all’oscuro?
2. Siccome Renzi era stato sfiduciato, è vero,
ma da venti milioni di elettori e non dal Parlamento, come mai il Capo dello
Stato non ha ritenuto opportuno respingere le sue dimissioni e non lo ha
rinviato alle Camere affinché prima di andarsene risolvesse tutte le rogne che
stava lasciando, compreso l’Italicum ?
3. Non lo ha fatto, forse, perché dovendo adottare
decisioni impopolari e ripudianti alcune
scelte dei 1000 giorni di governo, Renzi
si è rifiutato di restare a Palazzo Chigi ?
4. Sergio Mattarella aveva compreso che quei
venti milioni di “NO” referendari contenevano anche una indubbia istanza di
cambiamento ?
5. E nel caso lo abbia compreso come mai ha
consentito che agli italiani fosse riproposta una compagine governativa che di
fatto è l’inquietante duplicato del governo Renzi ?
6. Chi è stato l’autore del coup de theatre con il quale dal cilindro è uscito fuori il nome di Paolo
Gentiloni ?
7. Ascoltando, infatti, le dichiarazioni delle
delegazioni che hanno partecipato alla sceneggiata delle consultazioni,
nessuna, compresa quella del PD, ha ammesso di aver fatto il nome di Gentiloni.
Ora, posso comprendere che per Sergio Mattarella si
trattava della sua prima volta (NdR: nascita
di un nuovo governo) e, quindi, ha pagato lo scotto del
noviziato, però non credo che al Capo dello Stato mancassero illustri e
preziosi punti di riferimento con i quali confrontarsi prima di assumere
decisioni di cotanta importanza per la vita e l’immagine dell’Italia.
A meno che Sergio Mattarella non abbia ascoltati unicamente
i consigli di Giorgio Napolitano, solo in tal caso si spiegherebbe perché sia
venuto fuori un pasticciaccio di questo tipo.
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