domenica 20 maggio 2012

L’astensionismo, menefreghismo o testimonianza ?


Tra oggi e domani, nei comuni che non hanno eletto il sindaco al primo turno, si voterà per i ballottaggi.
Come storicamente dimostrato, al secondo turno l’astensionismo di solito aumenta.
Per questo, è opportuno riflettere sul fenomeno dell’astensionismo registrato al primo turno perché, allora, il totale degli elettori chiamati alle urne sfiorava un considerevole numero, quasi 9.500.000, distribuito pressoché uniformemente sul territorio nazionale.
Il 33,1% degli aventi diritto non si è presentato alle urne, con un incremento del 6,9%, negli stessi comuni, rispetto alle precedenti consultazioni amministrative.
Se all’astensionismo sommiamo il 2,5% di schede bianche o nulle, si può affermare che circa 3.400.000 degli aventi diritto si sono rifiutati di partecipare al voto, vale a dire 3,5 elettori su 10 !
L’astensionismo, a questo punto, non può essere solo un tema per dare voce ai sondaggisti  o per noiose conversazioni salottiere, ma è un segnale forte e chiaro fatto pervenire alla classe politica.
Può essere utile ricordare il celebre invito “turiamoci il naso ma votiamo…” rivolto agli elettori da Gaetano Salvemini, nel 1948, e ripreso poi da Indro Montanelli, nel 1976, per renderci conto che la voglia di rimanere lontani dalle urne non sia un sintomo esclusivo dei nostri giorni.
Tutt’al più, ciò che va messo in evidenza è che, nei giorni 6 e 7 maggio scorsi, è mutata la distribuzione del livello di astensionismo sul territorio, e questo richiede una specifica chiave di lettura.
Storicamente, per motivi facilmente intuibili, erano le regioni del sud e del centro sud a far registrare gli indici più elevati di astensione.
Questa volta, invece, è stato diverso; l’astensionismo si è confermato di più nei comuni del nord e del centro nord.
In Liguria si sono astenuti 43 elettori su 100, in Toscana e Friuli Venezia Giulia 39 su 100, in Lombardia 37 su 100 !
Sono le aree nelle quali si avverte maggiormente il disagio sociale, provocato da precariato, cassintegrazione, disoccupazione, indigenza.
Se, in queste aree, domandassimo ad un astensionista perché non si sia recato alle urne, la risposta ricorrente sarebbe: “sono disgustato da tutti i partiti, dal loro disinteresse per i più deboli, dalla loro immoralità, dall’uso che fanno dei nostri soldi, insomma non meritano il mio voto”.
Se all’astensionismo sommiamo poi i voti indubbiamente di protesta, confluiti sulle liste del movimento 5 stelle, potremmo affermare che 1 italiano su 2 testimonia di non riconoscersi nell’attuale sistema partitico e, non condividendolo, rinuncia ad esercitare il diritto a partecipare.
Dobbiamo, quindi, prendercela con gli astensionisti ed attribuire loro tutti i torti ?
Oppure dobbiamo riconoscere che con la astensione richiamano l’attenzione di tutti noi sul fatto che abbiamo a che fare con una classe politica, vecchia ed obsoleta, che da decenni presenta le stesse facce tracotanti, che si rintana sempre più in una Casta esosa ed inefficace, che accoglie tra le sue fila corrotti e corruttori, indagati e condannati, piduisti e mafiosi ?
L’astensionismo sollecita un cambiamento; ma sarà possibile ?
Il buon senso indurrebbe ad escluderlo, perché le leve del potere, in tutti i partiti, sono nelle mani dei soliti politici mummificati che, per la paura di essere sfrattati, arrivano perfino a disconoscere agli elettori il diritto di eleggere i loro rappresentanti con il voto di preferenza.
Quindi ?  
Non una certezza ma una speranza. I francesi festeggiano il 14 luglio, presa della Bastiglia, noi festeggiamo il 25 aprile, liberazione dal nazifascismo, auguriamoci che ci possa essere una data in cui le future generazioni festeggino la rottamazione di questa classe politica mummificata. 

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