I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali
francesi rivelano lo stato d’animo di un popolo che, pur diverso da quello
italiano per molti aspetti sia culturali che sociali, sta vivendo anch’esso una
crisi economica destabilizzante sia a livello individuale che politico.
Per l'individuo la destabilizzazione ha significato
perdere la certezza del presente e la speranza nel futuro, per i partiti
politici ha voluto dire affrontare l’emorragia del feeling con l’elettorato
tradizionale.
Il mai sopito sciovinismo francese ha ripreso vigore dando
vita a sentimenti di antieuropeismo.
Il disagio economico, e l’indigenza che ha prodotta, hanno
alimentati gli opposti estremismi.
L’insofferenza per le politiche di rigore ha penalizzato
Sarkozy (peraltro già non simpatico a
larga parte dell’opinione pubblica francese).
La contrapposizione alle politiche imposte all’Europa da Angela
Merkel ha premiato Hollande (al quale,
però, l’opinione pubblica non riconosce doti innate di leader).
I risultati di questo primo turno configurano, per la
Francia, una nuova geografia politica dalla quale, di fatto, scompaiono le concezioni
centriste per lasciare spazio al contrasto tra due schieramenti più viscerali
che ideologici.
Infatti, Nicolas Sarkozy non ha nulla da spartire con Marine
Le Pen, e François Hollande è distante dalle posizioni di Jean-Luc Mélénchon.
Cosa possono suggerire i risultati francesi in vista delle
elezioni amministrative che si svolgeranno in Italia il 6 maggio ?
Forse molto poco dal momento che le presidenziali francesi
avevano una valenza nazionale, mentre le amministrative del 6 maggio dovrebbero
rispondere maggiormente a problemi ed a
soluzioni locali.
Comunque, è molto probabile che l’insofferenza e la rabbia
degli elettori italiani, fomentate anche dal crescente sentimento
antipartitico, si manifesteranno con il “non
voto” piuttosto che con il consenso alle esasperate sollecitazioni populistiche
dei tribuni di rottura.
Così come, probabilmente, nonostante le strumentali prese
di distanza degli ultimi giorni, i partiti che hanno sostenuti i provvedimenti
rigoristi del Governo Monti, dovranno lasciare qualcosa sul campo.
Molto dipenderà dall’affluenza alle urne, perché se si avvererà quello
che ancora oggi indicano i sondaggisti, con un “non voto” tra il 40% ed il 50% i risultati delle amministrative avrebbero
scarsa significatività a livello politico.
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