Da tempo mi chiedevo che correlazione ci
fosse tra quella che nel linguaggio quotidiano i media e noi tutti
identifichiamo come “politica” ed il significato autentico di questa parola che
affonda le sue radici in secoli di storia della umanità.
Per questo ho afferrato il primo dizionario
della lingua italiana che mi è capitato a portata di mano (NdR:
per la precisione quello edito da Le Monnier) ed alla pag. 1477 ho letto: “Scienza e tecnica, teoria e prassi, che hanno come oggetto la
costituzione, la organizzazione, la amministrazione dello Stato e la direzione
della vita pubblica.”
Scienza ? Tecnica ? Teoria ? Prassi ? Stato
? Vita pubblica ?
Ma di cosa parlano ed a cosa si riferiscono
i dotti dizionaristi di questo Le Monnier
?
A me, infatti, che leggiucchio qua e là i
quotidiani, che occasionalmente assisto a qualche talk show e, in momenti di
particolare sfiga, anche a tronfi soliloqui dei premier, presenti e passati, a me appunto, pur
con molta buona volontà e con tutta la disponibilità mentale di cui sono capace,
non riesce proprio di ricondurre ai tratti di quella definizione le azioni, i discorsi,
i pensieri degli individui che si propongono come investiti della
responsabilità di fare politica.
Già agli inizi degli anni ’90, la stagione
di “mani pulite” ci aveva fatta
scoprire una classe politica, tutta senza distinzione, capace di essersi data
un gran da fare, per decenni, nel perseguire arricchimenti personali con
illeciti di ogni specie.
Forse avrebbe potuto essere una occasione
irripetibile per voltare pagina e recuperare i valori e gli scopi di una
politica autentica, attenta cioè a gestire la cosa pubblica nell’interesse
della collettività.
Invece, per la profonda crisi che colpì i
partiti tradizionali, sono comparsi, sulla scena pubblica, individui senza arte
né parte che non solo si sono dimostrati ancora più amorali e disonesti, ma che
inoltre si sono distinti per essere ignoranti e bifolchi, irrazionali e
facinorosi, sopraffattori e senza ritegno.
In sostanza, dopo “mani pulite” il Paese è precipitato dalla padella nella brace e,
purtroppo, il degrado etico e culturale sembrerebbe non aver ancora toccato il
fondo.
In Italia si va consolidando, in realtà, una
metastasi di quella politica descritta dai dizionari, metastasi sulla quale
trovano terreno fertile malaffare e depravazione dilaganti.
Oggi nella vita pubblica spadroneggia un
machiavellismo insolente, che si avvale di ogni mezzo, anche dei più disonesti
e disgustosi, pur di soddisfare egoismi ed ambizioni che nulla hanno a che fare
con l’interesse della collettività.
Falsità, inganni, doppiezze, tradimenti, stravolgimenti
dei fatti, sono state, e sono ancora oggi le armi con cui ignobili controfigure
nostrane del pensiero machiavellico si sono impadronite e detengono le stanze
del potere.
C’è chi ha occupato il potere per
mettersi al riparo dalle disavventure giudiziarie in cui si era cacciato con comportamenti
non certo adamantini.
C’è chi, invece, ha usato il potere anche per
far prosperare gli affari suoi e dei suoi sodali.
C’è chi, infine, si è arrampicato fino a
Palazzo Chigi solo per soddisfare la sua smodata ambizione, servendosi di
mezzucci ripugnanti per il loro squallore.
Ad esempio, è un segreto di Pulcinella che Matteo Renzi, appena eletto segretario del PD, abbia intrapreso a
congiurare subito per far fuori da Palazzo Chigi il suo compagno di partito
Enrico Letta.
Fatto sta che milioni di italiani, educati
alla “cattoipocrisia”, si sono affrettati ad acclamare quel ex chierichetto, ex
boy scout, ex democristiano, e da sempre baciapile nelle sagrestie toscane, non
solo ignorandone le abiette azioni, ma perfino sorvolando sul fatto che per cospirare contro Letta avesse fatta comunella
con il pregiudicato Berlusconi.
Perciò, anche se è diventato di dominio pubblico
non sorprende più il contenuto delle telefonate in cui il Renzi, allora segretario
del PD, additava come “incapace” l’allora premier e suo compagno di partito Letta.
Queste intercettazioni comprovano solo quanto
sia moralmente e culturalmente lontano dai valori e dalle finalità di una autentica
missione politica questo individuo che ha anche la faccia tosta di presentarsi
come il “nuovo”.
Purtroppo, a pagare il conto di questo
malcostume e del malaffare che lo accompagna è quello che in una democrazia
viene identificato come il popolo sovrano.
Poiché, però, in Italia molta parte del
popolo sovrano è malata di “cattoipocrisia”, dopo aver citato Machiavelli ora
mi viene voglia di parafrasare un verso dantesco: “chi è causa del suo mal pianga se stesso”.
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