domenica 21 dicembre 2014

Più rispetto per i dilettanti, quelli veri

Nell’irrefrenabile isterismo di Renato Brunetta, così come nella rozza ciarlataneria del farneticante duo Grillo-Salvini, il termine più ripetitivo per schernire Matteo Renzi, per la sua pseudo azione di governo, è quello di “dilettante”.
Ora, poiché nello sport come in tutte le arti ci sono dilettanti veri, i cui risultati meritano attenzione e rispetto, l’uso spregiativo del termine, da parte dei denigratori di Renzi, continua ad infastidirmi.
Ho cercato conforto nel  dizionario Treccani della lingua italiana che, alla voce “dilettante”, propone due significati.
Il primo: “dilettante è chi coltiva un’arte, una scienza, uno sport non per professione, né per lucro, ma per piacere proprio”.
Il secondo: “dilettante è chi, nell’attività scientifica o tecnica, nella professione o nel mestiere che esercita, dimostra scarse capacità”.
In realtà, osservando Matteo Renzi nei suoi primi  dieci mesi di permanenza a Palazzo Chigi, non mi sembra che le sue insufficienze siano riconducibili ad uno dei due significati che il dizionario Treccani ascrive al termine “dilettante”.
Propenderei di più, invece, per ravvisare, nell’azione del nostro presidente del consiglio, modi di fare propri di un incompetente che, al solo scopo di soddisfare la propria libido infantile di auto gratificazione, abbia fatto di tutto per assumere un ruolo di fatto a lui inappropriato per incapacità, improvvisazione e supponenza.
Lo dicono i fatti !
Presentatosi alle Camere, nel febbraio 2014, mani in tasca, raggiante e baldanzoso, si era impegnato a realizzare un serrato programma di riforme che, nel giro di qualche mese, avrebbero dovuto portare ad un cambiamento “radicale, immediato, puntuale” (Ipse dixit !) del nostro Paese.
Secondo Renzi, prima che iniziasse il semestre di presidenza italiana dell’UE, di lì a qualche mese, si sarebbe dovuto realizzare un ambizioso programma di riforme che, tra le altre, prevedeva la riforma del mercato del lavoro, quella della legge elettorale, la riforma della pubblica amministrazione e quella della giustizia, solo per citare le più significative.
Un pacchetto di riforme che avrebbe potuto dare credito alla presidenza italiana dell’UE e rafforzarne l’autorevolezza.
Può darsi che in questi mesi mi sia sfuggito qualcosa, ma mi sembra che di riforme se ne sia fatto un gran parlare nei talkshow televisivi e sulla stampa, ma di concreto non si sia visto nulla fino ad oggi, nonostante il semestre di presidenza italiana dell’UE sia ormai agli sgoccioli.
Non solo ma, di fronte alle Camere, Matteo Renzi si era impegnato a realizzare oltre alle riforme anche molte altre cose.
A titolo esemplificativo mi limiterò a citare: “Il primo elemento su cui prendiamo un impegno è lo sblocco totale, e non parziale, dei debiti della pubblica amministrazione … Il secondo elemento è la costituzione ed il sostegno di fondi di garanzia per risolvere l’unica importante e fondamentale questione che abbiamo sul tappeto, che è quella delle piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito. … Il terzo punto, e lo faremo nelle prossime settimane, è una riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale, attraverso misure serie ed irreversibili legate alla revisione della spesa. ... Partiremo entro il mese di marzo con la discussione parlamentare del cosiddetto Piano per il lavoro a sostegno di chi perde il posto di lavoro. … E’ arrivato il momento di mettere alla attenzione del Parlamento, nel mese di giugno, un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente.” (Ipse dixit!).
Da quel febbraio 2014 sono trascorsi 10 mesi e gli italiani, con sempre meno fiducia, attendono di veder concretizzati se non tutti almeno alcuni di questi impegni.
Peraltro anche il Parlamento non può essere di certo soddisfatto di questi 10 mesi in cui è stato asservito a 33 voti di fiducia sui provvedimenti del governo, nonostante Renzi avesse asserito: “Noi non abbiamo l’idea di venire a dettare la linea e di aspettare che rapidamente la si esegua nelle Aule parlamentari”.
E cosa dire della donchisciottesca temerarietà con cui si riprometteva di cambiare le regole dell’UE nel semestre di presidenza italiana, che invece si sta concludendo con il classico buco nell’acqua ?
L’elencazione dolens delle promesse mancate potrebbe proseguire ancora a lungo ma servirebbe solo a girare il coltello nella piaga.
La realtà è che Matteo Renzi in questi mesi ha trascorso più tempo in studi televisivi e radiofonici che non in riunioni del consiglio dei ministri.
E non si è neppure fatti mancare viaggi di autoincensamento in giro per il mondo.
Per questo inviterei Brunetta, Grillo e Salvini a dimostrare più rispetto per i dilettanti, quelli veri, non screditandoli con l’equiparare le loro lodevoli performance a quelle meno pregevoli del presidente del consiglio.

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