Fino ad oggi non avevo ancora dedicato
spazio, nel mio blog, al gioco del calcio, prima di tutto perché non mi reputo un
addetto ai lavori e poi perché considero il calcio come un gioco, o meglio un
divertimento capace di svagare ed appassionare il pubblico per i novanta minuti
della partita.
Per questo non mi sono mai accalorato
per dibattiti e dispute “pre” e “post” partita.
Con il triplice fischio che decreta la
fine di una partita ritengo che oramai i giochi siano fatti ed ogni contesa tardiva risulti
sterile ed inutile.
Purtroppo, però, a differenza di
quello che accade nella maggior parte dei Paesi dove il calcio è lo sport
nazionale, in Italia il calcio condiziona ed occupa, senza soluzione di
continuità, il pensiero e l’attenzione di appassionati, e non, per giorni,
settimane, mesi.
Per molti giornalisti, poi, il gioco
del calcio rappresenta il pane quotidiano ed il loro lavoro, attraverso stampa
e TV, alimenta discussioni, sogni, delusioni.
È ovvio che essendo esseri umani anche
i giornalisti abbiano idee, a volte non condivisibili, facciano il tifo per la
loro squadra del cuore, punzecchino i tifosi delle altre squadre.
Quello che mi sembra meno
comprensibile e condivisibile, invece, sono i modi di fare di quei giornalisti
che, per faziosità o per insensatezza, usino i media per sobillare gli animi
dei tifosi, ipotizzare complotti, evidenziare presunti comportamenti anti
sportivi, etc.
Modi di fare che diventano intollerabili
quando alla faziosità ed alla insensatezza si accompagna anche la malafede.
Ieri sera, durante “La domenica sportiva”, programma in
onda sui canali RAI, il signor Marco Civoli ha accusato di comportamento antisportivo
5 giocatori di una squadra (squadra a lui
invisa come ha già dimostrato in più di un'occasione) sostenendo che
avessero sollevate le braccia per negare che la palla avesse varcata la linea
di porta.
Se, con meno superficialità e boria il
suddetto signore avesse esaminato il filmato, si sarebbe reso conto che uno dei
cinque giocatori, che in quel momento si trovava oltre la linea di fondo campo, aveva
sollevato per primo il braccio per segnalare il possibile fuorigioco del
calciatore della squadra avversaria, prima ancora che questi calciasse il
pallone verso la porta.
Il suo gesto fu successivamente imitato
da quattro suoi compagni.
Tra l’altro trovo ragionevole domandarsi anche come mai questo “arguto” signore
non sia stato neppure sfiorato dal pensiero che proprio il dubbio sullo stesso
fuorigioco abbia indotto l’assistente dell’arbitro a non convalidare il goal.
Sarebbe il caso, perciò, che il signor
Marco Civoli prima di propinarci ancora i suoi ipocriti e stucchevoli sermoni
contro la violenza nel calcio, si faccia un esame di coscienza ed eviti, lui
per primo, di esasperare gli animi con supponenti affermazioni e giudizi.
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