martedì 9 settembre 2014

Matteo dixit … “c’è grasso che cola nella PA”

È stato sufficiente che Matteo Renzi affermasse che “… nella Pubblica Amministrazione c’è grasso che cola” perché i sindacati, Camusso in testa, si inalberassero senza neppure fare un minimo tentativo per capire cosa mai avesse potuto suggerirgli quelle parole.
Escludo che Renzi abbia letto questo blog, però fatto sta che solo pochi giorni fa segnalavo il degrado generale e la scarsa produttività che ho avuto modo di osservare in una struttura della PA.
Dal momento, comunque, che non sono un sindacalista ma un cittadino comune che cerca di mantenersi informato, leggendo i giornali e seguendo radio e TV, ho ritenuto logico pormi una semplice domanda: quali fatti e circostanze possono aver ispirata, al Capo del Governo, una affermazione così cruda e pungente ?
Può darsi, ad esempio, che nel tasso di assenteismo “per malattia”, nella PA molto più elevato che nel settore privato, Renzi abbia individuati abusi da avversare con fermezza per recuperare presenze sul posto di lavoro e, quindi, produttività.
Può anche darsi che a Renzi non siano sfuggite le cronache che, frequentemente, riferiscono casi di dipendenti di enti pubblici, nazionali e locali, che abbandonano il loro posto di lavoro, senza permesso, per accompagnare i figli in piscina o per fare shopping.
Naturalmente le cronache riportano solo i casi documentati di coloro che, colti in fragrante, sono denunziati e perseguiti.
Quanti saranno, perciò, i dipendenti pubblici che, o per carenza di controlli, o per la noncuranza di capi e colleghi, o perché in ufficio non hanno nulla da fare, si comportano disonestamente scippando il loro stipendio allo Stato ?
Se i dipendenti pubblici si assentano più del lecito o possono abbandonare il loro posto di lavoro senza compromettere la funzionalità degli uffici, vuol dire che gli organici degli enti pubblici sono traboccanti e, quindi … “c’è grasso che cola”.
Cosa fanno i sindacati di fronte a situazioni di così evidente disonestà ?
Possibile che, nella loro ottusità, i sindacalisti non riescano a comprendere che abusare delle assenze per malattia così come abbandonare il posto di lavoro per fare i propri comodi, provochino non solo disservizi ai cittadini ma anche un danno economico al Paese che inevitabilmente ricade su tutti noi ?
Per carità, non voglio sostenere che abusi, soprattutto di assenze per malattia il lunedì mattina, causate dallo stress del week end, non si verifichino anche nel comparto privato, però difficilmente i colpevoli la fanno franca.
Ricordo, ad esempio, che avevo come colleghi, in una importante impresa privata di Torino, una coppia, marito e moglie, che lavoravano nel mio stesso ufficio.
Poiché il regolamento aziendale, un po’ bigotto, prescriveva alle donne l’uso del camice aziendale, la signora doveva recarsi nello spogliatoio prima di accedere al posto di lavoro.
Siccome tutti noi eravamo soliti arrivare in ufficio trafelati ed all’ultimo momento, il mio collega, per evitare che fossero rilevati eventuali ritardi alla moglie, provvedeva lui a strisciare entrambi i badge nell’orologio posto nel corridoio del nostro piano.
Questo accorgimento continuava oramai da mesi, apparentemente senza problemi.
Sennonché il commesso del piano, addetto alla vigilanza, accortosi dell’espediente, lo segnalò alla direzione del personale che provvide a licenziare la signora ed a disporre per il marito la sospensione di un mese dal lavoro.
Evidentemente non era ancora in vigore lo Statuto dei Lavoratori, altrimenti figuriamoci che polverone sarebbe venuto fuori !
Oggi, se ripenso a quel episodio, alla luce di quanto le cronache ci riportano sui comportamenti di molti dipendenti pubblici, mi viene da sorridere.
Mi incazzo, invece, se penso che il cattivo esempio, ai dipendenti pubblici, viene dato proprio dai cosiddetti “parlamentari pianisti” che, utilizzando il sistema elettronico, provvedono a votare per conto dei colleghi assenti sia alla Camera che al Senato.
Insomma, come recita un vecchio detto è proprio vero che il pesce puzza sempre dalla testa.

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