Per chi, purtroppo, ha vissuti da vicino gli anni di
piombo quanto accade in Italia da molti mesi mette angoscia e preoccupazione.
Le innegabili tensioni sociali che, da tempo, sono presenti
in ampie fasce della nostra società, rischiano di farci rivivere giornate di angoscia
e paura che ci auguravamo di non dover più provare.
La gambizzazione del manager Ansaldo, Roberto Adinolfi,
rivendicata dalla cellula Olga del fronte anarchico internazionale e la
minaccia sprezzante di sette nuove azioni di fuoco, fanno ripiombare indietro il
Paese di oltre 30 anni.
È facile immaginare quante persone, da oggi, usciranno dalle
loro casa per andare al lavoro con circospezione, angustiati dal controllare se
ad aspettarli in strada ci siano individui sospetti.
Da oggi loro ed i loro cari condurranno una vita di insicurezze
e di paure, temendo un rischio imprevedibile per tempo e modalità.
Eppure tutti noi avremmo dovuto renderci conto che da tempo la situazione
era intossicata dalla violenza.
Basterà ricordare la città di Roma messa a ferro e fuoco
da gruppi di “black bloc” nell’ottobre
2011, durante una manifestazione degli “indignados”,
o le violenze perpetrate da bande di infiltrati durante le manifestazioni “No Tav”.
Così come già accadde negli anni ’70, anche oggi, per fini
abietti, c’è chi ha deciso di cavalcare con cinismo la violenza sia dando risalto
alle azioni, sia spesso anche scusandole.
Negli anni ’70 fu la sinistra italiana a commettere il
gravissimo errore di non condannare fin dalle prime avvisaglie, in modo netto e
definitivo, il brigatismo, anzi molti esponenti di allora definivano i
brigatisti “compagni che sbagliano”.
Oggi il quadro di coloro che cavalcano le attestazioni di
violenza, soffiando sul fuoco, è più composito.
Si va da soggetti politici o sedicenti tali, come Vendola,
Di Pietro e Grillo, che con la loro presenza sul terreno manifestavano
solidarietà ai “No Tav” senza
però prendere le distanze dai violenti, ai titoli che appaiono sulle prime pagine di
quotidiani, come “Libero” ed “Il Giornale” , che danno risalto e legittimano
le violenze di piazza contro le sedi di Equitalia.
E' chiaro, infatti, che non è necessario impugnare una pistola per essere terroristi, si fa del terrorismo anche con l'ipocrisia dei comportamenti e delle parole, pronunciate o scritte.
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