Dapprima incredulo, poi sbigottito ed infine preoccupato.
Tre aggettivi per descrivere la escalation di stati d’animo
che hanno provocati in me le parole con cui il ministro Padoan ha commentata la
sentenza di incostituzionalità della mancata indicizzazione delle pensioni, decisa
dal governo Monti con il decreto “Salva
Italia”.
Per inciso, mi sembrerebbe ragionevole, dopo che si è saputo quanti miliardi Monti ha sgraffignati ai
pensionati per far quadrare i conti pubblici, che il Capo dello Stato istituisse
l’ordine cavalleresco dei “pensionati salvitalia!”
con tanto di stemma, gonfalone, decorazioni ed inno.
Tornando, invece, all’intervista, rilasciata da Padoan a “La Repubblica”, mi è parso che dalle
parole del ministro affiori una quantomeno incerta padronanza di ciò che è
scritto nella nostra Carta Costituzionale.
Ad esempio, mi ha sorpreso e preoccupato che un ministro
della Repubblica abbia potuto affermare che “tra
Corte, ministri ed avvocatura ci sarebbe dovuta essere la massima condivisione
della informazione”.
Eppure Padoan, come tutti i ministri del governo Renzi,
ha giurato di rispettare la Costituzione.
Perciò di cosa parla ?
Forse avrebbe voluto che la Consulta, prima di deliberare,
lo avesse interpellato, magari per chiedergli “scusi, signor ministro, le va bene questa sentenza o ne preferisce un’altra
?”.
Non solo, ma come se non bastasse nella stessa intervista
Padoan ha anche dichiarato che la Corte Costituzionale, “se ci sono sentenze che hanno un’implicazione di finanza pubblica”,
dovrebbe fare una valutazione dell’impatto sui conti pubblici.
Ora, se si può comprendere che un comune cittadino non conosca
i ruoli e le responsabilità che la Carta attribuisce alle diverse istituzioni
dello Stato, è invece assolutamente inaccettabile che ad ignorarli sia un
ministro della Repubblica Italiana !
Sarebbe stato sufficiente, infatti, che Padoan rilegesse alcune
righe della Carta Costituzionale per evitare di cacciarsi in un avventato e pericoloso
scontro istituzionale.
Ad esempio, al Titolo VI – Art. 134, la Carta recita: “La Corte Costituzionale giudica sulle
controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti,
aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni”.
Ed all’Art. 136 puntualizza: “La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai
Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario,
provvedano nelle forme costituzionali”.
Per questo mi sembra che al ministro Padoan sia sfuggito
che:
- la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario sia sancita dalla Costituzione e sia fondamento dello Stato di diritto;
- responsabilità della Consulta sia valutare la legittimità di leggi ed atti aventi forza di leggi e sentenziare il rispetto o meno del dettato Costituzionale;
- le sentenze della Consulta non debbano essere armonizzate con le aspettative di governi e ministri, ma vadano deliberate in assoluta autonomia e poi comunicate alle Camere;
- la Consulta non sia chiamata a valutare gli effetti delle sue sentenze sui conti pubblici;
- sia responsabilità, invece, del governo, dei ministri e del Parlamento valutare l’impatto sulla finanza pubblica di leggi, decreti e sentenze, provvedendo ai mezzi per far fronte a importi nuovi o maggiori oneri (Carta Costituzionale: Parte Seconda – Titolo I, Art. 81).
Fatto sta che in questi giorni ho avuta l’impressione di
assistere ad un film già visto.
Le parole di Padoan, infatti, mi hanno richiamate alla
memoria le invettive di Berlusconi contro i giudici della Consulta, accusati di
essere “toghe rosse” ogni volta che
dichiaravano incostituzionali le sue leggi “ad
personam”.
Ora però, mi domando: mentre Berlusconi tuonava a difesa
di suoi personalissimi interessi, che cosa si propone invece il ministro Padoan,
puntellato dall’assordante silenzio di Matteo Renzi ?
Vuoi vedere che Renzi e Padoan, consci di aver rimediato alla
sentenza della Consulta con una toppa irrisoria ed inadeguata, hanno paura di vedersi
schiacciare dalla prevedibile valanga di ricorsi ?
Avranno escogitato, perciò, di iniziare subito con il dare addosso ai giudici costituzionali,
sperando di riuscire, con i loro attacchi, a rendere più problematico l’accoglimento
dei futuri ricorsi.
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