Poniamo
il caso che, come uovo di Pasqua, io abbia deciso di regalare ad ognuna delle
mie due figlie 1.000 euro.
Dimostrerei
di non essere sano di mente se negassi che quei 1.000 euro siano usciti dal mio portafoglio e sostenessi invece che siano un risparmio delle mie figlie.
L’esempio
è sicuramente banale ma mi auguro aiuti a comprendere quanto truffaldino sia il
nostro presidente del Consiglio quando spaccia come una riduzione delle tasse,
per circa 13 milioni di lavoratori dipendenti, quel bonus di più o meno 80 euro
elargito in busta paga dal maggio 2014.
Ancora
ieri, in conferenza stampa, presentando le linee guida del DEF, documento di
economia e finanza, ha avuta la faccia tosta di insistere con questa baggianata.
La
verità è che, per elargire quel bonus, Matteo Renzi ha distratto dalle casse
dello Stato circa 6 miliardi di euro, nel 2014, ed ha impegnato l’erario per circa
10 miliardi nel 2015.
Se
Renzi non si fosse servito di questo coup
de théâtre solo perché si era alla vigilia delle elezioni europee, quei 6
miliardi sottratti all’erario nel 2014, così come i 10 miliardi impegnati per
il 2015, avrebbero potuto essere destinati per rappezzare alcune delle molte piaghe
di cui soffre il nostro Paese.
Penso,
ad esempio, al risanamento idrogeologico del territorio, oppure alla messa in
sicurezza degli edifici scolastici, o ancora alla ricostruzione delle zone
terremotate a cominciare da L’Aquila, e così via.
Tra l’altro,
dopo dieci mesi si è confermata una panzana anche la motivazione con cui Renzi voleva
farci credere che il bonus sarebbe servito per rilanciare i consumi interni.
Ma, ad
ulteriore conferma che Renzi sia truffaldino, nello spacciare il bonus come
riduzione della pressione fiscale, c’è la stessa Legge di Stabilità 2015 che ha
trasformato il bonus da “credito d’imposta”
in “detrazione”.
Vale a
dire, nella prossima dichiarazione dei redditi il lavoratore che avrà goduto
del bonus dovrà solo detrarne l’importo dalle sue entrate, in quanto lo Stato
ha già compensato al datore di lavoro il bonus erogato.
In altre
parole, a quei lavoratori Renzi non ha accordata una riduzione delle tasse, ma
ricorrendo ad una semplice partita di giro ha elargita una regalia
pre-elettorale usando denaro pubblico.
Ne è
convinta anche l’UE che ha ribadito più volte che il bonus costituisce una voce
di spesa dello Stato e non una riduzione fiscale.
Non occorre essere docenti di economia, perciò,
per comprendere che, quando Renzi contrabbanda il bonus di 80 euro come una
riduzione fiscale, ci propina la sua ennesima balla.
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