Da semplice cittadino, né docente né studioso di diritto
costituzionale, non posso fare a meno di inchinarmi alle erudite considerazioni
che i soliti costituzionalisti di corte esternano, in queste ore, per spiegare
al volgo profano perché il Presidente Mattarella non ha potuto esimersi dal
firmare e ratificare l’Italicum.
Siccome, però, da semplice cittadino sono desideroso di capire
come mai alcune motivazioni, che hanno indotta la Consulta a giudicare incostituzionale
il vergognoso Porcellum, non siano applicabili anche al non meno spregevole Italicum,
ho deciso di leggermi la sentenza 1/2014.
Ho letto, ad esempio, che la Corte Costituzionale (NdR:
di cui faceva parte allora anche il giudice Sergio Mattarella che oggi, nel
firmare, deve aver avuto un momento di amnesia traumatica!), afferma: “non subordinando l’attribuzione del premio di maggioranza al
raggiungimento di una soglia minima di voti e, quindi, trasformando una
maggioranza relativa di voti, potenzialmente anche molto modesta, in una
maggioranza assoluta di seggi, si determinerebbe irragionevolmente una
oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica”.
Ora, è vero che nell’Italicum si è provveduto a fissare la
soglia del 40% per attribuire il premio di maggioranza alla lista.
È altrettanto vero, però, che l’Italicum raggira furbamente
la soglia del 40% che, se non raggiunta al primo turno, diventa di fatto ininfluente
ed inefficace con la introduzione del ballottaggio.
Già, perché al ballottaggio il premio di maggioranza verrebbe
attribuito, in ogni caso, alla lista che riuscirebbe a convertire, con parole
della Consulta, “una maggioranza relativa
di voti, potenzialmente anche molto modesta, in una maggioranza assoluta di
seggi”.
Che sia stato inserito, con malafede, lo artificio del
ballottaggio, al solo scopo di aggirare la sentenza della Corte Costituzionale,
lo confermano proprio i dati relativi, ad esempio, alle ultime quattro tornate
di elezioni politiche.
Nelle elezioni politiche del 2001, 2006, 2008 e 2013,
infatti, se per la Camera fosse stato già in vigore l’Italicum, nessuna lista
avrebbe raggiunta la soglia del 40%, e si sarebbe dovuto ricorrere
necessariamente al ballottaggio tra le prime due liste.
In tutte le quattro elezioni, cioè, si sarebbe verificato
che una lista, con una maggioranza relativa di voti, avrebbe ottenuta la
maggioranza assoluta dei seggi, esattamente ciò che la Consulta ha inteso
bocciare con la sua sentenza.
Dati alla mano sarebbero andati al ballottaggio:
- nel 2001: Forza Italia con il 29,4% e Democratici di Sinistra con il 16,6%;
- nel 2006: Ulivo con il 31,3% e Forza Italia con il 23,7%;
- nel 2008: Popolo della Libertà con il 37,4% e Partito Democratico con il 33,2%;
- nel 2013: Movimento 5 Stelle con il 25,6% e Partito Democratico con il 25,4%.
Trangugiata controvoglia questa prima quisquilia di
palese incostituzionalità dell’Italicum, come semplice cittadino non posso fare
a meno di pormi un’altra domanda.
Come si conciliano i “capilista bloccati”, nominati dai segretari
dei partiti, con queste parole che leggo nella sentenza della Consulta: “sottraendo all’elettore la facoltà di
scegliere l’eletto, farebbero sì che il voto non sia libero, né personale” ?
Devo confessare di sentirmi davvero sciocco ed ignorante nel
non riuscire a comprendere questo come un altro mistero dell’Italicum.
Mi domando, infatti, se non fosse approvata la riforma in itinere, che prevede un Senato non elettivo, e di conseguenza fosse confermato il Senato elettivo, con quale legge
elettorale verrebbero eletti i senatori visto che l’Italicum disciplina solo la
elezione della Camera dei deputati ?
Sarà,
ma nella mia crassa ignoranza mi convinco sempre più che Renzi (NdR: con l’accordo del
suo compare pregiudicato) abbia
fatto un gran casino !
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