Nell’ascoltare
le parole di Matteo Renzi che ha ufficialmente annunciata la candidatura dell’Italia
per le Olimpiadi 2024, ho maturate due certezze.
La
prima è che … per raggiunti limiti di età il destino mi esonererà dall’assistere a quei giochi olimpici, dato e
non concesso che siano assegnati al nostro Paese.
La
seconda è che oggi sarà un giorno di festa per i figli e nipoti di mafiosi,
corruttori e corrotti che potranno brindare ai sicuri affari che si spartiranno
partecipando al business delle Olimpiadi.
Come
non ricordare che nella notte in cui il terremoto distruggeva L’Aquila e falcidiava
centinaia di vite umane, l’impresario Pierfrancesco Gagliardi e suo cognato
Francesco Piscitelli se la sghignazzavano fantasticando sui lucrosi appalti che
avrebbero ottenuto per la ricostruzione ?
Perché
mai mafiosi, corruttori e corrotti non dovrebbero sghignazzare, oggi, ascoltando
Renzi ed immaginando il sontuoso banchetto olimpico al quale potranno prendere
parte ?
Qualche
economista ha già previsto che le Olimpiadi 2024 potrebbero costare all’Italia non
meno di 10 miliardi di euro alcuni dei quali, “nun c’è bisogn ‘a zingara p’andiviná”, finiranno per arricchire come
sempre i soliti maneggioni impuniti di ogni specie, politici e non.
D’altra
parte sarebbe sufficiente sfogliare le cronache degli ultimi decenni per
rendersi conto che non c’è stato un solo evento, organizzato nel nostro Paese,
che non abbia generati scandali, evidenziate ruberie di ogni genere, e realizzate
opere inutili ed abbandonate alla incuria.
Senza
risalire troppo indietro negli anni è ancora vivo il ricordo della allegra gestione,
nel 2006, delle Olimpiadi invernali di Torino costate all’erario, cioè a tutti
noi, oltre 3 miliardi di euro tra costi di gestione e spese per investimenti,
molti dei quali abbandonati da tempo per gli eccessivi costi di manutenzione.
Come
non ripensare agli oltre 400 milioni di euro di denaro pubblico, prelevati
dalle tasche di noi tutti e dilapidati alla Maddalena per realizzare faraoniche
strutture che avrebbero dovuto ospitare il vertice del G8; opere incompiute che
stanno cadendo a pezzi nel disinteresse generale ?
E che
dire dello sperpero di centinaia di milioni di fondi pubblici per finanziare le
strutture della Città dello Sport che nel 2009, a Roma, avrebbero dovuto
diventare sede dei Mondiali di Nuoto ?
Siamo
nel 2014 e non solo questo monumento allo spreco non è ancora ultimato, ma per
i lavori di completamento e di ristrutturazione sarebbero necessari altri 500
milioni.
Hanno riempite le cronache di queste settimane i riscontri della corruttela che ha avvelenato, a Milano, l’allestimento
di EXPO 2015.
Tutti
eventi che avrebbero dovuto renderci orgogliosi se non fossero stati infettati dai
tentacoli della onnipresente piovra della corruzione.
Per
questo mi domando: perché Renzi si illude che le cricche del malaffare, che
hanno dato prova di essere molto ben introdotte nei gangli del potere politico
ed economico, dovrebbero astenersi proprio dal succulento pranzo delle
Olimpiadi ?
Non
solo, ma nel giorno in cui Bankitalia comunica che il debito pubblico ha
raggiunta la astronomica cifra di 2.157 miliardi, è un atto di incoscienza candidare l’Italia per le Olimpiadi 2024, senza alcuna prospettiva di
poter prima risanare le finanze del Paese.
È pur
vero che Renzi è convinto che lui certamente non sarà più a Palazzo Chigi nel
2024, per cui toccherà a qualcun altro sbrogliarsela, ma se è così allora la
candidatura alle Olimpiadi si profila come un grave atto di disonestà politica.
Aveva fatto bene Mario Monti, temporaneo presidente del Consiglio, a rifiutare la
candidatura italiana alle Olimpiadi 2020 proprio per non scaricare su altri i
conseguenti obblighi per le casse dello Stato.
D’altra
parte non può sfuggire che, se il Paese è così gravemente indebitato, lo si
debba a tutti i governi che, spendendo e spandendo a cuor leggero il denaro
pubblico, hanno scaricato sugli italiani e sugli anni successivi il fardello delle
loro scelte inconsulte.
Forse l’imbonitore Renzi ha pensato di usare la
candidatura alle Olimpiadi come un facile e spendibile spot di autocompiacimento,
senza riflettere sul fatto che, probabilmente, la maggioranza degli italiani angosciati
da una crisi senza fine, possa non condividere neppure questa sua scelta.
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