Camusso... spogliarsi dalle ragnatele ideologiche !
Se i sindacalisti, almeno quelli che sono al vertice dei Sindacati, avessero il buon senso di accomodarsi, perlomeno per qualche settimana, ad una scrivania manageriale, quasi certamente si mostrerebbero meno ostinati nella difesa ad oltranza dell'art. 18, almeno nella sua attuale configurazione e stesura.
Credo che sia condivisibile da tutti, senza eccezioni e senza pregiudiziali, il principio che il lavoratore debba essere tutelato da ogni forma di discriminazione, sopraffazione e vessazione in tutte le situazioni lavorative, qualunque siano le loro dimensioni.
Il vero problema è che, troppo spesso, all'impresa riesce difficile, quando non impossibile, far comprendere prima al Sindacato, e poi alla Magistratura del lavoro, che alcuni comportamenti, inadempienze e condotte producono alterazioni non solo alla regolarità operativa del sistema impresa, ma di frequente anche allo stesso clima collaborativo e partecipativo.
D'altra parte, a poco o nulla possono servire i periodi di prova, previsti da tutti i contratti di lavoro, per poter valutare a trecentosessanta gradi la compatibilità del neo-assunto sia con i compiti e le responsabilità che gli saranno assegnati, sia con il contesto sociale.
Eppure, concluso il periodo di prova scatta automaticamente lo scudo dell'art. 18, anche quando il periodo di prova sia di soli 15 o 30 giorni.
Perché, quindi, non valutare la possibilità di ristrutturare e riformulare l'elaborato dell'art. 18 prevedendo, ad esempio, una progressività di contenuti e forme di tutela in funzione dell'anzianità aziendale del lavoratore ?
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