Nell’irrefrenabile
isterismo di Renato Brunetta, così come nella rozza ciarlataneria del farneticante
duo Grillo-Salvini, il termine più ripetitivo per schernire Matteo Renzi, per
la sua pseudo azione di governo, è quello di “dilettante”.
Ora,
poiché nello sport come in tutte le arti ci sono dilettanti veri, i cui risultati
meritano attenzione e rispetto, l’uso spregiativo del termine, da
parte dei denigratori di Renzi, continua ad infastidirmi.
Ho
cercato conforto nel dizionario Treccani
della lingua italiana che, alla voce “dilettante”,
propone due significati.
Il
primo: “dilettante è chi coltiva un’arte,
una scienza, uno sport non per professione, né per lucro, ma per piacere
proprio”.
Il
secondo: “dilettante è chi, nell’attività
scientifica o tecnica, nella professione o nel mestiere che esercita, dimostra
scarse capacità”.
In realtà,
osservando Matteo Renzi nei suoi primi
dieci mesi di permanenza a Palazzo Chigi, non mi sembra che le sue insufficienze
siano riconducibili ad uno dei due significati che il dizionario Treccani ascrive
al termine “dilettante”.
Propenderei
di più, invece, per ravvisare, nell’azione del nostro presidente del consiglio,
modi di fare propri di un incompetente che, al solo scopo di soddisfare la
propria libido infantile di auto gratificazione, abbia fatto di tutto per assumere
un ruolo di fatto a lui inappropriato per incapacità, improvvisazione e
supponenza.
Lo
dicono i fatti !
Presentatosi
alle Camere, nel febbraio 2014, mani in tasca, raggiante e baldanzoso, si era
impegnato a realizzare un serrato programma di riforme che, nel giro di qualche
mese, avrebbero dovuto portare ad un cambiamento “radicale, immediato, puntuale” (Ipse dixit !) del nostro Paese.
Secondo
Renzi, prima che iniziasse il semestre di presidenza italiana dell’UE, di lì a qualche
mese, si sarebbe dovuto realizzare un ambizioso programma di riforme che, tra
le altre, prevedeva la riforma del mercato del lavoro, quella della legge
elettorale, la riforma della pubblica amministrazione e quella della giustizia,
solo per citare le più significative.
Un
pacchetto di riforme che avrebbe potuto dare credito alla presidenza italiana
dell’UE e rafforzarne l’autorevolezza.
Può
darsi che in questi mesi mi sia sfuggito qualcosa, ma mi sembra che di riforme se
ne sia fatto un gran parlare nei talkshow televisivi e sulla stampa, ma di
concreto non si sia visto nulla fino ad oggi, nonostante il semestre di
presidenza italiana dell’UE sia ormai agli sgoccioli.
Non
solo ma, di fronte alle Camere, Matteo Renzi si era impegnato a realizzare
oltre alle riforme anche molte altre cose.
A titolo
esemplificativo mi limiterò a citare: “Il
primo elemento su cui prendiamo un impegno è lo sblocco totale, e non parziale,
dei debiti della pubblica amministrazione … Il secondo elemento è la
costituzione ed il sostegno di fondi di garanzia per risolvere l’unica
importante e fondamentale questione che abbiamo sul tappeto, che è quella delle
piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito. … Il terzo
punto, e lo faremo nelle prossime settimane, è una riduzione a doppia cifra del
cuneo fiscale, attraverso misure serie ed irreversibili legate alla revisione
della spesa. ... Partiremo entro il mese di marzo con la discussione parlamentare
del cosiddetto Piano per il lavoro a sostegno di chi perde il posto di lavoro. …
E’ arrivato il momento di mettere alla attenzione del Parlamento, nel mese di
giugno, un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori
niente.” (Ipse dixit!).
Da
quel febbraio 2014 sono trascorsi 10 mesi e gli italiani, con sempre meno fiducia,
attendono di veder concretizzati se non tutti almeno alcuni di questi impegni.
Peraltro
anche il Parlamento non può essere di certo soddisfatto di questi 10 mesi in
cui è stato asservito a 33 voti di fiducia sui provvedimenti del governo, nonostante
Renzi avesse asserito: “Noi non abbiamo l’idea
di venire a dettare la linea e di aspettare che rapidamente la si esegua nelle
Aule parlamentari”.
E cosa
dire della donchisciottesca temerarietà con cui si riprometteva di cambiare le regole dell’UE
nel semestre di presidenza italiana, che invece si sta concludendo con il
classico buco nell’acqua ?
L’elencazione
dolens delle promesse mancate
potrebbe proseguire ancora a lungo ma servirebbe solo a girare il coltello
nella piaga.
La
realtà è che Matteo Renzi in questi mesi ha trascorso più tempo in studi
televisivi e radiofonici che non in riunioni del consiglio dei ministri.
E non
si è neppure fatti mancare viaggi di autoincensamento in giro per il mondo.
Per questo inviterei Brunetta, Grillo e Salvini
a dimostrare più rispetto per i dilettanti, quelli veri, non screditandoli con l’equiparare
le loro lodevoli performance a quelle meno pregevoli del presidente del
consiglio.
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