Hanno condizionata la vita politica
italiana per dieci anni, scambiandosi favori a vicenda al canto di “io te do’ una legge ad personam a te e tu dai
una poltrona in più a me”, incuranti di portare il Paese sull’orlo del
precipizio.
Eppure si erano tanto odiati negli
anni ’90, scambiandosi accuse ed insulti a gogò, prima di ritrovarsi insieme
appassionatamente per mettere in atto la pratica del “fottere gli italiani per fare gli affaracci loro”.
Poi, come spesso accade, i casi
della vita li dividono proprio mentre si avviano entrambi verso il viale
del tramonto.
Berlusconi, che Giuliano Ferrara ha
definito “un
pupone di settantacinque anni”, di punto in bianco silura il suo delfino, quell’Angelino “tutto servizio” al quale aveva garantita
la candidatura a premier, e decide di ridiscendere nell’agone politico per la
sesta volta.
Questa volta, almeno, non dice
di farlo per salvare l’Italia dai comunisti mangiabambini, ma perché non vuole
che finiscano nell’immondezzaio i 18 anni del suo impegno politico (come se già non ci fossero finiti !).
È la prima volta che non ci racconta
la favola di sacrificarsi per salvare l’Italia, o di essere costretto “dall’accanimento contro di lui delle toghe
rosse”.
Non dice neppure, però, che il vero
motivo per cui si ricandida è la tutela delle sue aziende che incominciano ad
avere qualche problema.
Poiché Berlusconi non
accetterebbe mai una smacco elettorale, sono convinto che, se ad un certo punto
della campagna elettorale i suoi sondaggisti caserecci dovessero informarlo che
Palazzo Chigi fosse fuori la sua portata, assisteremmo ad un inatteso coup de theatre con l’annuncio di un
subentrante candidato premier.
Chi vivrà vedrà !
Bossi, invece, sommerso dallo
scandalo del vergognoso uso privato dei rimborsi elettorali, cerca con tutte le
forze di sottrarsi, senza molte speranze, alla defenestrazione da via Bellerio.
Infatti, anche se il “cerchio magico” si è squagliato come
neve al sole, anche se i maggiorenti con camiciola verde gli hanno voltate le
spalle, anche se il suo nome è stato eliminato dal simbolo della Lega, Bossi vagheggia
di avere tuttora molta influenza in via Bellerio.
Penoso il suo illudersi di poter
ancora chiamare a raccolta il popolo verde per incantarlo con le sue fregnacce.
In realtà i suoi ultimi abortiti comizi sono stati deprimenti non solo per quello che ha detto, ma soprattutto
per l’assenza del popolo plaudente.
Il Grande Padano non si capacita di
essere un detronizzato.
Per quanto zuccone e poco
perspicace, Bossi però ha ricevuta una mortificazione così crudele, domenica
sera, che credo lo abbia risvegliato bruscamente dai suoi sogni.
A Trescore Cremasco, in occasione di uno dei tanti raduni leghisti, dopo il suo comizio era prevista la cena
a base di salamelle con contorno di zanzare.
Nel locale, imbandierato a festa con
il simbolo celtico, gli organizzatori avevano riservato il tavolo centrale a
Bossi ed ai pezzi grossi locali, ma … a quella tavola imbandita Bossi ha cenato
in totale solitudine.
La foto che accompagna questo post dice
molto più di mille parole !
Gli stessi personaggi locali, che
esattamente un anno prima, il 9 luglio 2011, si strattonavano pur di guadagnarsi
un posto a quella tavola e stare appiccicati a Bossi, domenica
sera erano tutti trattenuti a casa da inderogabili impegni familiari.
Avrebbe dovuto eleggere anche l’ennesima “miss Padania”, ma circondato dall’oblio, Bossi con la sua inseparabile
scorta, ha capito che era giunto il momento di abbandonare il campo.
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