Chissà perché, ma il finale della Direzione
PD di lunedì scorso, incomprensibilmente allargata, mi ha fatto venire in mente
la conclusione di un’altra assise del PD renziano.
Ripenso, cioè, alla Direzione PD di giovedì
16 gennaio 2014 quando Matteo Renzi, dopo aver pubblicamente accusato di “lentezza”
il governo Letta, fece sfoggio di una ipocrisia senza pari twittando, ancora
una volta, quel falso ed infido “#Enricostaisereno”.
Questa volta, in verità, non c’è traccia di
un tweet “#Paolostaisereno”, indirizzato a Paolo Gentiloni.
È innegabile, però, che quando Matteo
Orfini, con la innata espressione grigia e compunta da beccamorto, ha respinta la
mozione che avrebbe impegnato il partito a garantire il sostegno fino a fine
legislatura al governo Gentiloni, ne abbia di fatto confermata la incerta
durata.
In altre parole il presidente PD con quella
mossa ha prefigurate le condizioni perché anche Gentiloni possa essere
pugnalato alla schiena all'improvviso, come è accaduto a Letta, da un nuovo dissennato proposito
del ducetto di Rignano.
Non solo, ma per domenica 19 febbraio è stata
convocata la Assemblea nazionale del PD che dovrà indire a tambur battente il
congresso del partito.
Per fare cosa ? Boh !!!
Ora, può anche darsi che io stia prendendo
una cantonata, ma ho la sensazione che sulla scena politica italiana ritorni a sfarfallare
il fantasma dell’inciucio del Nazareno che solo parzialmente si è manifestato
fino ad oggi.
È fantapolitica ? Forse, ma se proviamo a
mettere insieme alcune circostanze casuali (???) di questi ultimi giorni può
essere consentito qualche sospetto.
Ad esempio, dalle parti del centrodestra
Berlusconi, non solo ha etichettato come “sbruffoncello” Matteo Salvini ma gli
ha inviato anche il messaggio, forte e chiaro, che non potrà essere mai il
leader del centrodestra.
Mi sembra evidente, cioè, che Berlusconi
intenda tenersi le mani libere per ritornare a giocare un ruolo da protagonista
con quello che ancora resta di Forza Italia.
Nel PD, parallelamente, Renzi sta facendo
di tutto e di più per sbarazzarsi delle scomode minoranze interne.
La decisione di convocare frettolosamente e
“subito” il congresso, e non una conferenza programmatica come suggerito dal
ministro Andrea Orlando, appare una forzatura per costringerle alla scissione.
Solo così, infatti, una volta liberatosi
dei Bersani, Speranza, Cuperlo, Emiliano & Co., Renzi potrebbe dar vita finalmente
a quel “Partito della Nazione” di cui già aveva iniziato a disquisire, guarda
caso, subito dopo aver tramato con Berlusconi al Nazareno nel gennaio 2014.
In realtà se, come è probabile, dopo che la
Consulta ha bocciato l’Italicum il Parlamento finirà per approvare una legge
elettorale di tipo proporzionale, con un premio di maggioranza per la lista che
conseguirà il 40%, è prevedibile che nel listone del “Partito della Nazione” confluiscano,
oltre ai reduci del PD, anche i verdiniani, gli alfaniani, gli pseudo centristi
sparsi qua e là,e, perché no, in accordo con Berlusconi anche i superstiti di
Forza Italia.
Solo mettendo insieme questa specie di guazzabuglio
post-ideologico, una torre di Babele il cui collante non sarà la comunanza di
idee e di programmi ma solo l’apporto di gerle più o meno imbottite di voti, il
“Partito della Nazione” potrebbe sperare di raggiungere l’agognato 40%.
A quel punto, dal momento che Berlusconi
sarà fuori gioco perché pregiudicato, la leadership del “Partito della
Nazione”, e di conseguenza la candidatura a premier, toccheranno fatalmente a
Matteo Renzi.
Probabilmente stiamo per assistere alla
realizzazione del disegno politico che Berlusconi, allora premier, e Renzi, allora
sindaco di Firenze, avevano già elaborato nel loro primo incontro a Villa San
Martino, ad Arcore, il 6 dicembre 2010.
È fantapolitica ? Può darsi … staremo a
vedere.
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