Il
Consiglio dei Ministri, riunitosi davanti al presepe di Palazzo Chigi, ha
deciso di commissariare l’ILVA di Taranto.
Alla notizia
la statuetta del bambinello, posta nella mangiatoia, è scoppiata in un pianto
disperato.
Aldilà,
infatti, delle ermetiche formule di rito, il CdM ha deliberato, in parole
povere, che per almeno 3 anni l’ILVA di Taranto sia finanziata, di fatto, con denaro pubblico, cioè quello dei contribuenti.
Come
ha dichiarato Renzi, si inizierà con un investimento di oltre 2 miliardi di
euro.
Nessuno,
però, è in grado oggi di prevedere quale potrà essere il salasso effettivo cui
saranno sottoposte le finanze pubbliche in questi 3 anni, sempre che si trovi poi
qualcuno disposto a rilevare gli impianti, garantendo la produzione e
l’ambiente ma (attenzione !) non i
livelli occupazionali.
Da
qualunque parte lo si voglia guardare si tratterà, dunque, di un discutibile
intervento dello Stato sul quale difficilmente potrà essere d’accordo l’UE.
Se e
quando l’UE dovesse intromettersi, Renzi, però, ha già fatto sapere che risponderà
con una delle solite strampalate cialtronerie: “L’Europa non ci può impedire di salvare i bambini di Taranto”.
Antonio
Di Pietro commenterebbe: “ma che
c’azzeccano i bambini di Taranto?”.
In
ogni caso ritengo opportuno rammentare cosa sia l’ILVA e quale la sua storia.
L’ILVA
di Taranto è uno stabilimento siderurgico che, insieme a quelli di Cornigliano,
Bagnoli, Piombino, Marghera, Trieste, Novi Ligure, fino al 1983 era stato di
proprietà di ITALSIDER Alti Forni SpA, società a capitale pubblico nata nel
1961 dalla fusione di ILVA con CORNIGLIANO SpA.
Controllata
prima da IRI e poi da FINSIDER, ITALSIDER era diventata negli anni il classico
carrozzone pubblico, usata da tutti i partiti come pascolo per assunzioni
clientelari, poltrone, incarichi, consulenze, etc..
Rivelatasi
incapace di superare la crisi di settore degli anni ‘80, nel 1983, dopo aver ingurgitati
miliardi e miliardi di lire dalle casse dello Stato, la società, che nel
frattempo aveva cambiata la sua ragione sociale in NUOVA ITALSIDER, fu messa in
liquidazione e ceduta al gruppo IRI-STET.
Solo nel
1995, per farla breve, il Gruppo Riva ha acquisiti gli impianti siderurgici di
Taranto che ha utilizzati per oltre un decennio, incurante dei gravi danni
ambientali e sanitari che andava provocando.
Nel
settembre 2013, la situazione ambientale era così compromessa che la Commissione
Europea ha aperta una procedura di messa in mora dell’Italia.
Dalle
vicissitudini di ITALSIDER, FINSIDER, IRI-STET, appare chiara ed innegabile la
conferma che, anche nella siderurgia, l’intervento pubblico è risultato
deleterio, per la impreparazione e l’incapacità a gestire imprese e ad assicurare
livelli di redditività e di produttività competitivi.
La
storia di oltre cinquanta anni documenta che gli interventi pubblici hanno
sempre riversate le loro inettitudini sulle finanze pubbliche e, quindi, sui
contribuenti.
Purtroppo
la classe politica è così ottusa ed impudente da non fare tesoro delle devastanti
pagine scritte, in passato, dallo Stato “imprenditore” !
Così
Matteo Renzi, come regalo di Natale ai contribuenti italiani, ha deciso che, da
gennaio 2015, gli impianti siderurgici di Taranto ritorneranno sotto la
gestione pubblica, affidata a tre commissari che, in 36 mesi, dovrebbero curare
la ripresa aziendale ed il risanamento ambientale.
Al
termine di questi presunti tre anni, come già detto, gli impianti saranno ceduti
ad un ipotetico “miglior offerente” che, però, non sarà impegnato a garantire neppure
i livelli occupazionali.
Insomma,
il governo ha deciso di investire denaro pubblico non per assicurare futuri
posti di lavoro ai tarantini, ma per offrire a qualcuno, su un piatto d’argento,
una azienda risanata.
Approfittando,
però, del Natale, Renzi ha portate in dono agli italiani ancora più ansie e
preoccupazioni, informandoli che per far partire i progetti del piano
ambientale, e non solo, i commissari avranno la facoltà di saltare l’iter di
autorizzazioni.
Come
se gli scandali dei lavori per il G8 della Maddalena, per la ricostruzione di L’Aquila,
per il Mose di Venezia, per L’EXPO di Milano e, appena sfornati, per “mafia
Capitale”, siano leggende metropolitane e non pagine di vita vissuta.
Ma c’è
di più, i commissari godranno anche di una sorta di immunità che li metterà al
riparo da qualsiasi azione penale nei loro confronti fino al punto di non poter
essere neppure inquisiti per bancarotta qualora decidessero di dirottare gli
investimenti da una destinazione all’altra, vale a dire, ad esempio, se utilizzassero
i denari stanziati per la tutela ambientale e sanitaria a fronte di altri
capitoli di spesa.
Uno strapotere
gestionale, in regime di franchigia, che autorizza a nutrire seri dubbi su
quella che, con il passare dei mesi, potrà essere l’entità dell’investimento
pubblico.
Ma è anche
inevitabile domandarsi: i commissari, che il governo investirà di così ampi
poteri, come potranno resistere alle pressioni di una politica arrogante che pretenderà,
per amici ed amici degli amici di questo o quel partito, assunzioni, poltrone, consulenze,
incarichi professionali, etc.?
In meno
di tre anni, cioè, Renzi riuscirà nel dar vita ad un carrozzone inefficiente,
divoratore di denaro pubblico, potenziale incubatrice di malaffare.
Le
premesse ci sono tutte !
Ora, dal momento che in futuro non saranno
garantiti neppure i posti di lavoro sarà sufficiente, per far digerire agli
italiani questa onerosa scelta del governo, la sconcertante spiegazione che “L’Europa non ci può impedire di salvare i
bambini di Taranto”?
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